3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ e-book?
Penso che è un processo inevitabile ma non così travolgente come si vuole fai credere. Con i libri elettronici si risparmiano soldi, spazio, carta e si può regolare la grandezza del carattere. Ma il cartaceo, dalla sua, è un'esperienza sensoriale molto più piacevole: prendere un libro in mano, sfogliarlo, stare attenti a mettere il segnalibro, notare lo spessore delle pagine che ancora dobbiamo leggere, passare ore in libreria a spulciare tra i vari titoli, tenere il volume sullo scaffale per spirito di possesso o collezionismo o per fare l'acculturato con gli ospiti... C'è un che di romantico in tutto questo.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Per me è un amore ponderato: è cominciato con calma dopo vari tentativi e procede con alti e bassi verso il costante miglioramento, finché non sarà la consolazione della mia vecchiaia.
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Ero deluso dai miei primi romanzi, perché erano troppo personali e potevano essere interessanti solo per me, oltre a mancare di originalità. Così avevo intenzione di scrivere qualcosa di assolutamente originale, che avesse le carte in regola per poter fare la storia. Qualcosa di stupefacentemente folle. Volevo sbalordire il mondo. Ho voluto puntare al nonsenso e alla satira e ho deciso di portare entrambi ai massimi stadi. Il risultato è stato questo romanzo in cui la logica di causa-effetto che concatena gli eventi viene fatta saltare totalmente, la realtà si fonde con la fantasia e niente ha un perché. Un super-fantasy-satirico-barocco-trash, un bizzarro-fiction.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Il messaggio che potrebbe inviare al lettore è che niente che ci accade ha senso e che non abbiamo nessun potere sulla realtà, ma, citando Eric Powell, "certe volte una scenetta in cui un semplicione gioca con le sue feci e poi viene fatto fuori è solo una scenetta in cui un semplicione gioca con le sue feci e poi viene fatto fuori".
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Non è mai stata un sogno nel cassetto: già da piccolo amavo leggere e leggevo tantissimo. Potevo passare pomeriggi su un libro. A dieci anni e mezzo ho preso la penna in mano e ho iniziato a stendere il mio primo romanzo. Da lì è stata una crescita continua, in cui alla mia passione per la lettura si è affiancata quella per la scrittura.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Nessuno in particolare. Ricordo che ridevo da solo come un idiota mentre lo scrivevo e basta.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
No, mai. Ho creduto fino in fondo in questo progetto e mi divertivo troppo sia a scriverlo sia a pensare alle possibili reazioni dei lettori. Ho avuto più dubbi sulla pubblicazione: volevo trovare l'Editore più adatto per questa patata bollente, un Editore motivato che avesse voluto credere in me e investire nel mio progetto; e per fortuna l'ho trovato.
10. Il suo autore del passato preferito?
Lewis Carroll, senza dubbio. Voleva scrivere un libro per bambini e ha partorito un capolavoro rivoluzionario. Un genio senza saperlo.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia più comodo e intimo leggere un libro anziché ascoltarlo, per esempio per potersi soffermare su una frase che ci ha colpiti, per avere la libertà di immaginare le voci dei personaggi, per il piacere di scorrere le pagine e tanti altri aspetti che non si possono apprezzare con il solo ascolto. Tuttavia, credo che sia una risorsa importante perché permette anche a chi non vede bene di avvicinarsi alla lettura.