1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono arrivato a Roma dalla Sicilia con la mia famiglia d’origine quando avevo dieci anni. Diciassettenne, dopo aver frequentato il Liceo Artistico, mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura, coltivando però anche la pittura. Mi sono appassionato già prima della laurea a certi studi di geometria che m’avrebbero poi impegnato per anni.
Successivamente mi sono anche occupato di grafica e illustrazione, partecipando nel frattempo ad alcune mostre nei settori della divulgazione matematica e dell’artigianato ceramico. Ho quindi esercitato la professione di architetto nel campo dell’arredamento. In seguito mi sono dedicato all’invenzione di giochi topologici e strategici in scatola. Solo recentemente, incoraggiato dai miei familiari, ho preso in considerazione l’attività di narratore anche al fine di superare, con approccio marcatamente autoironico, un periodo problematico della mia vita.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
L’attitudine alla scrittura mi si presenta in modo saltuario ed imprevedibile, senza alcuna regola apparente.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Italo Calvino. Ad una delle sue “Città Invisibili” ho anche ispirato “Eudossia”, uno dei miei più riusciti giochi di strategia.
4. Perché è nata la sua opera?
Dopo aver pubblicato con BookSprint il mio primo racconto breve, che consisteva in una serrata alternanza tra sezioni d’ordinaria narrazione ed associazioni tra didascalie ermetiche e fotografici “selfie”, ho voluto accentuare il carattere “ibrido” di quest’impianto realizzando, con questo successivo racconto, un testo in cui, avvicendati e contrapposti, apparissero frammenti ancor più decisamente diversificati. Mantenuta la caratterizzazione onirica già adottata nello scorso libro, in quest’altro ho optato per la formula del “libro nel libro” stilando la cronaca della revisione finale d’un testo tecnico prima che un editore ne effettui la pubblicazione. Ma in questo caso ho associato l’alternarsi di stralci di manuale e di partizioni narrative anche alla ricorrenza intermittente d’intime riflessioni sul proprio vissuto da parte del protagonista del racconto. Rendere compatibili e convergenti i contenuti di questi tre ambiti all’inizio m’era apparso arduo; ma l’aver scelto per la parte manualistica l’argomento delle trasformazioni geometriche, un mio “amore giovanile”, ha fatto sì che i temi del cambiamento e della ricerca d’un nuovo assetto esistenziale, direttrici principali del racconto stesso, attribuissero a tutte quelle componenti una sostanziale complicità.
Ho dunque voluto compiere un esperimento volto ad enfatizzare l’ibridazione reciproca tra due generi editoriali fra loro considerati estranei.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il mio nonno materno gestiva una libreria e mio padre insegnava matematica e fisica. Io da ragazzo sfogliavo di nascosto dei volumi che i miei genitori conservavano gelosamente sotto chiave. In realtà si trattava perlopiù di testi riguardanti le Belle Arti. La mia formazione culturale s’è infatti sempre orientata di preferenza verso le Arti Visive. Un analogo sviluppo ha avuto anche la mia cultura musicale.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Anche se, come il precedente, questo mio racconto ha una natura autobiografica, soltanto in parte esso l’ha solo in senso metaforico: in molti punti, invece, è ispirato a ricordi, sogni e riflessioni reali. Inoltre alcuni passaggi sono il frutto estemporaneo d’un salutare sfogo immaginativo. La natura ibrida del libro risiede pure in questo.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Il senso d’incertezza che affligge il protagonista, conscio tanto di non saper dirigere gli effetti delle proprie azioni verso gli obiettivi voluti quanto di non esser capace di valorizzare le proprie varie inclinazioni che in misura esigua e dissociata, è una condizione che anch’io in passato ho sperimentato a più riprese.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
A parte le ripetute sollecitazioni alla scrittura da parte dei miei familiari, l’elaborazione del testo e delle immagini che lo integrano è avvenuta in modo del tutto autonomo.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Alle tutte le persone a cui ho dedicato il racconto e che ho utilizzato come comparse o come personaggi nella mia narrazione.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso che le esigenze e gli orientamenti differenziati del pubblico andrebbero assecondati con l’offerta variegata dei canali disponibili, perlomeno fino a quando non dovesse nettamente emergere una preferenza di fruizione.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ritengo che, seppure in espansione, sia un fenomeno destinato a rimanere di nicchia, legato a quelle persone che per le loro limitazioni fisiche o per l’esiguità del loro tempo libero possono affidare la propria fruizione solo o prevalentemente a un canale acustico.