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27 Ott
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Intervista all'autore - Silvia Messina

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Su due piedi non saprei definirmi secondo linee precise, ma semmai si possa fare un riferimento psicologico, il test della tipologia di Jung (sviluppata da Myers, Briggs, Von Franc e Van Der Hoop) rivela che la mia personalità è quella di mediatore: introversa, intuitiva, sensibile e percettiva. Nella mia vita la psicologia, come scienza, ha influito e influisce in modo particolare tanto quanto la letteratura, insieme alle discipline umanistiche in generale. Ci tengo a specificarlo perché la maggior parte di ciò che scrivo, o in ogni caso l'impostazione con cui scrivo, scaturisce dalla mia formazione umanistica, impregnata di riferimenti sì letterari, ma in larga parte anche psicologici, antropologici, sociologici, pedagogici, filosofici, storici e artistici. Ed è così che la descrizione emozionale si fa sì soggettiva, riferitasi al soggetto e quindi particolare, tuttavia non oggettiva eppure quasi universale, così come lo sono le emozioni. Sono nata e vivo in Lombardia, ma ho origini meridionali. Non mi sento legata particolarmente al luogo in cui vivo, ma posso dire di provare un'accentuata affezione verso la mia nazionalità: ammiro la cultura italiana, vi nutro orgoglio e apprezzo quanto da essa è scaturito. Sin da piccola nutro passione verso la scrittura e ho meditato di trasformare questa passione in una vera e propria professione all'inizio della mia adolescenza, ma negli anni, anche grazie e a causa delle mie esperienze, la mia potenziale decisione è sfumata per dar spazio a una prospettiva più realistica, indirizzata verso le scienze umane (la psicologia, appunto). La scrittura come passione e come mezzo d'espressione artistica, tuttavia, rimarrà sempre una parte fondamentale della mia persona.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Non c'è un momento preciso; mi dedico alla scrittura quando mi sento ispirata. Scrivo in base a riflessioni interiori stimolate dall'ambiente esterno, dalle mie esperienze: scrivo riflettendo su ciò che leggo, studio, imparo, guardo, sento, che tocco e da cui vengo toccata, se vogliamo; in sintesi, riflettendo sulle realtà che vivo.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Non ne ho uno preferito, perché tendo a riferirmi a molteplici personalità del mondo letterario, ma se proprio debba citarne qualcuno, allora menziono Alessandro Baricco per la prosa e Wisława Szymborska per la poesia; in generale, come genere, apprezzo particolarmente i saggi.



4. Perché è nata la sua opera?

La mia opera è una raccolta di poesie scritte da quando ero appena un'adolescente sino a oggi, che l'adolescenza sta volgendo per me al termine; essa è nata dal mio desiderio di ottenere una sorta di riconoscimento culturale (e sociale, se vogliamo), un traguardo, la linea di transizione tra una fase della mia vita giunta al termine (l'adolescenza), a una diversa giunta all'esordio (la prima età adulta).



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

In generale il contesto sociale nel quale un individuo si forma è determinante, infatti da esso possono dipendere, ad esempio, i registri linguistici. Nel mio caso, la mia formazione non è avvenuta e non avviene in un contesto sociale particolarmente altolocato, per così dire; eppure, in qualche modo, ho avuto accesso a un repertorio culturale più che modesto: in parte grazie all'agenzia educativa quale la scuola, in parte grazie alle mie attitudini verso le discipline umanistiche e per questo, in conseguenza, grazie al mio interesse verso la letteratura e, più in generale, verso la cultura, intesa sia in senso proprio, sia in senso lato.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Scrivere è entrambe le cose: scrivo per evadere dalla realtà quando mi va stretta, ma scrivo anche per raccontarla, positivamente o negativamente che sia.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Di me c'è tanto; anzi, direi proprio ci sia tutto. In ciò che ho scritto ci sono le mie sensazioni, le mie emozioni, i miei sentimenti; c'è la mia personalità, i miei processi mentali, le mie sfere personali: quella fisica, quella affettiva, quella cognitiva e quella sociale. Ci sono io e ci sono gli altri, ma visti dal mio punto di vista. Ci sono i miei valori, per quanto questa società di oggi ne sia ormai perlopiù sprovveduta, e quindi l'amore, l'empatia, la solidarietà, l'onestà, la responsabilità, la bontà, la bellezza, i cui confini separanti gli uni dagli altri non è facile definirli, perché nessuno di essi preclude l'altro.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Sì, in fondo qualcuno c'è sempre. E se non è qualcuno, è qualcosa.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

In generale, in questi anni, ho raccolto le mie poesie su un blog in rete, ma le ho fatte leggere senz'altro a familiari e conoscenti più stretti.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

In mia opinione, niente potrà sostituire l'odore della carta, la sensazione di tenere un libro tra le mani, poterne manipolare il testo e farlo proprio. Per me no, l'e-book non è il futuro della scrittura; senz'altro non è il mio futuro.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

In merito all'audiolibro posso dire sia senz'altro già più interessante rispetto all'e-book.

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