Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Livorno, là, dove solo chi ci abbia vissuto - non solo chi ci sia nato - può comprendere il legame profondo che con quel luogo si crea e che ad esso ti unisce per sempre.
A quella città, alla sua gente, al suo mare e al suo vento. E tutto questo mi ha nutrito ed ha illuminato i miei anni giovanili.
Finché, pochi giorni dopo aver compiuto diciassette anni, con la mia famiglia mi trasferii a Padova dove ancora oggi vivo.
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
1984 di George Orwell
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Credo sia inevitabile ma non definitiva; nel senso che il libro continuerà ad esistere, ad affascinare, ad ammaliare le persone. L'odore della carta, poterla toccare e sfogliare le pagine e magari posare lo sguardo su una bella montagna di libri che affollano una libreria sono cose che, penso, rimarranno sempre insostituibili.
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Credo sia un'inclinazione innata e sicuramente un colpo di fulmine quando si capisce di possederla. Ma poi penso sia necessario non far spengere il fuoco che quel fulmine ha creato, con l'amore, anche quello ragionato, ponderato, che serve soprattutto con il passare del tempo verso una piena maturità.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Dovevo far pace con il mio passato, con i ricordi e con il presente. Dovevo elaborare definitivamente il lutto della perdita della mia città e accettare una volta per tutte quanto la vita mi ha regalato. Così ho deciso di tirare tutto fuori e iniziare a scriverlo come lo stessi raccontando ad alta voce ad un amico, ad una persona cara o soltanto a chi avesse avuto voglia di ascoltare. Quindi non c'era in origine la volontà di scrivere un libro. Solo dopo è nata l'idea di raccogliere quelle pagine sparse in un libretto vero e proprio e regalarlo per un Natale di quasi due anni fa ai miei cari.
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Nessun messaggio in particolare, solo una riflessione sulla vita e sul destino, sull'amicizia, sul significato del ricordo e dell'attesa, sulle tante porte dell'esistenza che costellano il nostro cammino in cui penso il lettore possa trovarne l'eco in qualche episodio della sua vita ed entrare così in sintonia.
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Ho amato la poesia e la letteratura fin da piccolo, forse per una mia propria inclinazione ma anche per le sollecitazioni familiari, non perché fossero cose che venivano imposte ma semplicemente perché erano appunto "di famiglia". Specie il mio nonno materno ha avuto grande parte di merito in questo. Ma, al di là dell'abilità e del talento, per scrivere ci vuole una storia e ho sempre pensato di non essere in grado di crearne una. Ma non ho riposto il sogno nel cassetto, anche perché il cassetto era pieno di poesie perché per quelle non c'era bisogno di una storia, bastava un'immagine, una sensazione, evocare con la parola, con la frase giusta un'emozione. Poi è arrivato questo libro perché mi sono reso conto che non avrei dovuto inventare nulla...
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Ne ricordo due. Il primo, fondamentale, accadde una mattina mentre stavo per recarmi al lavoro avendo in testa una frase che da un po' mi ronzava. Arrivato in studio la prima cosa che feci fu scriverla su un pezzo di carta ed è proprio quella frase che apre il mio libro. L'altro è teneramente legato alla figura di mia madre cui, ed a lei sola, avevo confidato che stavo scrivendo qualcosa della mia e della nostra vita. Così, quando andavo trovarla, mi chiedeva sempre se avevo scritto qualcosa di nuovo - che ovviamente le leggevo - e quando avrebbe potuto avere l'intero libro tra le mani. Glielo consegnai e poté sfogliarlo durante un ricovero in ospedale poche ore prima di perdere conoscenza e lasciarci dopo pochi giorni.
Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Certamente, sempre. Al di là, come ho detto prima, di non aver mai avuto la volontà vera di scrivere un libro - tanto che ogni pagina che prendeva vita avrebbe potuto tranquillamente essere l'ultima - c'era anche il fatto non trascurabile che non pensavo di aver così tante cose da raccontare da riempire pagine così numerose e sufficienti perché potessero diventare davvero un libro.
Il suo autore del passato preferito?
Dino Buzzati
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia un'ottima cosa soprattutto se di qualità. Ascoltare una storia ben narrata e interpretata è assolutamente piacevole: "a voce alta" di Fahrenheit insegna. Sicuramente, quindi, una comodità e un qualcosa di meno impegnativo rispetto a ciò che richiede la lettura di un libro tanto che magari possa avere come risultato anche quello di avvicinare alla letteratura persone che non amano o che non hanno il tempo di leggere. Utile soprattutto in alcuni momenti della giornata, in vacanza, per qualche minuto di relax e ovviamente indispensabile per chi proprio non sia più in grado di leggere da sé.