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15 Apr
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Intervista all'autore - Giorgio Interlenghi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi trovo sulla soglia dei miei 70 anni: un'età - credo - più che veneranda. Ho una laurea in Lettere ad indirizzo storico-letterario-filosofico (la mia biblioteca annovera circa 1300 libri) ed ho insegnato nelle scuole medie inferiori e superiori fino a metà degli anni '80.
Dopodiché ho intrapreso la carriera nel marketing farmaceutico fino alla funzione di dirigente, quando, per cause indipendenti dalla mia volontà, tale rapporto è bruscamente cessato lasciandomi a casa all'età di 58 anni. Sono subentrati anni molto difficili, che hanno determinato l'attivazione di molti prestiti per poter far fronte ad una famiglia di 4 persone con un mutuo sulle spalle, due figli piccoli e il piccolo stipendio di mia moglie, infermiera nell'ospedale della mia città. Ho compiuto molti gravi errori durante tutta la mia vita sia di natura lavorativa che personale e di coppia, che hanno minato alla base la stima che bene o male e malgrado tutto è sempre stata presente in me. Ho scritto questo libro mettendomi interamente a nudo per poter raggiungere un fine catartico e, magari, essere di ispirazione verso quel pubblico che può riconoscersi nei fatti narrati.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Di norma al mattino, ma in pratica procedo nella scrittura in ogni ambito della giornata, compresa la notte.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Seguo con attenzione Dacia Maraini e Erri De Luca... Non smetto di rileggere i grandi classici.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Il fine è stato soprattutto trovare una catarsi che mi facesse finalmente accettare i miei limiti e poter accedere alla vecchiaia con maggiore serenità. Soprattutto dare sostegno ai miei figli (20 e 15), anche se non di certo l'esempio.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
La mia formazione letteraria si è sviluppata già dall'adolescenza leggendo e rileggendo i grandi classici, in questo di certo non aiutato da una scuola fortemente autoritaria e da insegnanti per lo più molto lontani da quella empatia che reputo assolutamente necessaria per potersi dire tali. Il contesto sociale di provenienza ha influito molto poco, dato che non ho potuto contare sugli stimoli provenienti dal contesto familiare e da quello delle mie amicizie.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Racconto la mia vita dalla nascita all'età attuale. Quindi sì, decisamente la realtà. In seguito, chissà, se ci saranno altre opere magari metterò in campo un'opera di fantasia..
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In pratica tutto.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno in particolare: ho sentito la necessità di scavare a fondo dentro di me per mettere a nudo il mio essere ed il mio divenire senza alcuna esitazione allo scopo di raggiungere un fine catartico.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Mia figlia.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
No, non credo affatto. Il libro cartaceo possiede un'anima che quello elettronico non potrà mai avere.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È di certo una buona cosa, ma, anche in questo caso, si tratta solo di un'opportunità in più per stimolare alla lettura, che, come è noto, resta molto carente nel nostro paese.
 
 
 
 
 

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