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28 Lug
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Intervista all'autore - Domenico Di Pilato

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nato in una famiglia di sei figli, sono il quarto! Ho visto e imparato da chi era prima e dopo di me nelle esperienze della vita. Già da adolescente avevo un ruolo di "mediatore" tra tutti gli amici. Crescendo i miei principi guida sono stati ben rappresentati dalla cultura latina, nei famosi detti: Est modus in rebus, Rem tene verba sequentur, In medio stat virtus e simili. Mi sono sempre interessato a tutti gli aspetti della vita: Lavoro, Sport, Rapporti sociali ecc. con la caratteristica del "Non tutto ma di tutto". Mi piace capire tutto e provare, da solo, a risolvere problemi di varia natura.
Non mi ritengo uno scrittore, ma devo esserlo se voglio comunicare ad altri quello che ritengo onesto, giusto ed affidabile. Così facendo trovo serenità nel procedere lungo il cammino che mi resta.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Tutto ciò che scrivo è frutto di riflessioni, percezioni, collegamenti logici, in tal modo raggiungo la convinzione che ciò che ho scritto abbia un margine accettabile di affidabilità. Quando, in qualunque momento della giornata, maturo nuovi concetti, li scrivo il prima possibile, per poi inserirli nel contesto generale delle mie teorie. Quindi tutte le ore del giorno, appena mi libero da altri impegni, leggo, consulto e scrivo.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
CARLO ROVELLI.
PIERGIORGIO ODIFREDDI.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Desidero confrontarmi con altri per convincere me stesso della concretezza delle teorie da me proposte. Spinto dal desiderio di indurre tutti ad essere coerenti con le proprie convinzioni, ad abbandonare l'ipocrisia radicata che, pur di affrontare possibili stravolgimenti comportamentali e sociali, inconsciamente si adeguano al comportamento della maggioranza.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Sono alla mia prima opera scritta. Mi sembra di aver voluto liberarmi dei miei pensieri scrivendoli e diffondendoli. Certo, vivere una vita a cercare di risolvere i problemi dei pazienti che si rivolgevano alla mia esperienza professionale, ha forgiato il mio modo comportamentale, continuo così istintivamente a voler risolvere anche problemi che esulano dal mio lavoro. Pertanto, più che nella mia formazione letteraria (non eccezionale) il contesto sociale e professionale ha influito moltissimo sul mio carattere, volto a comprendere e a mediare i problemi della gente.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Tranne i grandi classici della letteratura ho letto pochi romanzi, non sono portato molto a fantasticare. Scrivo solo per descrivere e far accettare, ai più, la realtà per come la vedo dall'alto della mia vita vissuta, in tutti i campi in cui mi sono cimentato. Sono prevalentemente razionale, la realtà è il principio base di ogni conoscenza.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Si evince facilmente, da quanto risposto nelle prime domande, che in ciò che ho scritto c'è tutto me stesso, inteso come cultura, convinzioni, aspirazioni. I problemi proposti nel mio elaborato sono talmente vasti che ognuno richiederebbe un più completo approfondimento specialistico che lascio, al desiderio del lettore, approfondire. Ho cercato di esporre una sintesi dei vari capitoli al fine di giungere ad una conclusione che spero possa aiutare la società globale a sopravvivere.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Spesso mi sono consultato con mia figlia Claudia (insegnante di Lettere) che ho pubblicamente ringraziato nel mio saggio.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Chiarito che non si tratta di un romanzo ma più che altro di un saggio, anche se anomalo rispetto ad un saggio classico, oltre che a mia figlia ho inviato tutto il mio progetto scritto al mio amico d'infanzia Pino di cui parlo nel libro. Poi altri amici mi hanno invogliato a completarlo e pubblicarlo.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sono convinto che il calore umano che un testo scritto trasmette agli appassionati non potrà mai essere sostituito da un ebook. Tale forma di scrittura si presta molto a contenuti informativi e settoriali, utili ad una consultazione rapida. Leggere su uno schermo concetti affascinanti, coinvolgenti, che richiedono meditazioni e riletture, è molto più faticoso e dispersivo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Mi sembra che possa essere un ottimo strumento utile ai non vedenti, o a soggetti impossibilitati in qualche modo a potersi godere una personale lettura. Non penso che potrà sostituire il libro scritto.
 
 
 
 
 

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