3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Ha significato dare vita a qualcosa che avevo dentro. Ho visto prendere forma a un'idea, che poi è diventata un progetto, e infine una storia. Questo processo a cui ho assistito dall'interno è stata la cosa più emozionante dello scrivere un libro: vedere l'evoluzione di un'idea in qualcosa di concreto è un'esperienza speciale che spero assolutamente di rivivere.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Penso sia stata la cosa più difficile da fare. Ogni scrittore desidera che la sua opera abbia il titolo adatto, e per far sì che ciò accada spesso bisogna attendere che il lavoro sia finito, per avere il quadro d'insieme di ciò che la propria opera è in realtà. Difficilmente si scrive quello che si intendeva scrivere: l'opera cambia durante il processo di ideazione, si trasforma durante la stesura e viene stravolta durante la revisione finale. Quindi, quando alla fine di tutto il romanzo era terminato, il titolo è venuto fuori da sé; è stata la storia stessa a suggerirmelo.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Una volta ho letto un'intervista in cui il giornalista faceva la stessa domanda all'intervistato, e questo rispose: "Come costruire una zattera per fuggire da un'isola deserta". Ecco, penso che questa potrebbe essere un'ottima scelta. Ma se proprio l'isola dovesse piacermi penso che porterei con me l'intera saga di Harry Potter: sono un grande fan e avrei un mucchio di tempo per rileggerla con calma e diventare il più "so-tutto-io" dei nerd.
6. E-book o cartaceo?
Difficile. Molto difficile. Sono un sostenitore della tecnologia come mezzo di più facile e ampia diffusione della letteratura, ma come ogni buon lettore penso che non ci sia paragone con la carta stampata. Basti pensare che la prima cosa che faccio quando entro in una libreria è quella di dare una bella annusata ai libri nuovi. Provate ad annusare un tablet, non è di certo la stessa cosa!
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Avevo all'incirca dodici anni quando mi venne in mente per la prima volta di voler essere un avventuriero. Girare il mondo, vivere avventure fantastiche, per poi tornare e raccontarle a qualcuno. Successivamente capii che potevo raccontare anche le avventure che non avevo compiuto, così cominciai ad inventare storie. Da lì il passo fu breve, e in brevissimo tempo cominciai a parlare di voler diventare uno scrittore, fino a qualche anno fa quando mi sono iscritto a Lettere all'università.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Il libro nasce da un'esigenza pratica: ero a tavola con la mia famiglia, quando dal nulla si cominciò a parlare del Natale. Mia sorella disse di aver già comprato i nostri regali, benché mancassero diversi mesi. Allora cominciai a pensare a quali regali potessi fare ai miei fratelli e a mia sorella, e pensai di scrivere loro un racconto. Cominciai subito, e in breve tempo il racconto divenne questo libro. Inutile dire che sbaragliai la concorrenza la mattina di Natale.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Non saprei dire cosa si prova in generale, so solo che per me è stato molto faticoso. La pazienza non è la mia dote migliore, e non riuscivo ad aspettare di finire per vedere come sarebbe venuto il libro. Avevo addirittura creato un altro file già impaginato per sapere in anteprima che aspetto avrebbe avuto. Ma alla fine il libro è uscito ed è stata un'emozione incredibile. Non era più solo nella mia mente e nel mio computer, ora sarebbe stato qualcosa di concreto, tangibile e reale.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Beh io ovviamente. Ma subito dopo lo feci leggere a mia sorella e ai miei fratelli, dopotutto era il loro regalo di Natale. Ma riflettendoci bene penso che fra i miei amici, a turno, tutti ne abbiano letto almeno uno spezzone durante la fase di revisione.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Trovo che sia un'idea geniale. Se ci riflettiamo un po', quando noi leggiamo nella nostra testa sentiamo una voce che dovrebbe essere la nostra, anche se dubito che qualcuno ci si riconosca. Quindi leggere in silenzio è come leggere ad alta voce, solo che nella propria testa. Se alla fine una voce dobbiamo pur sentirla (che sia reale o immaginaria), perché non può essere la voce calda e avvolgente di un professionista? Ma non penso che possa mai arrivare a prendere il posto della lettura tradizionale: leggere è un fatto personale, ognuno lo fa con i propri tempi e secondo le proprie modalità, e non c'è voce calda e avvolgente che tenga con la sensazione di totale immersione che la lettura tradizionale può dare.