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27 Dic
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Intervista all'autore - Selene Norvik

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Ho sempre amato scrivere, da quando ho imparato praticamente. Il mio primo romanzo, se così possiamo chiamarlo, l'ho scritto al liceo per un concorso scolastico che vinsi . Era un romanzo giallo ambientato nella Scozia di fine '800.
Poi le vicende della vita mi hanno portato a fare altro e non ci ho pensato più per tanto tempo.
Due anni fa, in un momento particolarmente difficile della mia vita mi sono avvicinata al volontariato ed ho conosciuto nelle associazioni per le quali prestavo il mio tempo libero, storie di donne diverse tra loro per ceto sociale, razza, cultura ma accomunate da una sola parola: violenza. Tutte con una maschera, una corazza a protezione delle proprie sofferenze fisiche, psichiche o addirittura aberranti. I miei problemi mi sono sembrati stupidi, insignificanti e soprattutto mi sentivo inadeguata nel sapere come aiutarle a dire basta, a denunciare. Delle loro storie ho fatto un romanzo che le racchiude tutte in una sola storia ed una sola protagonista, Cristina. Ho deciso di dare il mio compenso ad una delle associazioni che aiutano queste donne con psicologi, avvocati e quant'altro, con la speranza che in chi leggerà questo romanzo sorga il desiderio di fare qualcosa di concreto e non assuefarsi, come sta succedendo, quando quotidianamente sui media si parla dell'ennesimo femminicidio, di cui, stranamente, nessuno si è mai accorto. "Erano una bella coppia, sembravano innamorati, tranquilli” ecc. Ipocrisia e menefreghismo.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Una piccola parte mi riguarda poiché anch'io in modo diverso ma non per questo meno doloroso ho subito violenza, psicologica. Ho subito mobbing, io che svolgo un lavoro fino a pochi anni fa prettamente maschile. Oggi, nel 2018, esiste ancora il maschilismo. Per 30 lunghi anni mi sono battuta anche legalmente, ed ho vinto, ma quanto mi è costato? Nessuno mi ha ascoltato né aiutata, anzi, le prime a venirmi contro sono state proprio le donne ma io ho lottato, ho sofferto non solo io ma anche la mia famiglia che avrebbe voluto che io mi arrendessi. Vorrei che nessuna donna si arrendesse mai e che tutte insieme decidessero, con un fronte comune, di lottare contro uomini fragili perciò violenti prima denunciandoli e poi perseguendoli con pena c'era però è soprattutto severamente. Sì. Ho tanta rabbia dentro per cui ho deciso di mettere penna su carta e nel mio piccolo dare un messaggio che spero possano recepire coloro che leggeranno questo libro.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
La liberazione di una donna che ha detto no, io non ci sto. Io non ho paura, non mi distruggerete perché so di essere più forte.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Sì. Ho cambiato più volte il titolo poiché per ogni storia da me seguita ed ascoltata trovavo un titolo diverso. Poi ho scelto l'unico valido per tutte. Queste donne volevano solo amore.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Kahlil Gibran, scrittore, poeta libanese che mi ha affascinato e che cito più volte nel mio libro.
 
6. Ebook o cartaceo?
Preferisco il cartaceo. Sentire il ruvido del foglio di carta ed il fruscio della pagina ogni volta che leggo un libro, è secondo me incomparabile. Riprenderlo, accarezzarlo o rileggerlo ogni volta si voglia farlo. I libri sono la storia passata, presente e futura, preziosi sempre soprattutto per le generazioni future.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Come ho già detto, da sempre, ma materialmente quando mi sono ribellata ad uno status odierno dove l'indifferenza, l'egoismo e l'ipocrisia la fanno da padrone.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea nasce quando assisto ad un tentativo di transfert da parte di uno psicanalista su una donna particolarmente provata psicologicamente chiedendole di scrivere tutto ciò che le passa per la mente senza necessariamente farlo leggere ad alcuno. Quella donna ha fatto leggere a me i suoi sentimenti, i suoi dolori messi su carta. Ed io ho deciso di farle quella voce che lei non ha mai trovato.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
All'inizio incredulità, magari perché ci si ritiene inadeguati, incapaci. Poi le critiche, che nel mio caso e del tutto inaspettatamente sono state positive, allora senti che il tuo sogno si è realizzato e magari pensi al prossimo sogno. Il mio è quello di ricavarne una sceneggiatura e mostrare prima, e non dopo, nelle trasmissioni televisive, ormai inutili, ciò che effettivamente può essere la vita di queste donne lasciate sole dalla società del terzo millennio.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Il mio migliore amico, che ritengo il mio Grillo parlante come dico io. Quello di Pinocchio che dice quasi sempre che stai sbagliando in qualcosa. Stavolta lui mi ha detto che ce la potevo fare dandomi la spinta giusta a provarci.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo che leggere più che ascoltare sia più opportuno soprattutto come succede a me, spesso, di voler rileggere un pezzo, un capitolo, un brano.
 

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Giovedì, 27 Dicembre 2018 | di @BookSprint Edizioni

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