3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ e-book?
Personalmente sono molto legato al cartaceo, per il senso del sacro e dell'eterno che esso trasmette. Mi rendo però conto che la sfida con l'e-book sarà dura, per la facile reperibilità, la versatilità e, ultimo ma forse primo per i giovani, il costo molto più contenuto. Mi auguro solo che la salute dell'e-book non comporti una malattia molto grave per il cartaceo, sarebbe una cosa imperdonabile.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Penso che la scrittura sia entrambe le cose. Senza il colpo di fulmine è difficile che ci si avventuri nella realizzazione di un progetto. L'amore ponderato consente di perseguire in modo più efficace gli obiettivi che l'autore si prefigge. È un metodo di lavoro che Wordsworth sintetizzava molto bene quando parlava di "emotions recollected in tranquillity".
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Ripercorrendo le vicende della protagonista della storia e dei suoi familiari, volevo acquisire una maggiore consapevolezza della complessità dell'Ottocento italiano. Volevo rappresentare il microcosmo locale e regionale nella cornice dei grandi eventi risorgimentali, del duro ed infinito conflitto fra lo Stato e la Chiesa, delle difficoltà incontrate, soprattutto nella scuola, da chi voleva godere della libertà ed educare gli alunni a considerare la spiritualità e la ragione non come inconciliabili ed alternativi ma come facce di una stessa medaglia.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Il mio non è un messaggio, è piuttosto l'espressione di una speranza, che la nostra comunità nazionale possa riscoprire il valore della moralità, vissuta nei comportamenti pubblici come bisogno spontaneo di correttezza, di pulizia, di trasparenza, come desiderio di perseguire il bene comune attraverso la bellezza delle emozioni, delle passioni, della partecipazione.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Da bambino e da adolescente sono stato sempre colpito dalla forza e dal fascino della parola. La voglia di scrivere qualcosa è affiorata solo in età adulta. È poi cresciuta quando ho maturato l'interesse per alcuni fenomeni del passato, l'emigrazione, il declino economico e le contraddizioni sociali del Meridione. A quel punto ho ritenuto fosse giusto dare anche il mio modestissimo contributo all'indagine storica locale e alla divulgazione di temi sviluppati da studiosi in ambito nazionale che possono interessare i lettori.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Stavo per completare il mio lavoro quando ho scoperto che una certa Concetta Bellinfante, figlia di Agnese Iacozzi e di Falco, gli stessi genitori della maestra protagonista della storia raccontata, era morta in giovanissima età. Mi è crollato il mondo addosso. Ero molto triste anche perché una parte di quello che avevo scritto non aveva più senso. Per fortuna ho poi accertato che la 'mia' Concetta era nata anni dopo la morte di quella sua sorellina, il cui nome, per scelta dei genitori, lei rinnovava. Alla delusione è seguita una bella sensazione, un piacere reso molto più intenso dallo scampato rischio.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Onestamente no, ma l'episodio appena raccontato mi ha messo per qualche tempo in crisi.
10. Il suo autore del passato preferito?
È senza dubbio W. Shakespeare. Penso che, a distanza di secoli, nessuno sia moderno come lui, nessuno abbia mostrato di conoscere e di saper raccontare meglio di lui l'animo umano nelle sue infinite sfaccettature.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che l'audiolibro avrà un futuro. Per tante ragioni, all'ascolto in cuffia della musica si affiancherà in modo significativo quello del racconto. Sono convinto che anche questa modalità prenderà piede. Ma, per favore, nessuno dimentichi mai il cartaceo!