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12 Gen
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Intervista all'autore - Gonzalo Alvarez Garcia

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato in Spagna, a Leon, nella vecchia Castilla. Dopo secoli di sonnolento isolamento durante i quali nessuno tra noi sapeva se la Spagna era una propaggine dell'Africa o una porzione smarrita dell’Europa, gli spagnoli cominciarono a svegliarsi, a sapere che esistevano ancora. Anni crepitanti, meravigliosi, terribili. Si apriva un nuovo Secolo d'Oro nell'Arte, nella Poesia, nella filosofia. Si apriva un secolo di terrore in politica: la guerra civile, un milione e mezzo di morti da dividere tra 24 milioni di abitanti. L'esplosione del patriottismo religioso... Adolescenza e gioventù trascorse nel tepore della Dittatura...
 
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Favole, fiabe, miti leggende... L'Odissea, Poesia, poesia.
A dieci anni avevo letto tutti i libri di fantasia infantile a mia disposizione, ed erano molti. Persino Le Mille e Una notti e "Il Romancero Espanol".
 
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
La forma del libro non è importante. È importante ciò che il libro racconta.
Buona parte della storia e della cultura umana ci è stata tramandata in tavolette di terra cotta. Gli antenati scrissero sulla pietra, sul bronzo, sulla pergamena, prima di arrivare alla carta. Passerà anche il libro cartaceo, passerà l'eBook...
Ma il buon lettore, cioè, una parte minima dell'Umanità, seguiterà a chiedere all'Editore e allo Scrittore: Dateci libri " i n d i s p e n s a b i l i ". Libri, cioè, che se non fossero pubblicati in qualche modo, ci mancherebbero per sempre.
Il superamento delle tavolette non è stata una perdita. Non lo sarà il superamento della carta.
 
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Le due cose. Più amore ponderato che colpo di fulmine. La necessità. Ti trovi costretto a scrivere, come altri cantano. C' è chi costruisce con le sue mani un flauto rudimentale per il piacere di suonarlo. Non per calcolo. Per necessità vitale. Non saprei vivere senza scrivere. Non si tratta di presunzione di dire qualcosa di importante per qualcuno, ma di dire qualcosa che mi sgorga dentro... Se l'acqua è potabile o meno lo diranno i lettori...
 
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Il bisogno di spartire con qualcuno la mia "agonia". Senza drammatizzare. Agonia nel senso etimologico della parola, che non significa il momento che precede la morte, ma l'ardore del "combattimento", della lotta per la vita, mia e degli altri.
 
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Che con gli Dei non si gioca. Che le Religioni sono una parte essenziale della civiltà umana. O le prendiamo sul serio, o ci condanniamo a vivere sul chi va là, nella paura di vedere la Religione del quartiere accanto trasformata in una Centrale Terroristica. Ai francesi del Charly Hebdo consiglierei di non prendere in giro il Profeta, perché non possono farlo senza offendere la fede dei credenti musulmani.
 
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Ho scritto sin da bambino, nei giornaletti della Scuola Media, nel Liceo, all'Università...
 
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
La cocciuta tenacia con la quale il sogno tibetano mi inseguiva. L'incontro con
l'umanissimo tibetologo Tucci.
 
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Mai. Ma non ha avuto fretta di finirlo.
 
10. Il suo autore del passato preferito?
Il primo, in assoluto è José Ortega y Gasset. il filosofo che più ha contribuito a cambiare l'anima della Spagna; che ha influito decisamente nella cultura Occidentale del secolo XX. Che ha creato una Filosofia facendo finta di giocare, scrivendo articoli su riviste e quotidiani.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ci "colonizzerà" e sarà superato anch'esso.
 
 
 
 
 

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Venerdì, 15 Gennaio 2021 | di @BookSprint Edizioni

1 COMMENTO

  • Link al commento gonzalo alvarez garcia inviato da gonzalo alvarez garcia

    La "leggenda dell'Ultimo Dalai Lama " non è la storia di nessuno.
    E' una "leggenda", un simbolo.
    Il punto esclamativo o grido di stupore che un viandante lancia mentre, fiducioso, percorre il sentiero che gli è stato prescritto.
    Ad un certo punto si accorge che il sentiero si biforca.
    Non due Mete, ma una sola Meta, verso Nord e verso Sud.
    Poi si biforca ancora a Ovest, a Sud. Sempre la stessa Meta?
    Esistono molte Mete? Non esiste nessuna meta?
    In mezzo del amino della vita il Viandante si accorge
    di non sapere perché vive.
    Di non essere certo se vive o sogna o è sognato da qualche altro sognatore.
    Ecco perché è stata scritta questa leggenda.
    E' la mia leggenda. E' la leggenda di molti.
    Ogni scrittore viene al mondo per raccontare la propria storia convinto di scrivere la Storia Universale.

    Sabato, 16 Gennaio 2021 09:56

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