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BookSprint Edizioni Blog

20 Lug
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Intervista all'autore - Valentino Venturelli

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Nato a Cartoceto (PU): la mia famiglia si è trasferita a Fano, ove mi sono formato in quel clima di allora alquanto provinciale; ho completato gli studi magistrali e mi sono diplomato. Sono rimasto a Fano, dopo il diploma, per 2 anni. Poi, vinto il concorso per insegnante elementari, mi sono trasferito a Treviso. Vi giunsi quando avevo 20 anni. Qui ha insegnato e ho studiato all'Università di Padova. Ho conseguito tre lauree. La prima, (un corso triennale) è importante perché tramite di essa sono diventato dirigente scolastico, attività svolta fino al pensionamento nel 2002. Poi le lauree più formative: Pedagogia, utile per le conoscenze degli eventi educativi; psicologia, il corso di studi che mi ha aperto le vie per l'interpretazione più avanzata dei fenomeni sociali e delle introversioni umane. Sono stato anche giudice onorario, per circa 7 anni, al Tribunale dei minori di Venezia. Dal pensionamento è iniziata una vasta attività di formatore in corsi per anziani nella provincia e la collaborazione a giornali locali con diversi articoli settimanali. Ancora perdurano questi impegni.
 
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Diffido molto della letteratura attuale e non la consiglierei. Ma tornerei ai grandi classici: Kafka, ad esempio. O il "Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa; Moby Dick, Thomas Mann, "Guerra e Pace" di Tolstoj, "Gli indifferenti" di Moravia, ecc. Insomma letteratura che non degeneri nella astrazione ideologica.
 
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Generalmente, i due modi si assomigliano; l'eBook è anche più trasferibile e comodo. Il testo cartaceo è un ritorno ad una distensione intima che ritrovi tra le cose di casa, solo nei momenti in cui riesci ad organizzare un ambiente ideale di lettura ed apprendimento. Per questo preferirei il libro cartaceo, per il suo richiamo ad un ordine mentale e ambientale che assicuri la lettura. Anzi, direi che questo momento un libro aperto dovrebbe esserci nella vita di ciascuno di noi. L'eBook potrebbe divenire una lettura in un ambiente occasionale e precario che non favorisce quella interiorizzazione dello scritto fatta in un ambiente protetto, come lo sono i momenti della lettura del testo tradizionale. Non vedo, però, una drammatica sconfitta del cartaceo sul libro elettronico. Il cartaceo può essere sostituito, ma non eliminato. Anche i teorici dell'elettronica scrivono le loro ricerche nel cartaceo, oltre che a pubblicare sull'e-Book. Il vero problema è quello che si scrive, per me.
 
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Domanda difficile perché la motivazione che ti induce a scrivere qualcosa può essere improvvisa e nascere da fatti importanti dell'esistere. Ma la tendenza a scrivere è assolutamente un legame fisso e sistematico di autoanalisi e di fissazione delle emozioni. Questa riflessione ponderata sulla vita costituisce una gran parte dell’attività di registrazione degli eventi: una abitudine alla autoanalisi dei sé e di ciò che è fuori del nostro io. Inoltre, una abitudine a osservare e registrare è una attività tipica dello scrittore. Per me l'improvvisazione espressiva è sempre da rielaborare e da ponderare per avere la massima risonanza. Anzi, direi che è bene diffidare dai colpi di fulmine o dalle improvvisazioni.
 
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
I fatti, sempre i fatti che ci piovono addosso. Gli eventi locali non sono mai staccati dal contesto più ampio e universale. Nessuno scrive se non ha anche una aperta vocazione umana e sociale. Il libro scritto vuole essere una tragica descrizione del "mal d'Italia", fatto di impreparazione agli eventi di chi deve provvedere, di superficialità, di corruzione finalizzata ai propri interessi, ma coperta di buonismo e molta ipocrisia della solidarietà. La stessa crisi del 2000 era stata allegramente incoraggiata con la fuga all'est o in Cina delle produzioni per il puro profitto, lasciando regioni industriali gloriose nella profonda depressione. La globalizzazione dell'economia era studiata per diffondere più facilmente merci e consumi a profitto del neocapitalismo. Ultimo approdo della crisi è l'attuale consumismo, che distrugge l'ambiente e la coscienza umana. Queste le motivazioni essenziali.
 
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Ci sarebbe un nome illustre, ma poco noto: la palingenesi, ossia una nuova nascita della società italiana e mondiale, basata sul fatto che se io sono OK, anche l'altro va trattato ed educato ad essere OK. Attualmente i modelli consumistici ed economici ed autoritari, più o meno velati, si fondono sull'"Io". Io e i miei amici siamo OK (anche se non fosse vero); voi e i vostri non siete OK. Possiamo essere tutti OK se tutti percorriamo il dovuto sentiero virtuoso, cominciando a capire da dove inizia la diversità. Certi atteggiamenti di supremazia e prepotenza non rientrano nello schema di solidarietà. Anche se ogni cultura ha le sue stravaganti e orrende norme, solo il confronto tra culture e la loro integrazione condotto in nome di una logica universale, può portare alla pacificazione. Elena, il personaggio simbolo di questo romanzo, abbandona da perdente l'Italia. Ma resterà sempre il desiderio di una nuova nascita che è un rinnovamento culturale e morale e non viene da sofismi e ipocrisie, ma dalla interiorizzazione di quelle norme che rendono possibile la società.
 
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Un sogno o un bisogno, magari espresso immaturamente, che veniva da lontano, proprio dalla giovinezza. Nel corso della vita ho affinato e spostato il fuoco delle osservazioni. Dalla tendenza autobiografica o intimiste, mi sono lasciato trasportare da narrazioni legate alla realtà e da fatti di tutti i giorni che non riguardano solo chi li registra, ma gli sconvolgimenti delle condizioni di più vasta umanità. La vicenda di questi ultimi anni in Treviso ed in Italia, è emblematica. La lamentata perdita economica, l'imprevista disoccupazione dei licenziati e la presenza, imposta con mille astuzie e reticenze, della politica mondialista condita di buonismo credulo delle tante buone persone, la indotta pietà verso migranti invasori, hanno creato malcontenti profondi. Poi le pretese sovrapposizioni etniche sono incompatibili sono eventi del mio vivere nel Veneto, ove la maggioranza che non vede di buon occhio e desidera quello che è proposto.
 
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Quello di scrivere, che tuttora mi affascina e, credo, continuerà a sedurmi anche in futuro. Questo, per il piacere che ricavo. Inoltre, mi motiva il fare qualcosa per operare su convinzioni nuove e il senso di denunciare dei diritti violati della real-politik. I bisogni materiali e psicologici della cultura locale veneta non sono piante da estirpare. Il mio piacere sarebbe entrare tra scrittori che contano e danno il "la" alla società. Sogno o realtà? Forse sogni che resteranno nell'anima. Oggi la cultura e la letteratura è proprietà di una sinistra che ripete slogan logori ed anacronistici e non narra più le vicende degli attuali uomini, ma le proposte politiche suggerite sulle quali tutti dovrebbero aderire: per cui, molta letteratura o narrativa di oggi è per lo più solo propaganda politica o impegno settario.
 
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Sì, tutti i giorni temo che potrei restare in mezzo al guado delle tensioni senza approdo nel porto della sicurezza. Conto molto sulla editrice dei miei testi, che mi stimola alla realizzazione dell'opera. Per il resto conto su propizie fortune nate dal mio sforzo di contrastare la tendenza alla resa di fronte alle tante difficoltà del successo.
 
10. Il suo autore del passato preferito?
Tomasi di Lampedusa; Moravia degli "Indifferenti" e Kafka. In genere, tutta la letteratura mi piace fino agli anni ‘70. fatta eccezione per quella legata a militanze politiche.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Per me l'ascolto è esperienze diversa dalla lettura diretta. Potrebbe essere frammentaria; le lettura dell'audiolibro, causata dall'idea che un libro lo posso ascoltare anche per strada, non è una facilitazione alla interiorizzazione. La lettura di qualunque testo, secondo me, ha bisogno di un ambiente specifico e di momenti di interiorità. Comunque, se favorisce quella curiosità che predispone alla lettura personale, va accettato anche l'audiolibro. Penso che colpisca, ma che non faccia meditare. Non credo alla sua funzionalità, ma mi appare uno stimolo importante propedeutico e invitante al testo cartaceo.
 
 
 

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Lunedì, 20 Luglio 2020 | di @BookSprint Edizioni

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