1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Soprattutto in alcuni momenti, scrivere per me è come respirare. Io giro sempre con un blocchetto ed una penna dietro, perché l’esigenza di scrivere può manifestarsi nelle situazioni più inaspettate, ed arriva con un impeto tale che è impossibile da placare o reprimere.
Scrivere è vivere appieno me stessa ed il mondo che mi circonda, è approfondire la conoscenza del mio cuore e delle mie emozioni, rendendomi più completa e, in un certo senso, donandomi la pace interiore che non riuscirei a raggiungere senza questo mezzo espressivo.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In questo libro c’è molto della mia storia di vita, delle persone che ho incontrato e delle emozioni che ho provato e con cui sono venuta in contatto. Così come quando insegno mi piace l’idea di mettermi in gioco con gli alunni e renderli partecipi della mia realtà, anche nella scrittura cerco in qualche modo di donare qualcosa di mio al lettore.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo romanzo è stato al tempo stesso un esercizio ed una terapia per la mia anima. Avevo dentro delle emozioni forti, accumulate da esperienze personali e non, che scalpitavano e chiedevano di trovare la loro espressione. La scrittura è diventata la loro strada e la loro meta, aiutandomi anche a riappacificarmi con alcuni aspetti di me stessa che avevo ritenuto a lungo ostili.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Nel titolo del libro è racchiusa un po’ tutta la storia: una storia di difficoltà scomode (la grandine), di una naturale cura lenitiva (il miele) ed infine di una rinascita appena avvenuta, con la speranza di qualcosa di buono (i mandorli, fiori delicati quanto belli, che però vanno ancora innaffiati perché appena piantati). Ho lavorato sulla ricerca dei termini, ma non ho cercato alternative perché ero certa di cosa volessi esprimere.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Adoro i romanzi di Nicholas Sparks (li ho tutti) perché mi trasportano in un’altra dimensione più di quanto possa fare un film, e riescono a smuovere le mie emozioni più profonde. Sono però anche molto legata a “Che tu sia per me il coltello” di David Grossman, libro che rileggerei più volte e che ho anche citato nella mia opera.
6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo senza alcun dubbio. La lettura di un libro non è soltanto un’esperienza visiva: il tatto, i polpastrelli che accarezzano la carta delle pagine, come pure l’olfatto, l’odore di inchiostro e a volte di colla… è tutto parte dell’avventura. Il libro cartaceo è un po’come un portale magico, ti rapisce e ti trasporta in un altro mondo. Inoltre, spesso le pagine di libri letti custodiscono tracce del lettore: un segno di matita, la piegatura di un foglio, la traccia di una goccia di caffè, un fiorellino ormai secco… Tutte emozioni che un ebook non sarà mai in grado di regalarci.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Sono cresciuta circondata da libri ed ascoltando mio padre che scriveva e cantava sonetti durante le cene con amici, ed intorno ai 16 anni ho iniziato a scrivere i miei primi versi. Tuttavia, è stato soltanto dopo la morte di mio padre, quando avevo 24 anni, che ho iniziato a dare più ascolto a tutte le emozioni che provavo dentro e mi chiedevano di uscire. Ho scritto moltissime poesie, qualche favola per bambini, poi racconti, prima brevi e poi più lunghi, finché sono arrivata a questo romanzo. stato un processo spontaneo, semplicemente dettato dal bisogno di esternare alcune idee e sensazioni, senza un vero perché a dettarne modi e tempi.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Ho iniziato a scrivere senza nemmeno sapere che ne sarebbe venuto fuori un romanzo, il primo capitolo è sgorgato dal nulla e all’inizio non sapevo bene cosa ne avrei fatto. Poi, dopo qualche tempo, mi è capitato di passare un giorno delle vacanze di Natale senza fare nulla, pranzando con un panettone sul divano, in pigiama. Ecco, in quel momento ho avuto una sorta di epifania ed ho capito cosa fare con quel capitolo che era rimasto in sospeso. Una curiosità è che ho scritto l’inizio, poi la fine, poi la seconda parte, poi la penultima; solamente dopo una pausa nemmeno troppo breve sono arrivate le pagine centrali della vicenda.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Non avrei mai pensato che questo sogno nel cassetto sarebbe potuto diventare realtà, a volte ancora stento a credere che sia successo per davvero. Sono molto emozionata, e spero che questo possa essere l’inizio di un nuovo meraviglioso percorso per la mia vita.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La mia mamma, che è anche la mia migliore amica e la donna che stimo di più al mondo; ma se mio padre fosse ancora vivo avrei risposto entrambi. È merito loro se ho iniziato a leggere e scrivere già in tenera età, ricordo ancora che quando avevo tre o quattro anni mia mamma mi spronava ad inventare storie, che lei poi trascriveva. Il primo racconto che le dettai narra la storia d’amore tra una lucertola e una lavatrice!
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia sicuramente una grande innovazione, che può giungere in aiuto a diverse persone che hanno impossibilità di leggere o difficoltà nella lettura. Tuttavia, come ogni dono del progresso, temo possa divenire una trappola: nella società di oggi ci si lamenta sempre della mancanza di tempo e si fa tutto di corsa. L’idea di ascoltare un libro mentre si è occupati in un’altra attività non mi piace, mi sembra un compromesso inutile e forzato, un voler togliere spazio a quella che è forse una tra le più magiche delle azioni, leggere.