1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nata e cresciuta?
Nasco a Genova-Boccadasse, il piccolo cuore bollente in una grande città, altezzosa e magnifica. Vivo lì troppo poco, ma abbastanza per riempirmi gli occhi e il cuore di ricordi che mi seguiranno sempre. Mi dedico con entusiasmo allo studio ed inizio, a Milano, una appagante professione come consulente in campo informatico, che spazia dalla macro analisi aziendale, alla micro analisi procedurale, alla stesura di programmi per grandi e medi elaboratori. La mia attività cessa con l'arrivo dei PC e la conseguente parcellizzazione del lavoro di analisi e programmazione.
Poco male... A quel punto avevo già dato al settore tutto ciò che mi era stato possibile. Ora sono una serena pensionata senza rimpianti che scrive per puro piacere.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
I RAGAZZI DELLA VIA PAL, un concentrato di tutte le esperienze che la vita propinerà loro, passo dopo passo: violenza, antagonismo, senso dell'amicizia, sapore amaro della sconfitta, gioia nella vittoria. Il tutto altamente calcato, durante la lettura, ma dal sapore quasi dolce a libro chiuso, terminato, e tutto inzuppato di lacrime.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Penso che il termine "PERDITA" sia quanto di più azzeccato si possa attribuire alla progressiva sparizione del libro. Il libro. Da toccare, con punti interessanti da sottolineare, con orecchie, per tenere il segno, che lo deturpano qua e là. Il libro che diventa film che insegna e diverte, con pagine consumate dai troppi maneggiamenti nel tornare indietro per rileggere pensieri dai quali non vorremmo staccarci. Il libro. Un amico da conservare tra le cose più care e che, con la sola, casuale lettura del suo titolo riesce a portarci indietro di anni per farci rivivere esperienze sonnecchianti, ma non morte. Ma è solo l'opinione di una anziana che, forse, non riesce ad andare al passo coi tempi proprio su tutto.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Ho capito che scrivere mi piaceva, ed anche tanto, sin da quando, alle elementari, la maestra doveva mettermi premura affinché ultimassi il tema, che riuscivo ad infiocchettare con mille parole, anche se l'argomento era il più semplice, tipo COME HAI PASSATO LA DOMENICA. Crescendo, ho cercato di iscrivermi alla Scuola di giornalismo. Visti i tempi, in cui era convinzione generale che per le donne il grado di scolarità massimo fosse la scuola media, o un bel diploma in ragioneria, ma solo per le geniette, la richiesta di frequentare la Scuola di Giornalismo fece così tanto scompisciare dalle risa i miei genitori che, a volte, ho l'impressione che anche lassù, per divertirsi, ogni tanto rievochino la cosa fra loro. Altri tempi.....
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Certamente il fattore 'pensione', coi suoi lunghissimi periodi vuoti, e tutti da riempire, che divora attività di volontariato, cure verso i nipoti, ritorni di fiamma a pulizie spasmodiche della casa, voglia di rispolverare vecchie ricette di manicaretti su cui ti scagli con la voracità di una leonessa. Nonostante tutto questo, con l'aggiunta della lievitazione delle ore a disposizione per l'aggiunta di buona parte di quelle notturne a quelle diurne, ci si ritrova a chiedersi: "E ora cosa faccio?". È quello il momento in cui fa capolino l'idea di mettersi al PC e di scrivere qualcosa. E, da grande amante del crime, possibilmente qualcosa di molto ma molto giallo. Una spintarella da parte di mio marito, che arriva casualmente una sera a suggerirmi la parte centrale del romanzo, et voilà, il gioco è fatto. Da vecchia cuoca a vecchia che scrive.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Trattandosi di un giallo, l'intento iniziale è stato quello di interessare il lettore e non di inviargli messaggi. Poi, durante lo svolgimento del racconto, ci si accorge che i messaggi arrivano da soli: dalla descrizione dei personaggi e dalle motivazioni che li spingono ad agire. Nello specifico, credo che il lettore finisca per riflettere sulla convivenza, a volte litigiosa, del bene e del male, dentro ognuno di noi. Sulla vitalità di una coscienza che tutti possediamo e che solo una più o meno forte volontà può costringere a tacere. Sul fatto che al male ci si può anche rassegnare, ma con la consapevolezza, se lo si fa, di appartenere alla parte sbagliata dell'umanità. Sulla certezza che solo il bene paga isolandoci da punizioni, divine o terrene che siano, e permettendoci di lasciare un'impronta, anche piccolissima, del nostro passaggio su questo mondo.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Né una cosa né l'altra. È stata una voglia improvvisa, nata quando la mente, liberata dalle preoccupazioni incombenti quotidiane, dovute agli impegni di lavoro e di sopravvivenza, adocchia finalmente spazi liberi in cui poter sfogare l'immaginazione. È stato quello il momento in cui sono emerse voglie dormienti e scordate. La mia, era evidentemente quella di scrivere. Ma non me ne ero mai resa conto.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Sì. Quando ho riscoperto, avvertendolo più vivo che mai, l'odio che nutro nei confronti della violenza fisica, in qualsiasi modo si manifesti. Può sembrare un paradosso, visti i contenuti del romanzo, ma è stata proprio la loro dettagliata descrizione, in cui emerge, insieme al crimine in sé e per sé, come ogni atto violento nasconda un peccato forse ancora maggiore: la vigliaccheria. La vera tipicità del delinquente non consiste nel lanciare il sasso, ma piuttosto nel nascondere la mano, un gesto che rivela tutta la sua meschinità e che lo riduce comunque allo stato di uno squallido quaquaraquà. Stavo ideando, e narrando, situazioni che detestavo, ma la mia stessa indignazione mi ha stupito e fatto piacere. Arrivata alla parola FINE mi sono sentita in qualche modo più soddisfatta di me.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Mai. Mi divertivo sempre di più ad ogni riga scritta. Lo avvertivo come un giallo al di fuori degli schemi, pregno di personaggi a volte improbabili, a volte di ordinaria amministrazione. Ma siccome ritengo che ciò che nella logica comune viene considerato 'improbabile' in effetti, confrontato col quotidiano, assuma il sapore della più banale ovvietà, ho preferito accentuare questo aspetto, invece che cercare di sorvolarlo. Avevo il tempo, le idee e la voglia di seguitare su questa strada. E così ho fatto.
10. Il suo autore del passato preferito?
Amo gli animali. Amo la loro istintività buona, dettata, anche nelle sue espressioni più aggressive, da uno stato di necessità e mai di perverso piacere. Non mi dilungo sulla stima che ho del cane perché non mi basterebbe un tomo da 1000 pagine per descriverlo. Per questo il mio autore del passato preferito è Victor Hugo, questo enorme personaggio, padre del romanticismo, che, dalle foto che ci propongono, sembra nato vecchio, che gli animali li stimava moltissimo, ed ai quali ha dedicato aforismi stupendi, come quello che recita: "Fissa il tuo cane negli occhi e tenta ancora di affermare che non ha ''un’anima". E poi non dimentichiamoci l'umanità e la potenza de “I Miserabili” o la tragicità angosciante de “L'Uomo che Ride”. Ho letto Hugo per anni, sempre con entusiasmo e con la voglia di non smettere
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
C'è certamente un trasferimento di emozioni dall'attore che recita all'ascoltatore, e quindi lo giudico più vivo di un eBook. Ma niente a che fare con un libro, dove le sensazioni sono quelle che si creano dentro il lettore e dove gli ambienti, i visi dei personaggi, le situazioni ambientali sono quelli che la nostra immaginazione compone, come un puzzle, a mano a mano che si procede con la lettura. Niente piatti pronti, ma cucinati da noi con la lentezza e la cura che richiede la preparazione di un buon pasto.