1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
È esprimere i propri sentimenti, dire agli altri quello che si è, senza pretendere che tutti ci seguano o ci capiscano, ma dire una cosa da una prospettiva diversa, magari diversa da come molti la conoscono solo per sentita dire o da qualche servizio televisivo. Per cambiare qualcosa bisogna apprenderlo e avere il desiderio e la compassione di intervenire per migliorare problemi che spesso pensiamo non ci riguardino.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
È presente un certo grado di sofferenza dovuta a una condizione lavorativa continua e stressante protrattasi per lunghi anni, soffocando spesso affetti, amicizie e una vita sociale inesistente vissuta in maniera fugace e non soddisfacente.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
È dare voce a chi non c'è l'ha, dire esistiamo anche noi, persone relegate, costrette a vivere e lavorare nell'ombra, dimenticate ai tanti, che presi da una vita frenetica e convulsa non hanno tempo per nessuno all'infuori di sé.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Molto semplice, mi è stato chiaro fin dall'inizio, sapevo di ciò che volevo parlare, di un lavoro opprimente, di un piacere estasiante, e di una solidarietà non comune.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Altri libri che trattano argomenti storici di soprusi, ma anche naturalistici e di bellezze artistiche, ma che portano anche speranza e conforto in persone buone e generose come Ama Adhe in (La voce che ricorda) o come Denis Avey (Auschwitz ero il numero 220543) o Misha Defonseca (Sopravvire coi lupi).
6. Ebook o cartaceo?
Io forse per un fatto generazionale sono legato al cartaceo, mi piace averli a portata di mano e quando ho voglia, sfogliarli e rileggermi qualche brano di quelli che mi erano piaciuti particolarmente.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho già detto, a riguardo del mio precedente libro, che non so se sarà una carriera da scrittore e che quindi non mi pongo questo dilemma, prendo quello che viene senza pormi degli obiettivi ambiziosi e senza nessuna fondatezza.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Volevo raccontare la storia di un immigrato, uno dei tanti che partono per cercare un futuro migliore e ho preso spunto da un’intervista ad un ragazzo arrivato dal Gambia, che ho letto su un giornale locale, scappato dal padre per non farsi circoncidere in condizioni igieniche precarie, là dove il fratello maggiore per tale cosa perse la vita, e fortunatamente arrivato a Rimini a giocare nella locale squadra. Ho anche preso spunto da un missionario della mia diocesi, trovatosi in Mozabico a gestire una situazione non facile, con dei racconti terrificanti.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È una bella emozione se si riesce a esprimere quello che si voleva dire, e anche se i miei sono racconti brevi e sintetici, sono soddisfatto di quello che ho rappresentato.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
In realtà al momento il libro deve ancora uscire e quindi non l'ha letto nessuno, ne ho solo fatto un cenno ad un mio amico, il quale ha sempre apprezzato la mia scrittura.
(ma non è credibile)
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso sia una buona svolta per tutti coloro che non hanno tempo di fermarsi, o alla guida o non vedenti, ma che comunque vogliono apprezzare il lavoro di autori letterari, per ricavarne l'essenza, il meglio di cui ognuno dispone.