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BookSprint Edizioni Blog

21 Feb
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Intervista all'autore - Dario Oliveri -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere serve a mettere ordine tra le mie idee. Quando ne trovo una interessante, la trascrivo subito in una bozza.
Ho una collezione di appunti disordinati: quaderni, annotazioni sui libri, documenti LibreOffice. Le idee mi suscitano entusiasmo, ma anche rassegnazione, perché non so quando e come potrò trascriverle. Mi è già capitato di dimenticare cose importanti, poiché al momento impossibilitato ad annotarle. La scrittura, oltre agli appunti, è una grande fatica. Mi costringe a confrontarmi con le idee passate, a rivederle, correggerle, ampliarle, approfondirle. Mi obbliga a trasformare un’immagine mentale in parole (di questo rapporto tra immagini e parole parlo anche nel libro). Dalle parole emergono le incongruenze e i punti deboli che vanno risolti. Per me è difficile abbandonare le immagini mentali per una prosa più rigorosa e scoprire i limiti di quello che avevo pensato. È un processo evolutivo che mi impongo e non è affatto piacevole.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Posso dire che, a parte qualche aneddoto, c’è comunque molto di me in tale opera. Nel libro si scopre, ad esempio, che collegamento c’è tra me, l’immagine di copertina e il titolo. È stato un viaggio all’interno della mia psiche e un confronto con il Fantasma Magico. Ho potuto constatare quanto del Fantasma Magico ci sia nelle mie azioni.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
È stato un impegno enorme. Mi sarebbe piaciuto raccontare una favoletta e invece mi sono dovuto confrontare con cose spiacevoli e scriverle. Però sono molto soddisfatto che il risultato finale sia chiaro e comprensibile. Significa anche aver messo chiarezza nelle mie idee.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo è stata molto semplice e divertente, c'è un aneddoto nel libro al riguardo. Diciamo che non l'ho scelto io, il titolo, è stato scelto dal Fantasma Magico.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Carl Gustav Jung. Ha dato vita a qualcosa di incredibile; mi piacerebbe un confronto di idee con lui, mostrargli come sono evolute nel tempo le sue idee e vedere cosa ne pensa del Fantasma Magico. Io ho avuto l’impressione che, in certe opere, Jung stesse parlando proprio del Fantasma Magico, ma poi, per motivi che cito nel libro, ha lasciato decadere questa idea e si è poi orientato verso il suo impianto teorico attuale.
 
Ebook o cartaceo?
Cartaceo assolutamente. Sui supporti digitali mi si incrociano gli occhi e il cartaceo ha quel fascino indescrivibile.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Sono stato obbligato dalla mia stessa idea, che voleva essere trascritta. Prima di questa idea non avevo mai pensato di scrivere. Il Fantasma Magico, ha litigato con me per qualche anno, prima che mi decidessi ad approfondire la questione. Si trattava di un’immagine troppo incombente per ignorarla.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
In realtà non ricordo quando è nata l’idea. Quando ho deciso di scrivere il libro, avevo già appunti vecchi di qualche anno sul telefono. Ho avuto la fortuna di conoscere professionalmente un noto psichiatra/psicoanalista. Non avevo ancora parlato a nessuno del libro e lo avevo appena iniziato a scrivere. Così, per scherzo, mi faccio interpretare un sogno dallo psichiatra: l’interpretazione del sogno però sembrava riguardare proprio questo libro. Lui non sapeva niente del libro e la cosa mi ha sorpreso molto. Ci ho riflettuto sopra parecchio e questo episodio ha influito anche sulla scrittura dello stesso.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È una sensazione strana. Da un lato sei contento, ma dall’altro no, perché sai che, per quanto tempo e impegno ci dedichi, non sarà mai completo al 100%. Una cosa però è certa: hai portato a termine un grande impegno e devi esserne contento, o almeno è quello che mi ripeto. In realtà è una cosa che ti esaurisce. Guardare il tuo libro crescere è guardare te stesso cambiare; ti obbliga a cambiare, ma un po’ non vuoi cambiare. Eppure devi. I pareri delle persone care e dei professionisti del settore psicologico sono stati fondamentali: non ce l’avrei mai fatta a finire se i primi lettori dei primi capitoli non mi avessero dato feedback più che positivi. Il difficile è interessare e sorprendere sia il profano che lo psicologo. Comunque vada da adesso in poi, io sono già soddisfatto del mio lavoro. Se poi andrà bene, sarò anche più contento.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La mia fidanzata. E le è piaciuto molto.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non ho ancora provato, l'idea però mi attira molto.

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