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BookSprint Edizioni Blog

19 Mar
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Intervista all'autore - Antonio Amoriello

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Parto col presupposto che non sono una persona a cui piace parlare spesso di se stesso e della sua vita, perché piuttosto che raccontare preferisco ascoltare per cercare di imparare o scoprire qualcosa di nuovo e/o interessante. Se dovessi descrivermi in poche parole direi che sono un normale ragazzo che come tutti quanti ha i suoi interessi, idee, abitudini, ossessioni e sogni anche se spesso e volentieri essi sono abbastanza distanti da quelli della “massa”.
Vengo da una famiglia un po' all'antica con valori tradizionali e probabilmente la passione per la lettura è dovuta anche a ciò. Ho iniziato a scrivere poco più di un anno fa, anche se mi è sempre piaciuto conservare e annotare pensieri e idee che mi passavamo per la mente, che leggevo su un libro o che ascoltavo anche da un semplice sconosciuto. Da quel momento ho considerato lo “scrivere” una delle mie cose più belle e intime, a cui dedicare anche gran parte del mio tempo libero e per il quale fare anche importanti rinunce. Sicuramente la maggior parte delle persone non capirà ciò che voglio dire, ma penso che la cosa più importante quando si intraprende o si comincia qualcosa di nuovo sia di non avere rimpianti. E io, da questo punto di vista, non ne ho mai avuti.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ovviamente non c’è un momento o un orario dedicato ai libri e alla scrittura, dipende tanto dagli impegni della vita. Credo che la sera e la notte siano quelli di maggiore fonte di ispirazione per mettere nero su bianco i pensieri che navigano nella mente, mentre la mattina è il momento per riordinarli e provare a dare un senso al tutto. A prescindere dagli impegni, cerco comunque sempre di ritagliarmi almeno un momento per leggere un libro o continuare a scrivere la “storia” che voglio raccontare.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Senza alcun dubbio Giorgio Faletti, che per chi non lo conoscesse (spero in pochi) era il professore carogna di “Notte prima degli esami”. Ho iniziato a leggere uno dei suoi libri quasi per caso qualche anno fa, e ne sono rimasto completamente folgorato per il modo di scrivere, per i suoi pensieri e per i modi geniali che aveva di raccontare le sue storie e di sviluppare gli enigmi. Essendo una persona a cui piacciono poche cose ma tanto e a volte anche troppo, me ne sono “innamorato” immediatamente, e ho da poco finire di leggere il suo sesto libro. Credo che i suoi romanzi mi abbiano aperto un nuovo mondo, e sono stati una delle cause principali per il quale ho iniziato a “scrivere”. I più emozionanti e coinvolgenti a parer mio sono “Io uccido” e “Niente di vero tranne gli occhi”, mentre il più geniale e intrigante penso sia “Appunti di un venditore di donne”.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Dire che il mio libro sia un omaggio a uno dei più grandi scrittori contemporanei, e non solo, sarebbe forse troppo riduttivo nei confronti di me stesso e di tutte le altre variabili che hanno “contribuito” a mettere nero su bianco questa storia. Probabilmente non c’è un vero motivo di fondo per il quale ho scritto questo libro. Forse è stata la passione per la scrittura a spingermi a provare a realizzare un “personale” romanzo, o forse la mia voglia di mettermi in gioco ha fatto sì che per una volta “scendessi” in campo personalmente per mostrare direttamente e concretamente i miei pensieri, e non mi limitassi a fare da spettatore di quelli altrui. Potrei paragonare la mia opera a una qualsiasi persona con uno scopo ben preciso nella vita, perché essa ignora il motivo per il quale è “nata”, ma sa benissimo perché “vive”.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Penso che abbia influito tanto, anche perché credo che ogni persona apprenda tanto dalla situazione in cui vive, facendosi subito un’idea del contesto e sviluppando pensieri positivi e negativi di esso. Anche se allo stesso tempo penso che il tipo di libro che ho scritto e gli argomenti che ho trattato all’interno di esso siano più una conseguenza dei miei pensieri e del mio carattere, piuttosto che del contesto sociale nel quale ho vissuto. Ricollegandomi a questo, forse uno dei pochi rimpianti che ho è la scelta della scuola che ho frequentato, e sicuramente il modo in cui l’ho fatto, non proprio da studente modello, conscio comunque di essere il principale responsabile di tutto ciò. Credo infatti che per quanto riguarda la stesura del libro non abbiano influito molto gli insegnamenti ricevuti quando ero ancora tra i banchi, bensì le persone che ho incontrato e le esperienze che ho vissuto durante la mia vita.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe. Scrivere ti permette di entrare in un “tuo” mondo, e in qualche modo deciderne gli avvenimenti e le sorti, e quindi di evadere temporaneamente dalla realtà. Oltre che poter raccontare le proprie emozioni, idee ed esperienze tramite personaggi e situazioni inventati dalla nostra mente ma realizzati prendendo ispirazione dalla realtà. E infine penso che scrivere sia anche un modo per conoscere più a fondo se stesso, magari scoprendo o riscoprendo degli aspetti che una persona ignorava ma che erano da sempre presenti all'interno di essa. Per questo penso che scrivere un libro sia il viaggio più profondo che una persona possa fare all'interno di se stessa.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tanto. Penso che ogni libro sia il riflesso delle idee, delle conoscenze, e dell’esperienze dell’autore miste alla sua fantasia e alla sua inventiva. La particolarità di tutto ciò è che spesso il lettore non può sapere se i pensieri e i racconti appartengano alla sfera reale o immaginaria, rendendo quindi meno scontate determinate situazioni. I temi principali sono quindi quelli dove l’autore ha o pensa di avere una maggiore convinzione e conoscenza, e grazie ai quali spera di creare un dibattito e un dialogo per far riflettere maggiormente su determinati argomenti, oltre che provare a provocare delle emozioni nella testa del lettore. Riassumendo brevemente, penso che un libro per ritenersi quantomeno sufficiente e degno di essere ricordato debba suscitare tre cose: emozioni, riflessioni e sorrisi.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Le cose fondamentali per la stesura del libro sono state unicamente la mia passione e il mio impegno. Ci sono stati senza dubbio persone, luoghi e avvenimenti che hanno influito e contribuito, ma sono stati semplicemente importanti. Mi riferisco a viaggi in luoghi speciali, dialoghi con determinate persone, letture di vari libri, incontri tanto casuali quanto emozionanti e piccoli ricordi che tornavano nella mente dopo tanto tempo. Tutte queste esperienze mi hanno dato modo di avere in testa una storia da raccontare e di mettermi, come detto prima, in gioco in prima persona.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona a cui ho fatto leggere il mio manoscritto è stata mia madre, perché se lo meritava e perché sapevo che mi avrebbe aiutato a renderlo migliore di quanto fosse. Proprio per questo che la sua lettura è stata più di “lavoro” che di piacere, mentre la prima lettrice “ufficiale” è stata una ragazza che reputo intelligente e conoscente della maggior parte dei temi che ho trattato all'interno del libro, in grado di darmi un giudizio neutro che mi ha permesso di capire come poteva essere visto il mio libro da qualcuno che non mi conosce approfonditamente, e soprattutto di comprendere quali sono gli aspetti da migliorare in vista di eventuali futuri libri.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo e spero di no. Capisco che l’ebook abbia i suoi vantaggi e la sua comodità, ma penso che il “fascino” di un libro cartaceo non potrà essere raggiunto da nessun tipo di “innovazione” di questo genere. In fondo, per le persone come me, l’angolo della propria casa dedicato ai libri è a suo modo uno dei più “romantici” e caratterizzanti di essa.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Se devo essere sincero non ne ho ancora letto uno, e non credo che lo farò, se non per soddisfare la mia curiosità. Come detto precedentemente, penso che il piacere della lettura di un libro cartaceo non possa essere sostituito da altri tipi di modelli. Rispetto ovviamente l’opinione di tutti, anche perché la lettura è principalmente un modo per imparare, conoscere, riflettere e immergersi in un mondo diverso da quello ordinario, e penso che ognuno debba essere libero di scegliere quale sia il modo migliore per farlo.
 
 

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Martedì, 19 Marzo 2019 | di @BookSprint Edizioni

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