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BookSprint Edizioni Blog

10 Nov
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Intervista all'autore - Giancarlo Montalbini -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Credo che scrivere non sia in fondo molto diverso dal mettere in scena una rappresentazione teatrale:
dai vita a dei personaggi e per farli apparire credibili devi entrare nella loro psicologia, devi pensare come pensano loro e soprattutto devi vivere le loro stesse emozioni. C'è dunque spazio per tutto il sentire umano, in tutte le sue sfaccettature. In qualche modo è come se lo scrittore dovesse annullarsi per dare voce alle sue creature letterarie che devono diventare autonome, indipendenti, pronte a vivere la loro esistenza in prima persona.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Non è possibile, a mio avviso, scrivere di qualcosa che non si conosce, di cui in qualche modo non si è fatta esperienza. In questo libro, come negli altri due che ho scritto (Teniamoci visti, Maestri di vita), c'è una particolare attenzione agli ultimi, alle situazioni di disagio, alle vite difficili che ci parlano e ci interrogano, e di fronte alle quali non è possibile restare indifferenti. Non so se per attitudini caratteriali o altro ma per me è naturale guardare queste realtà con cuore empatico, cercando di coglierne le sfumature e il senso.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
In qualche modo ho cercato di restituire dignità a chi, come i "senza tetto", questa dignità sembra averla persa. Ma non ci sono solo loro. Ci sono anche situazioni di vita apparentemente "normali" in cui a volte, improvvisamente e inaspettatamente, scoppiano drammi terribili. Che cosa c'è dietro quelle esistenze? Qual è il pregresso? Prima di qualsiasi risposta o soluzione è necessario capire.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
Inizialmente il titolo era "Una panchina nel parco", dove in qualche modo si sottolineava l'aspetto del giallo, il mistero da risolvere. Con "Senza fissa dimora" cambia la prospettiva e la dimensione "gialla" lascia il posto a una realtà umana difficile che può però, per assurdo, allargarsi a macchia d'olio: quante vite apparentemente "normali" nascondono l'insoddisfazione profonda di chi si sente fuori posto, inadeguato e insoddisfatto, sotto un tetto ma senza un tetto, costretto a vivere un'esistenza che non è quella che vorrebbe.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
È difficile scegliere un solo libro, che poi dovrà farci compagnia per quanto tempo? Mi viene in mente l'Odissea di Omero, un'opera che durante l'adolescenza ho molto amato, dove ritroviamo, a ben guardare, tutti i generi letterari (dal resoconto di viaggio al romanzo d'avventura, dal giallo al romanzo "sentimentale" per approdare al romanzo d'azione e al fantastico). E poi l'opera omnia di Raymond Carver, una scoperta più recente, uno scrittore capace come pochi di penetrare l'animo umano; certo a lui devo la predilezione per i racconti brevi.
 
Ebook o cartaceo?
Non c'è gara: cartaceo. Io non sono, per ragioni anagrafiche, un nativo digitale, per me il libro conserva un fascino tutto suo. Al contempo mi rendo conto che il futuro va nell'altra direzione, non fosse altro per comodità; nella succitata isola deserta con un lettore potrei portare con me un'intera biblioteca. In ogni caso credo e spero che il libro, come oggetto fisico, non scomparirà mai.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Per carità, niente carriera di scrittore, non ambisco a tanto. Ho sempre amato scrivere (e leggere), un'attività appagante che credo mi appartenga e che mi consente, più di ogni altra cosa, di essere me stesso. È bellissimo, anche se a volte faticoso e frustrante, instaurare un dialogo con i personaggi che ho creato, e che a volte si ribellano rivendicando giustamente una loro indipendenza.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Stante la mia predilezione per le short story (Carver insegna), anche questo romanzo è nato come un racconto breve che per anni è rimasto in un cassetto. Ritrovarlo dopo anni, riprenderlo in mano e rendermi conto che mancava qualcosa ha provocato un corto circuito: troppe cose non funzionavano e soprattutto c'erano i personaggi che chiedevano a gran voce di "uscire fuori". Il resto è venuto da sé.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Potrà apparire assurdo ma, almeno per me, ha un effetto straniante, è un momento di crisi caratterizzato da sentimenti contrastanti: dopo un cammino lungo, a volte doloroso e sofferto, sei felice perché stai finalmente per tagliare il traguardo, ma al contempo ti rendi conto che quelle pagine non ti appartengono più, e non solo perché non potrai più intervenire, modificare, togliere o aggiungere una virgola, ma perché diventerà proprietà dei lettori. E poi c'è un'altra cosa: a parte casi fortunati, non potrai mai sapere che cosa sarà realmente arrivato a chi leggerà e cosa sarà rimasto sulla carta.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
I primi a leggere il libro nella sua interezza sono stati quelli della BookSprint Edizioni. Amici vari avevano letto qualche capitolo offrendomi consigli e suggerimenti, soprattutto per le pagine in dialetto. Un aneddoto? Mia moglie, quando ancora il romanzo era in fieri, dopo la seconda pagina aveva interrotto la lettura perché "c'è già tanta violenza nel mondo reale che non è il caso di aggiungerne altra, sia pure virtuale". E io a spiegare che la trama gialla era poco più di un pretesto per parlare d'altro. Di che cosa? Che posto occupano nella nostra vita i sentimenti, gli affetti, i ricordi, i legami familiari, i rapporti umani? Cosa c'è di autentico, di essenziale e di superfluo nelle nostre esistenze? Una domanda che interroga tutti.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Fino ad oggi ho sempre visto l'audiolibro solo come un mezzo tecnico, un ausilio per chi ha determinati problemi, ad esempio i non vedenti. Pensandoci meglio mi rendo conto che una voce professionale, impostata, forse può dare alle parole una colorazione e un'efficacia nuova, importante. Io però resto per il libro di carta.

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