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06 Giu
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Intervista all'autore - Luigi Fulciniti

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Originario della Calabria, vivo a Milano dal 1946. Come si può rilevare dal contenuto del romanzo che sto per pubblicare, la mia vita lavorativa è stata un coacervo di trasformazioni, cambiamenti e acquisizioni di nuove realtà e nuove esperienze. Non so a cosa ciò sia da attribuire. Amo, però, pensare che i frequenti avvenimenti storici vissuti dalla mia generazione e le varie crisi economiche sopportate dalla società abbiano potuto influire, e non poco, a determinare certe situazioni, instabili e altalenanti.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non ho una regola fissa. Considerando, tuttavia, la mia veneranda età di circa 95 anni, le ore che dedico alla scrittura sono preferibilmente quelle pomeridiane. Ma non sempre. Capita a volte di avere delle ispirazioni anche nelle ore notturne, complice il buio e il silenzio dell’insonnia.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Mi piacciono i libri di narrativa. Molto spesso ho avvertito particolare attenzione per i testi di Oriana Fallaci. I racconti della prefata scrittrice sono descrizioni parlanti e “fotografie” di fatti reali.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Per esaudire un intimo desiderio, da me accarezzato negli anni in cui, però, mi mancava il tempo per poterlo coltivare.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Molto. Specie negli anni in cui ho svolto attività di volontariato in favore di una benemerita categoria di cittadini, formata da ex appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate dello Stato, divenuti mutilati o invalidi per causa del loro servizio. Un periodo di intensa attività filantropica, durato lunghi decenni.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Sia l’una che l’altra cosa. A volte, infatti, capita di scrivere pagine di marcata deplorazione di fatti e misfatti. Agognare auspicabili mutamenti di una Società per certi versi in continuo regresso. Scrivere pagine di giustificate proteste contro stereotipe forme di vita che generano baccani e anarchia. E via di questo passo.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ideologicamente tanto.
L’ideologicamente, tuttavia, va inteso non di certo sotto un profilo politico, bensì e motivatamente, dal punto di vista sociale.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
No, nessuno.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A una delle mie due figlie: a Silvietta!
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso proprio di sì, anche se non sono del tutto favorevole a tale sistema, certamente futuribile.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È senz'altro un sistema tecnico che può essere di interesse di determinate categorie di lettori.
 

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