1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Ho 29 anni, a maggio raggiungo la soglia dei 30.
Vivo a Ragusa da circa un anno e mezzo. Lavoro in una comunità alloggio per minori. L'Oasi don Bosco è una realtà che mi ha aperto gli occhi sulla vita degli adolescenti dei nostri tempi. Ragazzi che fuggono dalla realtà rifugiandosi nell'alcol, nella droga. Mostrando anche violenza o addirittura isolandosi da tutto e tutti. Il loro mondo gira intorno ai telefonini, il resto diventa inutile e stressante ai loro occhi.
Non ho mai deciso di diventare una scrittrice, semplicemente amo vivere altre vite insieme ai protagonisti. Ho sempre amato scrivere e rifugiare i miei sentimenti, le mie esperienze, le mie paure attraverso la scrittura. Scrivere era diventato facile, la fantasia non mancava, né tantomeno le esperienze. Mi sono lasciata trasportare dal flusso degli avvenimenti e la scrittura mi aiutava a non farmi travolgere da essi.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non esiste un momento particolare in cui mi dedicavo alla scrittura. Spesso le idee venivano da sole senza pensare troppo a ciò che svolgevo, anche durante le lezioni di psicologia in classe o addirittura mentre pulivo casa. Scrivevo e basta, qualsiasi cosa e poi rielaboravo le idee anche a distanza di giorni.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Paullina Simons è una scrittrice russa.
Il libro di maggior successo che ha scritto è stato Il cavaliere d'inverno ambientato nell'Unione Sovietica durante l'Assedio di Leningrado.
Mi sono innamorata della trilogia, ho riso, ho pianto, mi sono addirittura arrabbiata leggendo, ma da lì ho comprato tutti i suoi libri.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata grazie ad una mia amica d'infanzia: Chiara Lauretta, insieme abbiamo intrapreso questa avventura. Ma il tempo sembrava essere diventato nostro nemico. Dopo la stesura dei primissimi capitoli era diventato impossibile poterci vedere, fra il lavoro, gli impegni e la stanchezza. Ma le idee continuavano a intrecciarsi nella mia mente. Sono passati anni prima che ho deciso di riprendere in mano la bozza del libro esprimendo il mio desiderio di continuare la stesura dei capitoli. Eravamo ormai ferme da 4 anni prima della mia vera decisione di continuare.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Direi che è stato proprio il mio contesto sociale in cui vivo a portarmi al finale del mio libro. Il costante contatto con questi ragazzi mi ha creato un'esigenza personale diversa dal semplice educare loro, era come se sentivo il bisogno di dover estendere i miei pensieri, i miei vissuti, le mie esperienze a più ragazzi possibili. Aiutandoli a non fare i miei stessi errori nel loro percorso di vita.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Direi che è un modo di raccontare la realtà che ho vissuto e che viviamo quotidianamente.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Nel testo è presente parte della mia vita, una relazione vissuta fra il dolore e la frustrazione. Un amore vissuto nella totale dipendenza, succube del suo mondo, del suo essere, annullando me stessa per compiacere lui, essendo costantemente costretta a decidere fra lui e la mia vita, i miei amici, la mia famiglia. La perdita della memoria era uno mio più grande desiderio per poter uscire da questo oblio, dopo aver intrapreso io stessa un percorso di "auto-terapia", come cito nel libro. Ho preso la decisione di affidarmi a dei professionisti per cercare di ritrovare la luce in quell'orrendo tunnel, deserto e buio.
Il primo Lockdown nel 2020 mi ha dato la spinta per riprendere in mano la mia vita, essendo di fronte ad una situazione di estrema ansia, paura. Paura costante della morte, di perdere me stessa senza aver mai pensato a quello che realmente amavo della vita. Scrivere. Era come se vivevo un mondo parallelo al mio reale desiderio.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sì, sono state due le persone che si sono rivelati fondamentali per la stesura dell'opera.
Il primo in assoluto è stato mio fratello Pasquale, ha otto anni più di me, ed è stato lui a spingermi a riprendere il manoscritto e completarlo.
La seconda persona è molto più complessa parlarne di quanto si immagini, ha semplicemente creduto in me, ed è riuscita a farmi aprire gli occhi su chi ero , sulle mie qualità e su ciò che realmente amavo fare nella vita.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Mio fratello ovviamente, è stato lui il primo a leggerlo. Dopo una bellissima chiacchierata e uno scambio meraviglioso di ciò che facevamo nell'ultimo periodo, fino alla confidenza del mio manoscritto. Scoprendo che anche lui amava scrivere.
Dopo circa qualche mese esce il suo primo libro: " L'alba del risveglio, di Pasquale Vittoria ".
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sì, secondo me sì, è più pratico rispetto al libro, basta un click ed hai tutto ciò che desideri. Anche se io continuerò ad amare il cartaceo.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Personalmente preferisco avere fra le mani il libro, sfogliarlo e sentire l'odore meraviglioso delle pagine scritte.
È comodo riuscire ad avere un audiolibro, ma non riesco a mettere in paragone l'essere io e il libro e non avere una voce che descrive i sentimenti che vorrei leggere io personalmente.