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BookSprint Edizioni Blog

13 Giu
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Intervista all'autore - Alex May

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nasco in una famiglia di professionisti, medici ed insegnanti, ed il mio destino si è snodato tra gli studi in psicologia, la laurea e l'amore incondizionato per la scrittura. Ho iniziato a scrivere i primi racconti gotici a quattordici anni, dopo una overdose di Poe, Lovecraft e King. Le prime sperimentazioni con qualche pagina, poi ho capito di poter azzardare, ed eccomi autrice di racconti lunghi prima e romanzi poi, testi in cui il solo tirare le fila di personaggi creati dalla mia mente, mi ha condotto alla consapevolezza di saper scrivere e di essere in grado di spaziare dal tema horror gotico a qualcosa che fosse più affine ai miei studi e alla mia preparazione. Ciò non esclude che, appena posso, accendo il computer e mi lascio cadere nella tana del Bianconiglio, tra le dita scheletriche della Nera Signora, tra incubi e fantasmi, raccontando le ombre di vite vissute a cavallo di quel limbo che tanti di noi chiamano ancora Follia.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Scrivo ogni volta che sento il desiderio di farlo. Scrivo per ricordare i sogni che faccio, gli incubi che possono essermi di ispirazione per i libri, scrivo quando non ho nessuno che mi ascolti, quando mi sento sola o per condividere la gioia con le persone a me più care. Scrivo quando sono felice e quando sono triste, scrivo perché farlo mi fa sentire viva, perché è una sorta di meccanismo catartico capace di placare la parte più inquieta del mio inconscio e di entusiasmare ogni mio senso. Mattina, pomeriggio, notte, ogni momento è il momento ideale per accendere il computer e lasciarmi trascinare dal vortice della scrittura. E quando riapro gli occhi e vedo pagine e pagine fitte di scrittura capisco che ogni attimo della mia storia è celato tra i filari di quelle pagine. Ma capire dove inizi l'una e finisca l'altra è un altro paio di maniche.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Vivo leggendo e rileggendo i libri pubblicati da Stephen King. Ho iniziato a scrivere dopo essere stata catturata dal suo genio e i miei primi esperimenti ricalcano i suoi dialoghi e il tratto noir di Poe. Chiunque si approcci ai miei libri ritrova in essi un po' di entrambi questi autori che indubbiamente hanno rivoluzionato la mia vita, spalancandomi porte che nessuno, fino ad allora, aveva osato aprire. Sulla distanza ho imparato ad affinare la tecnica e, oggi, posso affermare con una certa sicurezza di aver trovato una tecnica tutta mia, la tecnica Alex May, con dialoghi che ricalcano la realtà e descrizioni ampollose, spesso sarcastiche, anche un po' crude, se vogliamo, ma indubbiamente mie.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Ho pensato che fosse arrivato il momento di scrivere un libro sul femminicidio che uscisse dagli schemi fissi con cui questi testi vengono composti. Non amo le cronache di morte condite con particolari truculenti solo per attirare lettori perversi, di quelle, purtroppo, ne abbiamo anche troppe. Non volevo un libro in cui si raccontassero le vite di donne cadute per mano di compagni, mariti, ex, né un testo in cui l'assenza di speranza prendesse il sopravvento. Abbiamo bisogno di capire cosa si nasconde dietro a questo tipo di omicidi, come si debba almeno tentare di intervenire e di quanto sia un obbligo provarci, un obbligo per tutti noi, perché vincere questa sfida è il compito che la nostra società deve assolutamente proporsi di fare!
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
I miei studi nell'ambito della psiche sono stati la logica prosecuzione degli studi classici affrontati durante gli anni del liceo. Ho studiato molto, sempre incoraggiata dai miei genitori, non ho mai pensato di "dover studiare per forza", ma ho sempre amato farlo. Vedere i miei genitori perennemente impegnati in continui corsi, convegni, congressi, aggiornamenti, mi ha insegnato a capire che nella vita non si finisce mai di imparare e che solo le persone davvero colte e intelligenti sentono il bisogno di non accontentarsi mai e di perseverare, certa che il vero sapiente sia colui che sa di non sapere.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Ho iniziato a scrivere per evadere dalla realtà, per circondarmi di quell'horror che ho sempre adorato e ora, invece, eccomi scrivere di una realtà, ahimè, ben peggiore di incubi e fantasmi. In questo libro racconto la realtà peggiore dei nostri tempi, la pestilenza per eccellenza, l'apoteosi di una società giunta ormai al collasso, ed ecco che per evadere da tutto questo riaccendo il computer perché la tana del Bianconiglio è pronta ad accogliermi e a rigettarmi tra incubi meno reali e decisamente meno paurosi.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Questo libro è plasmato su di me. Sono io in ogni tratto, in ogni riga, in ogni sfaccettatura. Fortunatamente non ho mai avuto esperienze di violenza, ma la mia posizione è accanto alle donne che purtroppo sono state trascinate in questo orrore, il fine di quello che ho scritto è ricordare ognuna di loro, onorare le loro vite e le loro esistenze.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mia madre. La donna più in gamba, più simpatica e bella che io abbia mai visto. La mia migliore amica e la persona che amo di più al mondo.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Mia madre e mio marito hanno letto in concomitanza il mio libro sul femminicidio. So che entrambi si sono approcciati al testo in maniera diversa, cogliendo aspetti diversi e dandomi quindi resoconti molto differenti del libro.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Da lettrice quasi compulsiva non sopporto gli ebook. Amo il profumo della carta, adoro sfogliare i libri, assaporare le parole stampate, fare l'orecchia alla pagina o usare le cartoline come segnalibro. Fosse per me gli ebook sarebbero già un lontano ricordo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia un supporto utile per chi non può leggere un testo a causa di deficit organici. Non credo invece nell'ascolto di un libro in auto mente si va al lavoro... La testa deve essere sul libro e non occupata a cambiare la marcia, frenare, mettere la freccia e chissà che altro. Un libro è una piccola opera d'arte e va trattata come tale.
 
 
 
 

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