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BookSprint Edizioni Blog

28 Ott
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Intervista all'autore - Achille Signorile

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Scrivere è un dialogo con se stessi e con un popolo immaginario di ascoltatori. Quando rileggo le pagine da me scritte, se le trovo ben fatte e capaci di accendere sentimenti, emozioni, ricordi, esperienze e anche speranze, mi commuovo e mi dico che val la pena continuare.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Molto. Il racconto “Abbiamo fatto tutto” è totalmente autobiografico. Ma anche “Più grave di un infanticidio” riflette una vicenda vissuta con particolare partecipazione. Io non credo che uno scrittore possa fare a meno di attingere alla propria vita reale situazioni e passioni: non avrebbe pathos, altrimenti e non potrebbe trasmetterlo agli altri.

 


3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Innanzitutto credo che la forma dei racconti aiuti la gente a leggere. Il fatto che ogni vicenda si apra e chiuda nell'ambito di un racconto supera quella sorta di pigrizia mentale che allontana il possibile lettore dal romanzo, dove occorre invece catalogare personaggi e vicende che spesso sfuggono quando si interrompe la lettura e la si riprende più tardi. Anche io mi sono formato al racconto: Boccaccio, Renato Fucini, Giovanni Verga, Kafka, Bacchelli, Arbasino, Buzzati, Ginzburg, P'u Sung-Ling (tanto per citarne alcuni) sono stati i miei maestri.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Il titolo ripropone quello di uno dei racconti, un thriller vero e proprio, in cui alla vicenda si sommano le credenze popolari ad alcuni risvolti giuridici. No, non è stato difficile dare un titolo al libro.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Il libro che porterei con me: I Canti e le Operette morali di Leopardi; lo scrittore: Dan Brown. Il primo, perché non v'è poeta più profondo e universale di Giacomo Leopardi e leggerlo, rileggerlo mi riempie spiritualmente; il secondo perché è intrigante, sempre affascinante e non stanca mai.



6. E-book o cartaceo?

Il cartaceo. Ho provato a riempire di libri il mio kindle, ma non ho avuto le sensazioni che si scoprono tenendo un vero libro tra le mani: il fruscio e l'odore della carta, il contatto con le dita... sono esperienze insostituibili. L'e-book va bene in ospedale, quando la sera non puoi avere le luci accese per non dar fastidio agli altri ammalati e la lettura sul kindle è un buon palliativo.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

È una decisione che non ho preso. Sin dalle scuole elementari sono stato invogliato a scrivere da chi affermava che io avessi un dono naturale per lo scrivere. E ho sempre scritto: racconti, temi, recensioni, critiche, poesie, romanzi. Ma mi hanno sempre deluso gli editori che respingevano i miei manoscritti senza averli nemmeno letti o mi chiedevano troppi soldi per pubblicare. BookSprint e Vito Pacelli sembrano aver fiducia in me e io finalmente mi fido del loro splendido staff.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Questo libro non è un romanzo, ma una raccolta di 15 racconti. Chi mi ha spinto a farne un libro è stata mia figlia Marcella che, leggendo per caso la cronaca dell'intervento di by-pass aortocoronarico da me subito nel 1991 a Bergamo, mi ha detto: «Babbo, ma è bellissimo! Perchè non lo pubblichi?» Ed eccomi qua.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Un misto di orgoglio e di soddisfazione: ma anche il desiderio di scriverne altri e, purtroppo, rendersi conto che ormai alla mia età il tempo fugge troppo velocemente!



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Mia cognata Bianca Gazzillo, un medico di Caserta, grande divoratrice di libri, che mi ha anche fornito qualche suggerimento pratico e mi ha invogliato alla pubblicazione.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Non l'ho mai sperimentata. Temo tuttavia che non abbia molta prospettiva, perché l'audiolibro eccita un solo senso, dei cinque di cui siamo forniti: l'udito, con esclusione della vista, del tatto, dell'olfatto e del gusto. Considerato, perciò, che ciascuno dei nostri cinque sensi è in grado di stimolare il 20% della nostra attenzione, l'audiolibro, stimola solo il 20% delle nostre capacità di apprendimento e di memorizzazione. Che differenza con il libro di carta che, invece, sollecita ben l'80 per cento della nostra intera sensibilità!

 

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