1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è accedere ad un'altra dimensione, a cui per il volere di qualcuno sei il prescelto, l'unico ad avervi accesso, e ad avere il compito di raccontare la tua esperienza a chi non ha avuto questo privilegio. Scrivendo, ho sempre avuto questa stranissima impressione: che la storia fosse già lì, da qualche parte, e che io fossi solo il tramite, la persona che l'avrebbe resa visibile, tangibile. Ha sempre avuto qualcosa di speciale, per me: spesso mi sono riferita a Michelangelo, nel parlare di ciò... Lui che sceglieva il marmo che già conteneva l'opera. Non so cosa lui provasse, ma per me è stato quasi opprimente, alcune volte (in senso positivo). L'emozione e la curiosità erano spesso talmente struggenti che mi si mozzava il fiato.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Davvero molto poco. Cominciai a scrivere questo romanzo in un periodo molto buio, pieno di confusione e sentimenti negativi, e scrivere è stata una grande valvola di sfogo; creare nuovi personaggi, strane creature, antagonisti... ognuno con il proprio carattere e background personale. Mi estraniavo dai miei stessi pensieri e dalle parole altrui. Voglio pensare di essere riuscita a non trasmettere pressoché nulla di ciò che mi circondava, perché altrimenti questo libro probabilmente non sarebbe mai venuto alla luce.