2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
I primi tempi, scrivevo di notte. Oggi, preferisco farlo durante la giornata, possibilmente con una luce naturale. Mi metto in un angolo o in mezzo alla gente; non ho problemi ad isolarmi mentalmente.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Bella domanda. Leggo scrittori contemporanei come Lehane, DeLilllo, Andrew Pyper, Mary Higgins Clark; tra gli italiani, Mauro Corona e Giovanni Del Ponte. In assoluto, però, Stephen King. Carrie, A volte ritornano, It, Il Bazar dei brutti sogni: sono tutti straordinari. On Writing, per me, è comunque il vero capolavoro. Saggio, biografia, elementi scrittura; si tratta di una lettura/manuale avvincente e memorabile. Vuoi essere un tizio bravo a scrivere? Ok, leggilo! Altro capolavoro, il suo Danse Macabre (scritto intorno agli anni ottanta), dove si fondono film e romanzi, consigli di vita e racconti di ogni tipo. Forse è meno maturo di On Writing, ma a tutti gli effetti, rimane un classico capace di coinvolgere come poche cose.
4. Perché è nata la sua opera?
Difficile dirlo; forse è stato un bisogno.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il contesto sociale è importante. Il mio, è quello della cosiddetta middle class: papà artigiano, mamma insegnante. Ho una casa normale, un ampio giardino e vivo in una cittadina – San Martino di Lupari – con pregi e difetti. E non cambierei nulla. Ci si può lamentare di tutto, ma essere nato in una famiglia come tante, prima di tutto, vuol dire ricordarsi delle proprie origini. Musicalmente parlando, perché Springsteen non passa mai di moda? Per un motivo molto semplice: per quanto bravo, famoso e di successo, non ha mai dimenticato il suo quartiere, la sua casa e le sue umili origini. Questo, lo rende davvero grande. Ecco, con tutti i limiti, appartenere alla middle class non è poi così male.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Saper scrivere, è seducente. Almeno, così scrive Stephen King. Però, scrivere, è anche faticoso; non è molto diverso dall'essere un buon idraulico o un lattoniere. In entrambi i casi, se fai male il tuo lavoro o lo esegui in maniera approssimativa, ti trovi la casa allegata. A qualcuno viene facile scrivere, ma farlo bene, vuol dire saper padroneggiare la grammatica e tanti altri elementi. Tutti sbagliamo, ma scrivere un testo vero, coerente ed ordinato, richiede impegno. Quando andavo a scuola, non amavo particolarmente le lezioni di grammatica. Oggi, colleziono libri di grammatica, vecchi e nuovi. Forse, andrebbe spiegata meglio, cercando di far comprendere l'importanza della materia. Ovvio, ci vuole allenamento, ma quando abbiamo dei dubbi, dobbiamo ricordarci - prima di tutto - che la grammatica è quel bastone che ci permette di stare in piedi. Solo così, si potrà raccontare la realtà o modellarla secondo il nostro gusto.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Diciamo che mi accomuna qualcosa a Roy. Lui, però, è molto più positivo e ottimista. Sicuramente, ha una maggiore disponibilità economica, ma non posso troppo lamentarmi.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Aver assistito ad una lezione/incontro con Pupi Avati, mi ha portato a mettermi in gioco. A Cittadella (PD), in una sala del Patronato gremita di persone, ho potuto ascoltarlo; le sue parole (e il suo umorismo), mi hanno spronato a riprendere in mano lo scritto. Anche per questo, ho voluto ringraziarlo.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Se non ricordo male, credo sia stato mio fratello. Poi, in ordine, sono arrivati mamma, zio, qualche cugino ed infine due/tre piccoli editori nel Veneto.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?
Non leggo (per ora) gli e-book, ma forse è solo una mia pigrizia. Uso poco Internet rispetto al passato, ma ritengo che leggere - con qualsiasi formato - vada comunque bene. E poi, avere più scelte, penso sia un vantaggio per tutti.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo che sia una bella opportunità, forse poco sviluppata nel nostro paese. Una volta, mi capitò di vedere uno dei tanti Talent in televisione; il primo premio consisteva nella pubblicazione del proprio romanzo. Il programma non era certo memorabile e ricordo che Aldo Grasso - critico del Corriere della Sera -, a parte stroncarlo, fece notare come i concorrenti che leggevano i propri scritti spesso risultavano imbarazzanti. E di sicuro, non facevano un buon servizio all'editoria italiana. Scrivere bene è un conto, leggere richiede altre doti. Ecco che, un libro letto in maniera egregia, potrà solo migliorare l'esperienza.