1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono un medico, specialista. Lavoro a Milano Due ove è ambientata l’aneddotica di emozioni che ho raccontato nel testo.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La notte di solito.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Baricco. Cesare Pavese.
4. Perché è nata la sua opera?
Perché la mia coscienza ha preteso di essere raccontata.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Lavorare in un centro trendy e manierato come Milano Due è una sfida formativa quotidiana, come lo è essere a contatto con la malattia.
La sofferenza non è mitigata da uno scenario ovattato ed esclusivo come il ridente giardino floreale di Milano Due puntinato di forsizie...
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere di sé è affrontare la realtà con un cinismo quasi robotico quando non si ha la pretesa di incensarsi. Per questo uso toni talora mielosi, per stemperare il giudizio sull’uomo ed anche la stucchevole reiterazione del quotidiano che vado raccontando.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Direi che di me nulla resta fuori, nessun omissis dolosamente pensato.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Il prossimo che ho osservato, curato, amato.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Al mio cagnolino Maya. Giustizialista e polemica com’è ha comunque approvato.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
La sua comodità è indiscutibile, ma non vale i riflessi di una pagina bianca sulla quale rimane impressa una intera esistenza, sebbene non virtuosa e santificata.
Dio ci salvi dagli uomini perfetti! Diffido di chi non ha dubbi e di chi non ha libri stipati sulle mensole...
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Interessante non solo per i non vedenti.