1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Pietraperzia, grosso centro agricolo nel cuore della Sicilia, che negli anni Cinquanta contava circa 15.000 abitanti, prima che iniziasse la fase di emigrazione biblica di tutto il Sud.
Nella primavera del 1952 mio padre, che aveva attraversato un periodo difficile, trasferì tutta la famiglia in una tenuta di campagna, che aveva preso a mezzadria, contrada Arcera, Quel posto era una vera e propria oasi nel deserto, perché c'era una bellissima sorgente di acqua sulfurea che rendeva verde intenso una manciata di terra, sufficiente però per mio padre, che aveva origini ortolane, di coltivare orto, giardino, bevai di piantine di mandorle, pesche, ulivi che vendeva. Poteva muoversi e coltivare a suo piacimento, perché il proprietario, don Calogero, uomo buono e intelligente, gli lasciava in quel campo tutta la libertà che voleva.
Questo signore infatti aveva voluta nella sua masseria una scuola elementare multiclasse, che all'epoca la conduceva una bionda maestrina che arrivava da Piazza Armerina.
Allora non c'erano telefonini e smartphone, non c'erano radio né tantomeno passava il postino per consegnare la posta e così la maestrina per necessità di insegnamento doveva andare a Pietraperzia, da cui dipendeva la scuola, o quando qualche volta andava a Piazza Armerina, doveva percorrere circa 5 chilometri a piedi e doveva passare ogni volta da casa nostra, che era più o meno a metà strada, per andare a prendere il bus che la portava in paese.
Durante questo tragitto si fermava sempre a casa nostra dove si riposava un po’, beveva un bicchiere d'acqua e faceva quattro chiacchiere con mia mamma.
Io che avevo compiuto ormai cinque anni, dovevo essere molto vivace, giocavo ininterrottamente. La maestrina vedendomi disse a mia mamma che a ottobre, quando iniziavano le lezioni, gli avrebbe fatto piacere portarmi a scuola con lei, perché così avrei incominciato a imparare qualcosa e mi sarei trovato avvantaggiato per iniziare la prima elementare l'anno successivo.
Iniziai dalle astine e via fino a quando ci venne consegnato l'abecedario per iniziare a leggere. Iniziai a leggere senza problemi, ma quando arrivammo alla lettera "M", senza alcun motivo, mi bloccai. Ho ancora negli occhi l'immagine di quella pagina. Dopo il secondo giorno che non leggevo la maestra mi mise in castigo dietro la lavagna e io ritornai a casa piangendo. La sera mio padre mi voleva aiutare per farmi leggere, ma non c'era verso, allora lui mi diede un piccolo scappellotto e io infuriato piangendo ancora più forte andai a letto.
L'indomani a scuola la maestra per prima cosa mi chiamò alla cattedra con il libro e mi disse di leggere, io aprii il libro alla lettera "M" e tutto d'un fiato lessi la pagina senza la minima difficoltà. La maestra allibita girò la pagina e io lessi con disinvoltura tutta la pagina della "N" e così via, in piedi la maestra, esterrefatta, girava la pagina e io leggevo, arrivammo alla fine con la maestra che gridava al miracolo!
In effetti ricordo ancora quell'abecedario, era per me bellissimo, così colorato me lo accarezzavo e di fatto prima di arrivare alla lettera M lo conoscevo già tutto a memoria. Resta un mistero quindi il blocco alla lettera M. Io però incominciai a leggere tutto quello che mi capitava e da un libro di quinta di mio fratello imparai a memoria la poesia "A mia madre" del De Amicis che recitavo in continuazione e che ancora oggi, dopo quasi 70 anni, ricordo ancora.
Così la maestrina mi presentò agli esami come privatista e fui promosso. Frequentai quella scuola fino alla quarta elementare, la quinta la frequentai in paese, perché nel frattempo avevamo lasciato la tenuta Arcera ed eravamo rientrati a Pietraperzia.
Finite le elementari io avevo tanta voglia di studiare e mio padre avrebbe voluto farmi proseguire, ma non c'erano possibilità finanziarie. Allora anche le medie erano scuole private a pagamento. Ho fatto tanti tentativi: telescuola, per corrispondenza ma senza risultati perché contemporaneamente ero alle prese con i lavori nei campi che non si potevano abbandonare.
Nel gennaio 1963 con mio fratello, maggiore di me di dieci anni, emigrammo a nord, prima a Torino, ma ci siamo stati solo due mesi, e poi da lì in Lombardia a Pioltello dove di fatto poi son sempre vissuto e vivo tutt'ora.
Qui dopo il primo anno di ambientamento, lavorando regolarmente di giorno, incominciai a frequentare le scuole serali di Cernusco Sul Naviglio.
Il primo anno iniziai un corso di disegnatore meccanico, ma non era il mio mestiere.
L'anno successivo la scuola organizzava il corso di recupero delle medie (le 150 ore che avevano ottenuto i metalmeccanici) e così conseguii la licenza media.
Per l'anno scolastico 1966-1967 la stessa scuola organizzò le scuole superiori per ragionieri, geometri e magistrali. Io mi iscrissi a Ragioneria, ma alla fine dell'anno scolastico avevo già venti anni e dovetti partire per il servizio militare di leva.
Tornato dal servizio militare nel 1968 ripresi gli studi e proseguii a Cernusco fino al quarto anno. Il quinto anno lo feci a Milano all'Istituto Einaudi, dove conseguii il Diploma nel luglio 1972 con il voto di 60/60.
A quel punto cercavo di migliorare la mia posizione lavoro, ma alla fine venni cooptato dall'insegnate di ragioneria ed economia che avevo avuto nei primi quattro anni a Cernusco Sul Naviglio. Era un Dottore Commercialista con lo Studio a Cernusco, con il quale si era instaurato anche un ottimo rapporto di amicizia.
Il primo gennaio 1973 entrava in vigore la riforma tributaria, con il primo decreto 633/72 l'IVA e si preannunciava una rivoluzione fiscale rispetto a quanto prima vigente.
Con il primo gennaio 1974 entrava in vigore l'intera riforma tributaria, che con tutti i rifacimenti, gli stravolgimenti e le torture legislativa subite, è ancora oggi vigente.
Ho collaborato con questo Studio fino alla fine del 1976. A febbraio 1977 conseguii l'abilitazione all'esercizio della libera professione e aprii un mio studio che ho sviluppato ed è tutt'ora esistente, condotto da due dei miei figli.
Decisione di diventare scrittore?
È molto difficile stabilire una data, scrivere è qualcosa di indistinto, di spontaneo che uno deve possedere.
Io non ritengo di avere una penna facile, quello che scrivo deve essere sempre ponderato, non amo le sbrodolature.
I miei primi scritti possono essere considerati i temi svolti negli anni dell'esperienza cernuschese. Questi di solito giravano in classe perché tutti i compagni volevano leggere il mio tema. Contemporaneamente però mi frullavano in mente i versi, che nascono da tensioni emotive e incominciai a scrivere anche poesie dopo la morte di mio padre. La prima poesia che ho scritto è infatti dedicata alla sua morte. Ho scritto poesie in italiano ma anche in dialetto siciliano, mai pubblicate.
Purtroppo i numeri che sono, nel bene e nel male, l'asse portante di tutto quanto ci circonda, sono nemici della poesia e cosi io una volta immerso nella buriana dei bilanci e delle dichiarazioni dei redditi smisi di scrivere, fino all'anno 2004, quando nel mese di luglio è morta mia moglie.
A quel punto la mia vita viene scombussolata, stravolta e nel travaglio di ritrovare un modus vivendi nuovo e da lì ho ripreso la tensione emotiva di scrivere.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento particolare della giornata che dedico alla scrittura. Se sento qualcosa dentro di me, decido di scrivere in qualsiasi momento.
Con le poesie mi sono alzato anche di notte a scrivere se mi frullavano dei versi in mente.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Andrea Camilleri è il mio autore preferito. Ho collezionato tutti i sui romanzi del Commissario Montalbano e altri scritti che sono riuscito ad avere.
4. Perché è nata la sua opera?
Il libro nasce in certo senso in omaggio alla memoria di mio padre. Io devo tutto a mio padre.
Egli non scriveva, ma aveva una memoria eccezionale, aveva letto tantissimi libri e romanzi che mi raccontava con una precisione estrema. Conosceva la Divina Commedia ed in particolare l'Inferno lo conosceva e lo recitava a memoria commentato.
In particolare nelle lunghe serate in campagna in contrada Arcera ci raccontava tutti i fatti della sua esperienza della prima guerra mondiale e io avido di sentire questi racconti li memorizzavo e spesso lo sollecitavo chiedendogli qualche particolare e lui tranquillamente rispondeva "adesso te la racconto di nuovo.”
L'opera nasce quindi per tenere viva questa memoria.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Per quel che ho già detto il contesto sociale in cui ho vissuto ha influito molto. A parte l'infanzia e l'adolescenza, in particolare per il periodo che va dal 1968 al 1974 tra le altre cose c'era stato da parte mia l'impegno in campo sindacale e politico che mi ha influenzato parecchio.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Io credo che per me scrivere, quando si tratta di prosa, è un modo di raccontare la realtà. Diverso è quando si parla di poesia perché anche se affronti la realtà la poesia sembra un modo per evaderla.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Io riporto i fatti raccontati da mio padre. Di mio certamente c'è l'amore per la storia, perché se e vero che non si ripete mai la stessa, essa è maestra di vita.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
No, non c'è nessuno in particolare.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
I miei figli.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Il progresso delle tecnologie in tutti i campi io non l'ho mai avversato. Sicuramente l'ebook interessa i giovani in tal senso penso che avrà un futuro.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Mi rifaccio a quello che detto per l'ebook