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BookSprint Edizioni Blog

24 Ott
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Intervista all'autore - Giuseppe Mancinelli -

Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato ad Amorosi (paese alla confluenza dei fiumi Calore e Volturno), ultimo di dieci figli di una modesta famiglia contadina.
Qui ho seguito studi tecnici e vi sono rimasto fino ai 20 anni. Dopo il servizio militare, stabilito a Napoli, poi Torino, poi di nuovo Napoli, sempre per lavoro. Da qualche anno sono tornato al paese natio.
 
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Consiglierei Valerio Massimo Manfredi per indurlo ad avvicinarsi al mondo classico, in generale, e greco in particolare, di cui sono appassionato. Infatti, mio desiderio frustrato dalla necessità erano gli studi classici.
 
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Mi rammarica assai la progressiva perdita del libro cartaceo. Avere un bel libro tra le mani, annusarne il profumo, sfogliare le sue pagine è sensazione particolare, per me.
 
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Scrivere, per me, è stata una lenta progressiva, per certi versi, inattesa maturazione originata da una emozione provata da bambino difronte a una chiesetta di campagna abbandonata. Non a caso il primo scritto è stata una poesia dal titolo La chiesetta abbandonata, appunto. Sono nato poeta e, fondamentalmente mi sento tale. Coltivo la poesia dall'età di 13 anni. Essa è sempre stata come un bisogno fisiologico sgorgante dall'anima.
 
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
L'origine del libro sta, come dicevo, nell'amore per il mondo greco e suoi miti. Da tempo coltivavo il pensiero di parlare delle nefandezze commesse da un mito dell'epoca osannato nei secoli: Ulisse (per specifiche rimando al II volume della trilogia). Sono agli antipodi di ogni forma di astuzia, specialmente se essa provoca danni a qualcuno; né mi solletica il campo dei 'vincitori', per merito o mediati interventi. Ciò significa che tra Achille e Ettore io sono per il secondo. Inoltre, aborro la violenza in qualunque forma si manifesti, figurarsi la guerra.
 
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Amare la cultura.
Aborrire la guerra.
Coltivare la virtù.
Celebrare la saggezza.
Condannare presunzione, arroganza, egotismo.
 
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Presa di coscienza, direi. Non sogno infantile, in quanto la mia prima poesia è sgorgata come acqua da fonte in un assolato pomeriggio di un luglio di tanti anni fa, generata dalla manifestazione di una emozione provata 2/3 anni prima, evidentemente sedimentata dentro di me, della quale pensavo di essermi dimenticato. Quella fonte non si è ancora esaurita.
 
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Mio pensiero originario era scrivere sul personaggio di Ulisse dalla mia prospettiva a suo riguardo. A mano a mano che scrivevo diventava abbastanza corposo; una mia nipote mi suggerì di sdoppiarlo poiché, secondo lei, era stancante leggere 4/500 pagine.
Apportando variazioni tematiche e integrazioni, collegandolo al mio primo romanzo, ne è venuta fuori la trilogia di cui è il terzo volume.
 
Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
No, mai avuto timore di non portarlo a termine in quanto la scrittura scorreva fluida e quasi inarrestabile, fino al termine.
 
Il suo autore del passato preferito?
Va da sé che per uno che fa poesia gli autori preferiti siano i poeti: Dante, Tasso, Foscolo, Leopardi e, del Novecento, Mario Luzi, in particolare; ovviamente anche poeti non italiani che non mi fermo a enunciare. Amo leggere classici come Omero, Eschilo, Euripide, Sofocle, Cesare, Virgilio, per citare i maggiori. In gioventù mi piaceva molto Hemingway.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ribadisco il concetto avanti esposto sul cartaceo; tuttavia non reietto nuovi metodi purché siano fonte di vera cultura. Il libro cartaceo, però, lo ritengo insostituibile.

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