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31 Lug
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Intervista all'autore - Paola Piazzi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nella vita faccio l'architetto, ma sono anche molto impegnata nel sociale.
La mia formazione, a partire dall'adolescenza, è avvenuta nel mondo scout dentro il quale sono stata attiva fino agli primi anni del 2000 ricoprendo anche ruoli di formatore e di quadro a livello regionale e nazionale all'interno dell'Agesci.
Nel 1998 ho conosciuto il mondo del carcere come volontaria e da allora continuo ogni settimana ad entrare in quell'universo spietato e assurdo.
Non ho mai deciso di diventare scrittore. Lo scrivere poesie, da quando avevo 12 anni, è sempre stata un'esigenza interiore, perché mi aiutava ad esprimere in maniera indiretta le mie sensazioni, il mio mondo interiore essendo sempre stata molto timida e riservata.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è né un momento particolare, né una regolarità nello scrivere. Passo lunghi periodi in cui non scrivo nulla, poi di colpo sento affiorare in me le parole, piano piano me le ripeto dentro e poi le riporto sulla carta.
È un esercizio per me faticosissimo, che mi svuota, un far uscire ciò che ho tenuto a lungo dentro non trovando il modo e il ritmo per esprimerlo.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Erri de Luca.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Non c'è un motivo. Avevo voglia di condividere con altri sensazioni, stati d'animo e sentimenti che so comuni a tantissime persone. Le poesie toccano il cuore quando sanno essere universali, ovvero capaci di far sentire chi le legge compreso e raccontato da quei versi.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Le mie poesie nascono principalmente dal contesto sociale in cui vivo quotidianamente; per me rappresentano un mezzo per far conoscere realtà di sofferenza, di negazione, di privazione. La poesia è anche denuncia sociale.
Il mio riferimento culturale è De Andrè con la sua poetica così profonda ed incisiva.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Forse è sia l'una che l'altra cosa: è un' alternanza tra il consegnare la realtà a una dimensione più alta e un reimmergerla nelle viscere della vita.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ci sono dentro interamente, in tutte le sfumature, a volte contraddittorie, che compongono il mio essere.
Le poesie mi raccontano talmente tanto che mi pervade sempre un forte senso di pudore nel farle conoscere alle persone che mi circondano, proprio per la timidezza che mi contraddistingue e per ciò che le mie poesie rivelano di me.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Non una persona in particolare, ma tutte quelle che affollano la mia esistenza.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A una persona carissima che apprezza il mio mondo interiore e mi incoraggia sempre a farlo emergere.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Probabilmente sì, ma il formato cartaceo credo che non scomparirà mai del tutto.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Uno strumento utile alla divulgazione là dove la lettura non è possibile.
Ricordo che da ragazzina ascoltavo alla radio le trasposizioni teatrali di romanzi classici e mi piaceva moltissimo. Quello era allora il modo di far conoscere opere classiche a chi non aveva la consuetudine e la possibilità di leggere.
Io avevo quella possibilità, ma mi piaceva molto anche ascoltare e certamente imparare l'esercizio dell'ascolto risulta fondamentale per arricchire la propria vita.
 


 

 

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Mercoledì, 31 Luglio 2019 | di @BookSprint Edizioni

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