1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono calabrese, di Cosenza, ma dall'età di diciassette anni ho vissuto a Roma, dove mi sono laureata in lettere e ho insegnato nei licei. Contemporaneamente mi sono occupata attivamente di teatro. Da tre anni vivo nel viterbese.
Su un monte della Calabria da bambina inventavo delle storie e le mandavo a vivere in uno spazio che s'apriva in alto tra due castagni. Poi ho cominciato a scrivere le storie su quaderni e su notes che mettevo al sicuro in un cassetto, infine le ho scritte al computer lasciandovele dentro.
Non ho mai deciso di diventare uno scrittore a tutti gli effetti, di fare di questa mia inclinazione alla creazione fantastica una specie di professione, imbrigliandola in un dover fare necessario alla sopravvivenza o al semplice consenso. Non ho preso nessuna decisione in proposito, ma certamente continuerò a scrivere: l' ho sempre fatto. Se un personaggio busserà alla porta per narrarmi la sua storia non lo manderò via, non farò tacere le voci che chiedono di uscire allo scoperto. Mi direte: "Con quale risultato se non hai un uditorio?" Bella domanda! Proverò a farmelo. Comunque,"scripta manent".
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento preciso. In genere, comunque, scrivo la mattina o nel primo pomeriggio.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Luis Sepulveda.
4. Perché è nata la sua opera?
Stavo scrivendo un romanzo quando all'improvviso mi sono bloccata. Non sentivo più i miei personaggi, non li vedevo. Senza di loro la storia non poteva andare avanti. Ho deciso di smettere per riprendere in un momento più favorevole. Ma ero molto provata. Mentre mi apprestavo a chiudere il computer, ho visto Lucy uscire dalla testa del suo disegnatore per vivere a modo suo la propria vita. La ho seguita e così è nata quest'opera.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Penso che il contesto sociale, come quello familiare, influisca sempre in un modo o nell'altro nella formazione di una persona e quindi anche nella formazione letteraria. Cresciuta in un contesto diverso forse avrei continuato a mandare le storie tra i rami di due alberi o le avrei tenute chiuse in me. Comunque, se avessi apprezzato senza riserve il contesto sociale nel quale vivevo forse avrei utilizzato le storie per diventare scrittore a tutti gli effetti. Ma vivevo in una famiglia particolare che aveva un metro di giudizio diverso da quello comune per valutare le persone ed il loro operato.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere per me rimane sempre una evasione anche quando si racconta la realtà. Come sempre evasione è leggere a meno che leggere e scrivere non siano un mezzo per ottenere altro.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
A partire dal disegnatore che non ha più Lucy nella testa, c'è senz'altro molto di me e non potrebbe essere altrimenti. Per esempio, la voglia di Lucy di sottrarsi a chi pretende di decidere della sua vita mi appartiene in pieno.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
No.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ai miei familiari.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sembra proprio così. Da un certo punto di vista non cambia niente: la storia rimane la stessa, raccontata con le stesse parole. Eppure sembra che il libro cartaceo sia insostituibile per poter godere appieno della lettura. La verità è che lo amiamo, abbiamo passato tante belle ore insieme e ci dispiace sostituirlo col nuovo arrivato. Ce ne faremo una ragione.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Nell'audiolibro la parola scritta viene in qualche modo interpretata dall'attore, non colta a modo suo dal fruitore. C'è un estraneo tra l'autore e quello che non si può più chiamare lettore ma ascoltatore. A volte, comunque, l'estraneo è necessario e pertanto ben venga l'audiolibro in certi casi.