1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è mettere fuori il proprio mondo interiore, fatto di ricordi, di riflessioni su quello che ci circonda o che accade intorno a noi.
Scrivere, di conseguenza, grazie alla funzione catartica, mi permette di provare benessere.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto. Sono convinta, infatti, che quello che viviamo, che ci tocca da vicino, che facciamo nostro a livello affettivo, che non ci lascia indifferenti, ci permette di fare riflessioni, di provare emozioni che si traducono in parole, in storie.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest’opera per me ha significato ritornare indietro nel tempo, rivivere ricordi che coinvolgono non solo me ma il mio paese, la gente del mio paese, un determinato periodo storico al fine di capire il presente, accettarlo e migliorarlo.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
È stata semplicissima perché ho voluto servirmi di un titolo diretto, chiaro.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Porterei con me Daniel Pennac innanzitutto perché amo la lingua francese, l’ho insegnata e continuo ad insegnarla, per cui mi affascina già ascoltarlo.
E poi perché è un esempio del successo che si potrebbe avere in alunni con determinati problemi dei quali parla dando suggerimenti preziosi.
6. Ebook o cartaceo?
Preferisco il cartaceo ma non mi dispiace l’ebook per i suoi tanti innegabili aspetti positivi.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non ho deciso di intraprendere la carriera di scrittrice.
Ho incominciato a scrivere quando sono andata in pensione e ho avuto, di conseguenza, tempo libero da impegni di lavoro da riorganizzare perché non concepisco perdere tempo, oziare.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea di questo libro nasce dalle riflessioni che ho incominciato a fare osservando tanti giovani allontanarsi dalla propria famiglia, dalla propria terra, dai propri affetti per andare a lavorare.
L’aneddoto che mi ha stimolato a scrivere questo romanzo è legato alle reazioni, alle emozioni, che si vivono in famiglia e che mi sono state descritte dettagliatamente da una mia parente in occasione della partenza della figlia, obbligata a raggiungere lontano il posto di lavoro dopo aver trascorso dei giorni insieme.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Si provano inevitabilmente emozioni piacevoli, personalissime, difficili da esprimere.
Considero, infatti, ogni mio libro uno scrigno che custodisce i miei racconti, i miei pensieri più profondi, le mie riflessioni. Dopo aver scritto un libro, inoltre, nuove energie emergono che mi stimolano a riprendere a scrivere. E infatti questo è il mio quarto libro.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Nessuno perché preferisco prima pubblicarlo.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L’audiolibro ha senz’altro i suoi aspetti positivi.
Permette infatti a chi ha problemi visivi di leggere ascoltando, di ascoltare e fare altro contemporaneamente... Ed è basilare in un mondo che molto spesso assorbe completamente al punto da non avere tempo da dedicare alla lettura.
Infine l’ascolto di una buona lettura espressiva permette di cogliere aspetti che la lettura individuale potrebbe trascurare.