1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi chiamo Franca Peloso e sono nata ad Aosta il 26 gennaio 1944. Ho completato gli studi universitari alla Facoltà di Economia e Commercio di Torino con 110 e lode. Ho insegnato per 11 anni, poi, riscattando i 4 anni di università ed approfittando dei 5 anni "regalati" alle donne coniugate con figli, sono andata in pensione dalla Scuola I. Manzetti di Aosta ove insegnavo Ragioneria per dedicarmi ai miei due figli, Alberto e Laura, e per aiutare in studio mio marito, avvocato in Aosta. Ho sempre amato a scuola l'italiano e in un tema sul Leopardi ho preso un 10.
Da 5 anni soffro per 4 vertebre rotte e una lombosciatalgia cronica e perciò sono sovente a letto e penso molto. Quando mi alzo, scrivo al computer le mie riflessioni. Ho già scritto un libro che racconta la mia vita, dalla nascita al matrimonio, dedicato ai miei figli e corredato da molte fotografie che sono riuscita a rintracciare con opportune ricerche. È stato un lavoro certosino ed è basato su racconti di papà, di mia sorella Leda che, avendo 8 anni più di me, mi ha fatto da mamma (i miei hanno avuto 5 figli) e da mia madre sul letto di morte. È un testo autobiografico molto riservato perché contiene le gioie, i dispiaceri, i sacrifici fatti per arrivare alla laurea, che mi sono conquistata sempre con borse di studio durante tutta la mia carriera di studentessa, rinunciando sovente alle gioie della adolescenza e della gioventù per studiare. IL libro l'ho fatto stampare direttamente io, con un aggravio di spese notevole a causa delle numerose fotografie da inserire nel racconto, e ne ho fatte stampare 10 copie soltanto: tre per la mia famiglia; una per Don Fausto, un amico fraterno; una per i cari amici Arturo e Iole di Torino; una per la mia preside e professoressa Augusta Cerutti, che mi ha sempre voluto tanto bene e che mi ha seguito nella preparazione della tesi sull'emigrazione valdostana all'estero, un argomento sperimentale che ho completato facendo il topo di biblioteca e sfogliando le varie riviste che trattavano l'argomento della mia tesi di laurea, considerato che non esistevano ancora bibliografie che trattavano l'argomento; una per i cari amici Piergiorgio ed Eliana Martinet. Me ne rimangono 3 copie. Ho fatto leggere il libro a pochissime persone, quelle a me più care. Ho sentito il bisogno di scrivere questo libro affinché i miei figli, ai quali è dedicato, ne conservino un ricordo.
Considerato il successo di questa prima prova, ho iniziato e praticamente ultimato il racconto della mia vita, dal matrimonio ad oggi ed anche questo libro sarà dedicato ai miei figli. Sto tentando di reperire, tra le tantissime foto fatte, quelle più significative. Il bisogno di lasciare un ricordo ai miei figli mi ha spinto a scrivere.
Poi mi sono cimentata nel romanzo "La vita oltre la morte", che è nato dall'ascolto di un'intervista appreso alla televisione sulla fecondità assistita e l'utero in affitto. Trattava di una madre che si era fatta impiantare nell'utero un ovocita fecondato dallo sperma di un donatore, ovocita appartenente ad una figlia. Il fatto mi ha portato a riflettere sulle possibili conseguenze morali di tale atto ed intorno a questo avvenimento ho svolto il mio racconto.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Di giorno appunto sul computer le riflessioni che mi vengono in mente, riflessioni che sviluppo poi di notte (soffro di insonnia a causa del male), quando lavoro nel silenzio e nell'intimità della mia casa.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
BIAGI.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata per attirare l'attenzione della gente sull'impianto nel proprio utero di embrioni estranei. Tutti parlano delle conseguenze dei futuri genitori, pochi riflettono sul bambino che nascerà, bambino che fin dal concepimento instaura con la madre biologica sentimenti di amore che entreranno nel suo DNA e che l'accompagneranno per tutta la vita, a mio modesto avviso.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Molto. Anch'io ho avuto esperienze come l'eroina del mio romanzo, tranne che per le gravidanze che sono state regolari, tutte con mio marito. Ho sofferto di depressione, ho perso 2 figli per aborti spontanei, uno al 5° mese e ne ho sofferto molto perché desideravo una famiglia numerosa. Il catechismo, l'approccio della figlia alla musica classica, la semplicità e la mancanza di attaccamento al denaro, la spiegazione alla figlia dell'arrivo dei gemellini e la loro morte sono miei, nati dal mio vissuto quotidiano. Si può dire che l'opera è per tanti tratti autobiografica.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È un modo per raccontare la realtà, senza romanzarci troppo sopra.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tantissimo, come sopra ho indicato. Molte esperienze della mia eroina Ann appartengono al vissuto della mia vita.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno, se non il desiderio di ricordare ai lettori parte della mia vita.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mio marito il quale l'ha trovato bello. È per questo che ho pensato alla pubblicazione dello stesso.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sì.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È una cosa molto importante, che avrà senz'altro un grande successo.