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BookSprint Edizioni Blog

01 Ago
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Intervista all'autore - Lucia Breshanaj

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Lo scrivere è una parte molto importante della mia vita. Per me scrivere significa mettere a nudo determinati pensieri che non riesco a zittire. Penso che la scrittura sia molto importante per confrontarsi e liberarsi dalle questioni che ci circondano, scrivere è terapeutico soprattutto nei momenti di dolore.
Quando sono triste sono in grado di scrivere per filo e per segno ogni cosa mi passi per la testa in un modo sottile e non pesante. In quei momenti sono io con il mio bagaglio che mi porto dietro da una vita e non c'è nulla di migliore. Metto a nudo i miei pensieri e i miei dolori e rileggendoli provo sempre un brivido. Bisogna scrivere sempre altrimenti si rischia di scoppiare. Io mi conosco così.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Sono sempre stata convinta che ogni lettore metta qualcosa di sé in ogni sua opera e la penso sempre così. Nel mio libro sono presenti molte esperienze personali: ogni tema tocca un’esperienza personale infatti posso dire che attraverso ricordi, pensieri ed esperienze che ho toccato i temi principali. La cosa che però ho fatto è stato non parlare direttamente di quello che mi è successo perché sono sempre stata una persona molto riservata. Si capisce molto bene dove ci sono io, dove c'è la mia vita e si capisce anche bene cosa sto raccontando anche senza raccontare la mia storia. La mia storia è sempre nascosta poiché l'intendo era di raccontare parti della mia vita e non tutta la mia vita. Sono molto legata alla mia storia e mi è difficile parlarne, è difficile raccontare di me. Molte persone credono che avendo frequentato anni di scuola insieme mi conoscano ma la realtà è che ho sempre tenuto e custodita per me la mia storia e il mio essere perché secondo me è giusto così. Quindi sì, c'è molto di me, ci sono io e ci sono parti di vita. Queste parti di vita che ho trascritto sono a grandi linee gli episodi più importanti che hanno determinato la mia esistenza e che mi hanno fatta maturare ma tutta la mia storia è sempre nascosta dietro un velo. L'intendo è quello di far scoprire il lettore, di metterlo faccia a faccia con il suo io. Secondo me nel momento in cui il lettore si rivede in me e nelle mie esperienze diventiamo un tutt' uno. L'autore scompare e rimane il lettore da solo con se stesso.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Non è stata una scelta decisa a tavolino né premeditata. Certo ho sempre voluto iniziare la mia carriera da scrittrice e ho iniziato molte opere che ho conservato nel cassetto. Ne avevo portata a termine una che ricordo con piacere di averla scritta tutta in tre o quattro giorni rimanendo chiusa nel mio studio notte e giorno. Quell' opera però non sono mai stata in grado di farla leggere a nessuno perché lì c'era troppo di me ed ero gelosa che quella parte della mia storia venisse scoperta. Quest'opera invece è nata come una rivelazione. Mi sono sentita un po' il Moscarda della situazione di “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello. Era come se gridassi eureka quando alla fine ho solo scoperto un altro pezzo di me che non avevo mai conosciuto al cento per cento. Quando scrivevo non pensavo di star scrivendo un libro ma pensavo a scrivere i miei pensieri integrati a delle questioni che il mio professore universitario di filosofia del diritto ci aveva illustrato. Non so come in poco tempo è nata la mia opera. Al termine di essa sono rimasta sbalordita. Non mi ero nemmeno curata di quello che stavo facendo, è nata da sola. Ho partorito un' opera che desideravo da molto ma che è nata nel momento in cui meno me l'aspettavo. Sono molto legata a “Il flusso delle considerazioni” e la considero una sfida con se stessi.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Proprio perché non era nata come libro non avevo mai pensato al titolo. Poi un giorno mi sono imbattuta a pensare al monologo di Molly con il quale termina l'”Ulysses” di James Joyce. ricordo che Joyce nel monologo mise per iscritto ogni pensiero di Molly. Quando lo lessi in inglese ero davvero molto incuriosita e mi piacque tanto e pensando al flusso di pensieri di Molly che nacque il titolo della mia opera ossia Il flusso delle considerazioni perché, oltre ad essere pensieri, dietro c'era una riflessione.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Se mi trovassi in un’isola deserta sarebbe davvero molto improbabile pensare ad un libro in un primo momento ma tornerebbe utile nei giorni a seguire e sono molto sicura che vorrei con me l'iliade oppure l'odissea di Omero così che avrei la compagnia di Achille o di Ulisse in onore delle loro grandi avventure. Sarebbe più dura scegliere quale scrittore avere al mio fianco perché sarei davvero combattuta tra Dostoevskij o Paolini o ancora Pirandello o Nanni Balestrini o Orianna Fallaci. Ci sono talmente tanti scrittori che stimo che scegliere tra di loro sarebbe troppo impegnativo e impossibile. Li stimo troppo per scegliere.
 
6. Ebook o cartaceo?
L'Ebook sta crescendo molto in questi anni ma io rimango una convinta amante del cartaceo, preferisco avere tra le mie mani le pagine di un libro.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Cominciai a scrivere all'età di nove anni, ho ancora il diario segreto che cominciai a scrivere durante la quarta elementare. con gli anni cominciai anche a leggere e la mia voglia di mettere per iscritto me stessa si è sempre fatta più forte. Il desiderio non si poteva reprimere e sapevo che prima o poi sarebbe successo. Il fatto è che quando la tua anima è in pace ed è pronta allora lo sei anche tu ed è quello che è successo anche a me.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Nella prima lezione di filosofia del diritto il nostro professore cominciò a parlarci del passato, non sembrava nemmeno una lezione ma una chiacchierata o meglio dei consigli. La cosa che mi fece pensare molto fu quando disse che il passato è una realtà inconsapevolmente dominante. Arrivata a casa ci pensavo ancora e ancora e ancora e poi aprii per caso una pagina dove in un giorno triste raccontai una mia esperienza personale legata alla mia infanzia. Era vero, il passato non era scomparso.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Vedere la propria opera prendere corpo è come vedere un bambino nascere, crescere e diventare adulto. Sembra che ci voglia tanto ma il tempo vola in un attimo. Un buon libro è come un bambino educato bene che diventerà sicuramento un buon adulto. Tutto questo è un’emozione indescrivibile e da vivere altre mille volte. Scrivere un libro significa dare la vita ad una creatura e vederlo prendere forma è qualcosa di spettacolare che non avrà mai fine.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Non ho fatto leggere a nessuno per intero il mio libro. Mia madre ha letto alcuni capitoli, più della metà, la mia migliore amica ed un’altra mia amica hanno letto qualche estratto. Solo io l'ho letto e riletto più volte. Lo leggeranno tutti nel momento in cui sarà pubblicato.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro mi piace molto come idea anche se resto fermamente convinta per il cartaceo.
 


 

 

 

 

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Giovedì, 01 Agosto 2019 | di @BookSprint Edizioni

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