1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Potrei rispondere parafrasando Laura, la protagonista del mio libro.
Quando scrivo sto in compagnia di me stessa; meglio, di quelle molte me stessa che non hanno avuto l'opportunità di esistere, o che io non voglio esistano nella vita reale, ma che trovo affascinanti. Quelle che, insomma, mi sono comunque simpatiche.
L'emozione che provo, quindi, è di essere "plurima"!
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto. C'è molto di me e del mondo che mi circonda; naturalmente sotto mentite spoglie, perché "Quando i tempi sono maturi" è un romanzo lontano dal genere autobiografico.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
É stata una sfida ma anche un gioco, il piacere di dare voce a un bisogno, la soddisfazione di realizzare qualcosa di tutto mio.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
No, non ho avuto incertezze. È di certo un titolo non elegante e scarsamente lirico, ma rappresenta con efficacia la chiave di lettura della storia.
Penso sia il titolo giusto.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Uno dei primi temi che ricordo di aver svolto alla scuola elementare (cinquant'anni fa) mi invitava a scegliere i cinque oggetti che era permesso di portare in un ipotetico viaggio a bordo di un'astronave!! Mentre degli altri ho perso memoria, sono certa che uno, tra i cinque, era un libro.
Alla sua domanda oggi rispondo: “I romanzi di Tracy Chevalier, perché catapultano in epoche passate attraverso personaggi di estrema attualità. In particolare vorrei con me "Quando cadono gli angeli" (non mi ero accorta fino ad ora della suggestiva somiglianza tra questo e il titolo del mio romanzo!): racconta di donne travolte, o coinvolte, nel processi di emancipazione femminile, in Inghilterra, nei primissimi anni del '900.
6. Ebook o cartaceo?
Decisamente cartaceo. Anche se mi rendo conto che i tempi cambiano e bisogna, almeno in parte, adeguarsi.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non l'ho deciso, tuttora. Diciamo che ho dato spazio al mio io e ho deciso di rischiare di condividerlo con gli altri. Se si esiste solo per se stessi, è come se non si esistesse.
Ma se sono uno scrittore (una scrittrice?!), ancora non lo so.
Scoprire di esserlo sarebbe bello.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea è nata dieci anni fa dopo un periodo molto difficile. Era, in realtà, soltanto un breve racconto; più precisamente il canovaccio di un racconto. Lo feci leggere a una collega che cortesemente mi disse "carino". Così capii che non valeva nulla e lasciai perdere.
Ormai però "la pulce mi era entrata nell'orecchio": nel tempo la bozza ha preso forma e si è dilatata.
Penso che oggi il mio romanzo possa tentare il volo.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Sono contenta. E curiosa.
Naturalmente ho anche paura di deludere le aspettative delle persone che mi vogliono bene (le mie penso di poterle gestire).
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Contemporaneamente l'hanno letto un'amica, da cui mi aspettavo una critica discreta ma anche lucida e puntuale; e mia figlia, che invece reagisce "di pancia" e con me è solitamente spietata. Avuta la loro complessiva approvazione l'ho sottoposto a mio marito, che è un giudice severo.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Pieno appoggio. Nel mio lavoro di insegnante è diventato uno strumento importante di compensazione per diversi disturbi dell'apprendimento; quindi in effetti una nuova frontiera della didattica.
A livello personale invece mi affascina in quanto forma "di ritorno al passato", perché, per quanto non sia giovane, faccio già parte della generazione dei figli di mamme lavoratrici: le favole le dovevo ascoltare dal "giradischi".