1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Direi che sono fondamentalmente un curioso e la curiosità è, in fondo, il motore della mia vita. La curiosità di conoscere mi ha portato a laurearmi in Medicina, poi a specializzarmi in Igiene e poi, ancora, a conseguire un dottorato di ricerca. Probabilmente, potendo avrei continuato gli studi perché, per fortuna, quella curiosità non si è mai assopita.
Oggi continuo a coltivare le mie curiosità nel mondo del lavoro e, al di fuori, nella vita privata. Leggo molto e soprattutto ho tanti hobby che mi accompagnano e che spaziano dal bonsaismo alla pittura, attraversando la passione per l'etologia e per la natura in genere.
Vengo da Palermo e questo probabilmente la dice lunga sulle tante contraddizioni che vivono in me esattamente come accade nella città che mi ha dato i natali. Palermo è forse il massimo dell'anarchia organizzativa e riesce a farsi odiare ed amare allo stesso tempo come soltanto insani di mente sanno e possono fare. Non so se quando ho iniziato a scrivere "Al confine dei sogni" ci fosse la consapevolezza di voler dare vita ad un racconto ma, di fatto, mi son ritrovato con il manoscritto senza quasi neppure capire come. Probabilmente non ho mai deciso di diventare scrittore ma forse lo sono diventato, un po’ per caso, senza nemmeno volerlo.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Scrivo tutti i giorni per lavoro ma non è narrativa. Per quest'ultima ci vogliono tranquillità, silenzio, ispirazione e, forse, un po’ di nostalgia. O forse no. Forse è solo la voglia di dare vita a delle emozioni e saranno poi quelle a dare l'anima alle pagine . In questo senso direi che la sera è il momento migliore per tirare fuori quello che la giornata ha ispirato.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Emanuele Amodio naturalmente. Ma non io... lo scrittore venezuelano. Scherzi a parte, direi Paolo Giordano.
4. Perché è nata la sua opera?
Dovrei chiederlo al mio inconscio ma purtroppo abbiamo ancora un rapporto turbolento. Però posso provare ad interpretare. Direi che probabilmente un insieme di suggestioni/riflessioni hanno improvvisamente preso vita concretizzandosi nei 4 protagonisti e nelle loro storie. Sono storie di fantasia ma probabilmente molto più verosimili di quanto si possa pensare.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho sempre pensato che un'opera non possa che essere figlia del contesto sociale/storico/culturale in cui vive l'autore. Sono certo che la stessa cosa varrà per quanto raccontato ne "Al confine dei sogni". In fondo, le diverse tematiche trattate, come la caducità del concetto di giustizia, i conflitti tra fede ed ateismo o l'evoluzione dei rapporti affettivi in un'epoca sempre meno monofamiliare, non sono altro che figlie di dibattiti particolarmente accesi negli ultimi decenni.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Probabilmente entrambe le cose. Si scrive spesso di cose non reali, evadendo dalla stessa ma traendone spunto ed è assolutamente normale che le due componenti siano presenti in un'opera. D'altra parte se si raccontasse la realtà si farebbe un'opera giornalistica mentre se si escludesse la stessa si approderebbe a lidi fantascientifici.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Senza dubbio c'è tanto di me. Quello che non è mio è invece frutto dell'interazione con le diverse persone che ho incrociato nella vita. Non a caso ho pensato di dedicare le mie pagine proprio a coloro che, in un modo o in un altro, hanno alimentato le parti in cui non ho espresso il mio pensiero.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
La domanda mi riporta alla mente tanti volti, ma non posso dire che qualcuno di questi abbia avuto l'esclusività.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A me stesso. Esattamente un anno dopo averlo scritto. Un anno alle volte ci cambia parecchio e varie parti del romanzo sono cambiate esattamente come il sottoscritto. Ritengo sia il modo migliore per rivedere la propria opera valutandola quasi da estraneo.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Da romantico direi di no. L'ebook è un ottimo incentivo alla lettura, un grandioso strumento per economizzare e favorire la diffusione della narrativa. Ma manca di romanticismo. Nell'ebook mancano i sensi. Manca l'olfatto della carta appena stampata o lievemente ammuffita, manca il tatto delle pagine che scorrono, la vista dei caratteri un po’ sbiaditi. Manca l'anima per intenderci. Quando scomparirà definitivamente la carta probabilmente l'essere umano avrà perduto qualcosa senza nemmeno essersene reso conto.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Direi che era il "senso" che mancava al libro tradizionale. Avete mai provato ad ascoltare Arnoldo Foà leggere uno dei Canti di Leopardi o le poesie di Neruda. Se non l'avete fatto non privatevi di una tale emozione. Beh, quando l'audiolibro riuscirà a "leggere" la sonorità ricercata dall'autore allora il lettore potrà davvero completare il proprio quadro percettivo dell'opera.
PS Mancherebbe il "gusto" ma anche per questo sono certo che prima o poi ci si attrezzerà!