1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere è un'emozione a sé. È l'emozione più variegata e volubile che io abbia mai provato. Tutti gli altri stati d'animo confluiscono lì, tra le righe del mio romanzo, mi trascinano dentro facendomi sentire un tutt'uno con esso.
Amore, odio, allegria, tristezza, frustrazione, ma soprattutto le emozioni che nella vita di tutti i giorni ci teniamo dentro, quelle che non vogliamo mostrare agli altri per non sentirci vulnerabili, quelle che ci fanno paura e che vogliamo negare perfino a noi stessi, in un romanzo possono essere trasposte, vengono alla luce senza bisogno di una maschera, così come sono. Spesso le emozioni fuoriescono sotto forma di musica, ed è così che spesso le rappresento in Dies Irae. Trovo che il connubio Letteratura-Musica sia il più potente di tutti.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Poco o niente. Ho inventato praticamente tutto, dalla location alle caratteristiche dei personaggi. La mia idea è sempre stata quella di creare il mio romanzo dal nulla. Sono partito con delle idee di base, una trama e alcuni (pochi) personaggi centrali e il resto è venuto da sé. Il primo lettore a sussultare per i colpi di scena sono stato sicuramente io, perché sono scaturiti nel momento stesso in cui scrivevo, sono stati un parto della mia improvvisazione. E nonostante tutto credo di avere evitato le incongruenze. Alcuni passaggi ho volutamente fare sì che fosse il lettore a dare la sua singolare interpretazione.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Dare alla luce Dies Irae è stato un continuo mettere alla prova le mie capacità, la mia fame di creare qualcosa che fosse solo mio. Bello o brutto che sarebbe stato il risultato finale, questo romanzo doveva essere il frutto delle mie emozioni più recondite, un costante tentativo di mettermi nei panni di ognuno dei miei personaggi, di creare con loro (tutti loro, buoni e cattivi) una forte empatia.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
È stato un colpo di fulmine. Ed è stata forse la scintilla che ha acceso il motore, che mi ha di fatto accendere il computer per iniziare ascrivere. È stato amore a prima vista. Dies Irae lo trovo un titolo sicuramente non originale ma d'impatto. Breve, conciso, addirittura lapidario. Mi è piaciuto così tanto che ho deciso senza indugio di cambiare il cognome del protagonista. Così è nato Leonardo Dies.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Difficile scegliere uno scrittore famoso con cui condividere un'esperienza su un'isola deserta. E se poi questo compagno di sventura risultasse antipatico e rompiscatole? Scherzi a parte ci sono autori con cui trascorrerei stravolentieri dei momenti importanti, da cui vorrei trarre consiglio e ispirazione. Voglio citare il compianto Giorgio Faletti, per me inarrivabile ma esempio intramontabile e allo stesso tempo colui che giudico il migliore di tutti gli scrittori di psychothriller attualmente all'opera: Donato Carrisi. Del primo porterei con me "Io Uccido", del secondo propenderei per "Io sono l'abisso", visto che non l'ho ancora finito di leggere... ;)
6. Ebook o cartaceo?
Entrambi. Adoro il mio e-reader e non me ne separo mai, ma allo stesso tempo ho la casa strapiena di volumi cartacei di una miriade di autori bravissimi.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Nei primi anni delle scuole superiori ho avuto un professore di lettere che mi ha dapprima sbattuto in faccia i miei "limiti letterari", per poi farmi capire che avevo delle buone capacità e che impegnandomi avrei raggiunto buoni risultati.
Ho così iniziato a scrivere racconti umoristici (con i professori nelle vesti di antieroi ridicoli) e per anni ho continuato su questo filone.
L'idea di cimentarmi nel mio genere preferito, il thriller, non mi ha mai abbandonata, mi ha perseguitata finché un giorno ho deciso di provarci.
Ed ecco a voi Dies Irae.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Una sera dopo cena, raccontando la mia voglia di scrivere un romanzo thriller ad un amico (fan di Chuck Palahniuk, altro autore che considero un mostro sacro), lui mi dice: "ottima idea, purché ci metti dentro tanta violenza!"
Non considero Dies Irae un libro violento, ma considero questa componente essenziale per la riuscita del mio romanzo. Senza violenza, senza la parte oscura presente in ognuno dei personaggi, probabilmente sarebbe un libro come tanti.
Dies Irae non è un libro come tanti. Può piacere come no, appassionare il lettore oppure annoiarlo a morte, ma di sicuro non è "la solita roba".
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Questo bisognerebbe chiederlo a uno scrittore... Quando ho preso in mano per la prima volta Dies Irae, stampato e tangibile e con il mio nome in copertina, ancora non ci credevo appieno. E a dire il vero neanche ora ci credo del tutto.
E' una sensazione strana sapere di avere messo tutto te stesso in quelle pagine, mi sono sentito orgoglioso come se avessi partorito un figlio (visto che il mio orgoglio n°1, Federico, per ovvi motivi non l'ho messo al mondo io).
È un senso di appagamento che dura finché non mi cadono gli occhi sulla mia foto nella quarta di copertina!
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
L'onore è toccato a mia sorella Tiziana, che oltre a darmi i primi giudizi, si è prestata nel ruolo di correttrice di bozze. Sono felice di questa scelta perché sono certo della sua obiettività (se faceva proprio schifo non avrebbe esitato a dirmelo) e perché abbiamo gusti molto diversi. Io non mi reputo una di quelle persone che adora i complimenti (specie se sdolcinati o di circostanza) e preferisco di gran lunga un giudizio obiettivo, anche se negativo. Da ciò si può e si deve sempre ripartire con la voglia di migliorarsi, di correggere i propri errori e di costruire un qualcosa di importante. Nella letteratura come nella vita.
E in questo caso il primo giudizio è stato più che positivo. Di buon auspicio.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Domanda di riserva?
Non sono la persona adatta a dare un parere visto che per adesso non ne ho mai fatto uso. Sono alquanto titubante, ma lo ero anche verso gli e-book...