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05 Giu
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Intervista all'autore - Marcello Sgarbi

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Ferrara, ma le circostanze mi hanno portato a lasciarla quando avevo solo un anno. Le mie radici, però, continuano ad essere lì. Gli anni della prima infanzia li ho trascorsi a Saronno, poi mi sono trasferito con i miei genitori a Como, dove tra gli studi, le amicizie e gli innamoramenti dell'adolescenza ho passato gran parte della mia vita.
 
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Anche se non è l'unico esempio di romanzo di formazione, forse "Il signore delle mosche" di William Golding. E per due motivi: perché nasce da un'intuizione dell'autore percepita attraverso un test condotto con alunni adolescenti quando era insegnante, e perché proprio i protagonisti stessi sono dei ragazzi, in un certo senso costretti a diventare adulti.
 
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Non demonizzo la tecnologia, anche in ambito librario. Anzi, in questo periodo così travagliato credo sia una straordinaria risorsa. Però, sia per un fatto generazionale sia per indole amo sfogliare le pagine, sentire l'odore della carta, osservare la copertina, sottolineare a matita le parti che più mi hanno colpito. E poi accostare il libro che ho letto accanto agli altri nella mia libreria, sicuro di riconoscerlo ogni volta in cui lo cerco. L'ebook non mi trasmette nessuna di queste emozioni.
 
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Penso che sia qualcosa di simile a quanto dice Bob Dylan della musica: "È l'unica cosa che quando ti colpisce non ti fa male". Per me scrivere è sempre stato un modo di comunicare un'idea, un'emozione, qualcosa che mi è accaduto e mi ha coinvolto. Per questo ho scritto e scrivo di tutto: diaristica, racconti, canzoni, testi umoristici, parodie, romanzi. Scrivere per me è prima di tutto una necessità, posso forse dire di essere sempre stato innamorato della scrittura, anche quando non ne ero pienamente consapevole.
 
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Due motivi: il primo è l'amore per il fumetto (per troppo tempo e a torto considerato "sottocultura"), che soprattutto durante l'infanzia e l'adolescenza ho frequentato con la lettura del "Corriere dei Piccoli" e del "Corriere dei Ragazzi" e successivamente con periodici quali "alter alter" o "Totem". Data la mia formazione artistica, il fumetto mi attrae per la sua caratteristica di narrazione "totale". Per questo ammiro grandi maestri quali Hugo Pratt o Sergio Toppi, per fare due esempi, capaci di raccontare solo con le immagini. Il secondo motivo è stato il desiderio di tributare un dovuto omaggio a uno sceneggiatore (anche disegnatore) di basso profilo ma di alto rilievo, protagonista del periodo d'oro del fumetto, italiano e non solo.
 
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Prima di tutto mi auguro che trovi piacevole il libro-intervista, perché considero la lettura uno dei grandi piaceri della vita. Poi, se è un lettore della mia generazione, che possa ricordargli un momento storico importante, non solo dal punto di vista culturale ma anche sociale. Se invece è più giovane e magari legge graphic novel, che possa provare la curiosità di scoprire gli autori che hanno anticipato il genere, quando non addirittura influenzato lo stile dei disegnatori e degli sceneggiatori che ne fanno parte.
 
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
In parte mi sembra di avere già risposto, comunque mi viene in mente un aneddoto che forse può chiarire meglio quanto è innato in me il desiderio di scrivere. Quando frequentavo la terza classe della scuola elementare, la maestra ci aveva assegnato un tema sulla primavera. Io avevo affrontato il compito inventando una piccola storia con tanto di personaggi e l'insegnante ne era rimasta così colpita da leggerla a tutta la classe. Credo che in me la consapevolezza di saper scrivere sia nata lì, penso che il resto sia stata solo una naturale evoluzione.
 
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Sì, il momento in cui ho incontrato vis-a-vis Fabrizio Ostani alias Jerry Kramsky. Si parla del 2013, io ero stato licenziato da poco dall'agenzia di pubblicità in cui lavoravo e all'Ufficio del Pubblico Impiego, a sbrigare le pratiche di disoccupazione, ho trovato lui (che conoscevo già per l'altro aspetto della sua personalità, quello di autore di fumetti). È stata l'occasione per vedere in anteprima le tavole di "Ghirlanda", il graphic novel realizzato con Lorenzo Mattotti, suo grande amico, per il quale Ostani ha anche steso i primi storyboard del film "La famosa invasione degli orsi in Sicilia" di cui Mattotti è regista.
 
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
No, come tante altre cose che ho scritto ha conosciuto un paio di momenti di impasse, ma sono sempre stato sicuro di concluderlo.
 
10. Il suo autore del passato preferito?
Difficile sceglierne uno, è sempre arduo. Dovendo proprio farlo, direi il Dostoevskij di "Delitto e castigo".
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro ha aspetti interessanti, anche perché propone una pratica ormai desueta e proposta solo nei reading: la lettura ad alta voce. Poi ha anche un'utilità sociale. Penso per esempio alle persone non vedenti, che con questa modalità non sono private del piacere della lettura.
 
 

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