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BookSprint Edizioni Blog

07 Set
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Intervista all'autore - Massimo D’Aquino -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi chiamo Massimo D'Aquino, nato ad Ancona e ho avuto la sfortuna di essere figlio di una donna che per vicissitudini personali e familiari è stata solo la mia genitrice. nella mia vita questa situazione di figlio di nessuno, ha fatto la differenza.
Sono cresciuto in orfanotrofio, e poi in un collegio. Non c'erano limiti alla violenza, spesso non c'era neanche la ragione, ma venivi picchiato, con una bacchetta di faggio, in ogni parte del corpo. Non sopportavo quando lo stesso trattamento lo subivano dei bambini piccoli, fino a quando un giorno non strappai dalla mano di un istitutore la bacchetta e lo colpì fino a farlo scappare. Sono stato trasferito in un centro di rieducazione del Tribunale dei Minori di Lecce. Qui le violenze terminarono, ma non mi consentirono di frequentare il ginnasio, studi che volevo fare, proprio per seguire la mia vocazione letteraria. Così ho frequentato le tre classi di avviamento, dopo mi hanno iscritto presso una scuola professionale per motoristi meccanici d'auto. Infine, un ulteriore trasferimento presso una comunità del Ministero di Grazia e Giustizia, nel comune di Cava de Tirreni, in provincia di Salerno, dove ho conseguito il diploma di perito meccanico. Sono stati percorsi scolastici che non mi piacevano, perché lontani dal mio grande desiderio di leggere. Devo dire che con questi diplomi non ho mai trovato una occupazione.
Mi sono iscritto all'Università, al corso di laurea in Fisica, ma studiare e lavorare per vivere non era possibile. Dopo il servizio militare, un mio amico ed ai suoi genitori, a cui sarò sempre riconoscente, mi ha dato la possibilità ospitandomi nella sua famiglia, per quattro anni di diplomarmi Assistente Sociale. Finalmente qualcosa che volevo fare e che mi piaceva fare, tanto che la mia tesi, la SISSEL (Scuola Superiore di Sevizi Sociali e del Lavoro), scuola che ho frequentato, la propose per un concorso nazionale di meridionalistica, intitolato ad " Adone Zoli " dove mi sono classificato primo. È stato un bel momento.
Anche con questo diploma non ho trovato lavoro se non come responsabile di un esperimento educativo con bambini autistici, concluso bruscamente con il terremoto del 1980.
Avevo partecipato ad un concorso per cinque posti di impiegato nell'amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni, sono risultato idoneo, classificandomi al trecento ottantesimo posto su centomila. Per uno strano sortilegio della vita, grazie al terremoto, i cinque posti sono diventati mille e sono stato assunto. Mi sono sposato con una napoletana ed ho avuto tre figli, tutti nati a Napoli, per cui amo e sento mia questa città.
Ho sempre pensato di scrivere, ma qualcosa di profondamente intimo mi impediva di mettere per iscritto tutto quello che sentivo. Percepivo la paura di essere scoperto e deriso per le labilità e le carenze che sono state parte integrante di ciò che ero. Mi sembrava di esporre le nudità dell'anima, le quali mi rendevano difficile il raccontare di me stesso, temendo l'indicibile che non volevo raccontare e tenevo sepolto. Quando provavo a scrivere affiorava la paura che quello che raccontavo, richiamava quello che non avevo mai avuto e così ogni entusiasmo veniva smorzato.
Un giorno aiutavo mia figlia, nella stesura della tesi di laurea e leggendo un mio commento disse: <>.E' stata questa frase a convincermi che era giunto il momento di scrivere, facendo emergere tutto quello che avevo rimosso, Avevo bisogno di uno spunto, e l'Editto, è stata la storia che ha fatto emergere questa mia segreta voglia di scrivere.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Le ore che dedico alla scrittura, sono quelle del primo mattino, cioè alle cinque, quando nel silenzio riesco a sentire quello che voglio scrivere senza essere distratto dai richiami familiari
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Leggo molto e la scelta di un autore contemporaneo mi sembra difficile, ma posso dire di aver letto quasi tutti i romanzi di Alessandro Baricco, ma non deve ritenersi l'unico.
 
Perché è nata la sua opera?
Cercavo una storia che emozionasse, ma nello stesso tempo doveva impegnarmi sotto ogni aspetto. Sentivo il bisogno di scrivere le tante cose che avevo pensato nella mia vita. Con l'Editto volevo parlare di fede, senza entrare nelle speculazioni dottrinali, in cui l'essenza della fede si smarriva nelle argomentazioni concettuali, le quali non danno la speranza necessaria di sentirsi protagonisti del grande miracolo dell'evoluzione. Vivere e morire appartiene al processo evolutivo di cui siamo protagonisti, volenti o nolenti senza distinzione alcuna indipendentemente dall'essere coscienti o non. Fra molti anni, forse migliaia, esso sarà definito, e tutto questo non avremo modo di vederlo, perché ci manca l'eternità, ma avremo il privilegio di essere stati necessari, come la goccia di acqua salata è necessaria a formare l'oceano.
Dobbiamo testimoniare l'unicità divina per chi crede. il dio degli Ebrei, dei cristiani e dei musulmani, sono definizioni terrene le quali ci allontanano dall'essenza di ogni fede monoteistica quale quella della unicità. Forse con un dio unico, non avremmo avuto le tante guerre, gli eccidi di massa, le disuguaglianze e il depauperamento del nostro pianeta. Mi sembrava un buon argomento, proprio per questi tempi, dove il parossismo dogmatico minaccia l'umanità intera.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
La mia vita ha comunque orientato la mia cultura letteraria, il realismo americano, raccontato da John Steinbeck in " Furore ", come la storia d'amore raccontata nella Russia che cambia di Tolstoj nel " Dott. Zivago ", e " La Caduta degli Dei Giganti " di Ken Follet. Questi autori hanno raccontato il cambiamento epocale in cui le classi dominanti si sono dovute arrendere al desiderio di rinnovamento e cambiamento sociale di intere popolazioni. Quest'ultime condannate allo sfruttamento e alla fame da monarchie regnanti e governi insensibili e miopi i quali non si sono accorti del tormento sociale ed esistenziale dei propri cittadini.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere non è una evasione, ma un piacevole impegno per raccontare sé stesso e le emozioni che provo. sovente quando finisco di leggere un libro scrivo una recensione e la conservo. quando faccio questo mi accorgo che il romanzo appartiene tanto allo scrittore quanto ai al lettore. Proprio questo scambio, serve a far diventare la lettura un qualcosa che impegna il lettore ad immaginare il mondo descritto nelle righe proiettandolo, con la fantasia, al centro delle vicende che legge, sino a sentirle proprie in una simbiosi, nella quale, si sente totalmente coinvolto.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ho detto prima che scrivere è una parte di me che esce all'esterno. In questo romanzo rappresento il mio desiderio di verità, dove non accetto le rappresentazioni religiose, le quali, nascondono l’esercizio del potere e non sentono l'esigenza di una comune azione per dare speranza a quanti soffrono per una vita fatta di fame, povertà e tanto dolore. Miliardi di persone professano la fede nell'unico dio, sia esso Yahweh per gli ebrei, il Dio Trinitario dei cristiani ed Allah per i musulmani, nessuna chiede un Euro al mese quale precetto o pilastro di carità affinché questa umanità, con tanti miliardi raccolti, avrebbe realizzate molte cose essenziali.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
IL manoscritto è stato letto dalla mia primogenita, e gli è piaciuto molto, non solo per la storia raccontata, ma anche per la facilità di lettura, che pur trattando temi particolari ed impegnativi non toglie niente alla scorrevolezza e al piacere di leggere questo romanzo.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso che la scrittura con i nuovi mezzi informatici, non può prescindere dal formato ebook. Questi sono sistemi di scrittura che agevolano la composizione di ogni forma letteraria, in quanto facilitano l'esposizione di quello che si pensa e non richiede il passaggio meccanico della redazione cartacea. Quest'ultima ha dei limiti, in quanto non sempre ci sono le situazioni ottimali per scrivere con carta e penna, un proprio sentire, una descrizione ambientale ed una idea che ha bisogno di essere fermata e sviluppata. Quindi l'ebook risolve queste criticità dello scrivere diventando un mezzo di supporto capace di convogliare ogni dettaglio dell'espressione pensata, studiata e descritta. E' lo strumento adatto per tutte le forme di scrittura, in cui scrivere deve superare la manifestazione grafica di quello che vogliamo dire. Sono sicuro che esso sarà il futuro, non solo della scrittura, ma anche dell'editoria. l'ebook non distruggerà il piacere di leggere, anche se alcuni romantici, considerano il cartaceo insostituibile e di questo ne sono convinto, ma rimane il fascino di avere romanzi voluminosi in uno smartphone o in un tablet da portare dove si vuole, aumentando in modo considerevole le possibilità di lettura e non mi sembra.

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Giovedì, 08 Settembre 2022 | di @BookSprint Edizioni

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