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05 Dic
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Intervista all'autore - Nao Omi

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Quando scrivo sono un’altra persona. Divento felice, indipendentemente da quello che sta succedendo nella mia vita di tutti i giorni. Da qui lo pseudonimo. “Naomi” deriva dall’ebraico e viene ricondotto al sostantivo “no’am”, che significa “gioia”, “delizia”. È così che mi sento. La scelta di Nao Omi, staccato, serve a sottolineare ulteriormente la scissione tra le due Me: la persona che sono quando non scrivo e la persona che sono quando scrivo.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Alcuni dei personaggi sono ispirati a persone reali, la stessa protagonista ha spesso la mia voce. Tuttavia ho cercato di rimanere distaccata, per quanto possibile, per poter dare a Cloe, e a tutti gli altri, un carattere e una mentalità in linea con il mondo in cui vivono.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
È la storia più lunga che abbia scritto fino ad oggi, il secondo e il terzo libro sono ancora in stesura, e posso dire che questo progetto è diventato tanto importante che mi capita, a volte, di confondere la vita reale con il mondo che ho creato.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo non è stata facile. Sapevo che avrebbe dovuto chiamarsi “Madrid”, non ho dovuto scegliere tra questa e altre opzioni. Invece, ho dovuto accettare il rischio di chiamare l’opera con il nome di una città, portando il lettore a pensare che sia, quindi, l’ambientazione. In realtà gli eventi non si svolgono nell’odierna capitale spagnola e il motivo per cui si chiama proprio così lo si scopre solo al termine del secondo romanzo.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
George Orwell è uno dei miei scrittori preferiti, mi ha dato così tanto e senza saperlo che non rispondere con il suo nome mi farebbe sentire quasi ingrata. In generale adoro le storie distopiche e sarei felice di leggerle anche all’infinito. In una storia distopica vedo sempre qualcosa di attuale; questo scatena in me la voglia di riflettere, cosa di cui il mondo ha bisogno. Bisogna riflettere. E perché non farlo con un bel libro? Mi piace l’idea di unire la passione al senso del dovere, nel mio piccolo.
 
6. Ebook o cartaceo?
Personalmente, credo che l’emozione di tenere tra le mani un libro cartaceo sia incomparabile. Io sono cresciuta con i libri cartacei, ed è difficile spiegare quanto e cosa significano. Vedere una libreria piena mi fa sempre un bell’effetto. Tuttavia non si possono negare i vantaggi dell’eBook, formula che non disdegno e per cui ho spesso optato.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non credo di averlo deciso. Mentre mi impegnavo per cercare di capire cosa fare, scrivevo. Finché un giorno ho pensato: “E se, invece, è proprio questo che dovrei fare?”. Così ci ho provato e, sebbene consapevole che la strada è ancora lunga e in salita, non me ne sono pentita.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Madrid nasce da un bisogno. Per quanto sarei felice di lasciare ad ogni singolo lettore libera interpretazione sull’opera, tra gli altri motivi, ho pensato di scriverla per “dire la mia”. Come ho detto, Cloe ha spesso la mia voce. Nel corso del secondo romanzo ci saranno più delucidazioni in questo senso. Non ho mai scritto a casa. Madrid si è sviluppato interamente in un bar dove mi piaceva prendere il caffè. I dipendenti, vedendomi lì tutti i giorni e a qualsiasi orario utile, hanno iniziato a incuriosirsi e una di loro un giorno mi ha chiesto: “Se non sono indiscreta, cosa scrivi tutto il tempo?”. Presa dalla scrittura e soprappensiero, le ho risposto: “Un giorno lo vedrai”. A lei è destinata la prima copia.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Si prova tutto quello che si può immaginare ed anche di più. Non vedo l’ora che più persone possibili lo leggano. Da una parte sono spaventata, perché questo libro è un libero accesso alla mia anima, a ciò che sono, e temo i giudizi negativi. Dall’altra, sono sicura di intraprendere quest’avventura e pronta ad affrontare le conseguenze. Sono convinta che ne valga la pena.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Nessuna delle persone più vicine a me ha letto il libro. Un caro amico ha letto un paio di capitoli, ma voglio che sia per tutti una sorpresa.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sicuramente rappresentano una delle nuove frontiere dell’editoria e offrono i loro vantaggi, tuttavia sono dell’opinione che la lettura con un supporto grafico, cartaceo o digitale che sia, permetta al lettore di esplorare a pieno le profondità della storia e dei personaggi, grazie anche alla lingua scritta. Se la voce che regge la storia è la propria, la fantasia potrà aggiungere sfumature a quei dettagli che rendono più intimo il legame con il racconto.
 

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