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24 Nov
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Intervista all'autore - Maurizio Vicini -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Pinerolo, provincia di Torino. I miei genitori sono lunigianesi, nati nella terra di mezzo tra Parma, La Spezia e Carrara.
Ho sempre vissuto in un piccolo paesino di campagna lungo il fiume Po e fortunatamente ho avuto una bella infanzia grazie alla mia bellissima famiglia. Sono figlio di operai e date le modeste disponibilità economiche ho imparato a godere pienamente di ciò che la vita mi offriva. la semplicità mi ha educato ad apprezzare ciò che è essenziale. Ho praticato molto sport ma sempre a livello amatoriale. Ho frequentato l'Istituto Tecnico Industriale Statale a Fossano (CN) e viaggiavo per 90 chilometri al giorno per lo studio e questo ha stimolato lo spirito di osservazione. Addentrandomi poi, più avanti nel mondo delle arti marziali tradizionali giapponesi e cinesi, ho arricchito il mio bagaglio di conoscenze su molti aspetti delle interazioni tra gli uomini che spesso sfuggono ad un'osservazione superficiale. Lavoro come operaio metalmeccanico da ormai quasi trent'anni, ma ho sempre lasciato al lavoro il ruolo di sfondo, senza lasciare che condizionasse qualche progetto o qualche aspirazione. La scrittura ha sempre avuto il ruolo di aiutarmi a focalizzare dei ragionamenti utili alla mia crescita personale. Non avevo mai pensato di proporre i miei testi al pubblico finché sviluppando la storia che poi ho pubblicato mi sono accorto che racchiudeva tutti gli insegnamenti che la vita mi ha dato e soprattutto riporta alla memoria tradizioni di un mondo che sta scomparendo lentamente insieme alla memoria dei nostri anziani.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Scrivo principalmente quando non è possibile fare altro, quindi durante le giornate di brutto tempo o la sera molto tardi. il periodo del lockdown ha contribuito parecchio.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Non c'è un preferito, un nome, piuttosto c'è un tipo di scrittori che seguo di più. Ci sono autori che raccontando in un certo modo un’esperienza, o descrivendo un luogo o una persona, usano delle parole che rivelano quali sono i valori a cui l'autore dà più importanza, rivelando la vera intenzione del testo. Stefano Benni, Mauro Corona, Alessandro Baricco, Jan Guillou, Eric Von Lustbader, Paulo Coelho, sono nomi di coloro che mi hanno dato più lezioni di cosa voglia dire vivere i propri testi.
 
Perché è nata la sua opera?
Mi rendo conto che il risultato è soltanto una storiella, ma tra le righe del testo c'è molto della mia personalità. È iniziato tutto molti anni fa quando volli trascrivere la memoria di un sogno fatto una notte. Intendevo farne una breve storiella che sarebbe potuta assomigliare ad un racconto per bambini, addirittura raccontata in prima persona. La bozza della storia è finita poi in uno dei tanti cassetti della vita finché per caso non la ho ripresa in mano quando degli amici chiesero di scrivere qualcosa che ricordasse i vecchi tempi al paesello dei nostri genitori.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho sempre avuto intorno a me persone che si esprimevano in dialetto, che sia il piemontese, il lunigianese, il veneto o altri e questo mi ha fatto capire l'importanza di usare una parola piuttosto che un'altra per esprimere un concetto. L'etimologia usata correttamente è lo strumento principe della scrittura, ma anche dell'espressione orale. Un concetto è espresso tanto più chiaramente quanto più chiaro è il significato delle parole usate, a costo di perdere il filo del discorso cercando di spiegare perché si sceglie una parola in particolare. In tanti dialetti esistono parole che analizzate profondamente nella loro etimologia e nella loro storia esprimono concetti amplissimi.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
I grandi autori insegnano la loro visione della realtà anche se apparentemente cercano di abbandonarla. È un po' quello che fa chiunque scrive, spesso inconsciamente, anche solo raccontando una favola per bambini.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Molto, direi. Chi mi conosce bene non avrà problemi a riconoscere alcuni tratti della mia personalità in quella dei personaggi della mia storia.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Ho incontrato molte persone sagge, nei luoghi più inaspettati, capaci di dare grandi insegnamenti anche solo raccontando una barzelletta o una vecchia storiella. Gli zii che mi hanno cresciuto soprattutto.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ho chiesto pareri a diverse persone perché non ero sicuro di avere usato lo stile giusto, ma il primo che ha divorato il testo commentando il risultato è stato uno dei miei cugini
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Secondo me l'ebook ha senso per quei testi che si possono leggere una volta sola, ma ci sono certi testi che è bello rileggere di tanto in tanto, o che racchiudono frasi o passaggi scritti così bene che è bello rileggerli come se ogni tanto si volesse riascoltare una vecchia canzone. Questi testi meritano sicuramente una edizione cartacea, magari curata e fatta con materiali ricercati.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sono un gran consumatore di audiolibri. Trovo che quando un buon lettore legge correttamente il testo, rispettando attentamente la punteggiatura, il libro è più piacevole e viene fuori lo stile dello scrittore. Spesso ho ascoltato opere lette nel modo sbagliato, assente, vuoto e il contenuto anche se interessante si è perso.
Il futuro dell'audiolibro sta, secondo me, nella qualità della lettura, in modo che anche chi non ha troppa confidenza nella lettura corretta possa apprezzare lo stile dello scrittore che ha scelto.

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