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07 Lug
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Intervista all'autore - Giuseppe Arnone -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Mi è sempre piaciuto scrivere; la grande “Scuola” di un tempo ha fornito a noi ragazzi di allora delle basi di una solidità tale da poterlo fare.
Sono stato sempre contento di poter esprimere i mei pensieri su carta, dai temi scolastici, che con orgoglio posso affermare di non aver mai copiato, alle prime ed uniche esperienze di scrittura rivolta al pubblico quando, invogliato dal mio mentore don Cono Casella, scrivevo dei piccoli articoli sul nostro Bollettino Parrocchiale, di cui lui era direttore, fino a un paio di articoli pubblicati a suo tempo sul Mattino di Napoli.
Amo questa forma di comunicazione del mio pensiero, perché in essa ritrovo me stesso, riversando sulla carta i miei sentimenti, anche i più reconditi; per emotività caratteriale non riuscirei a fare lo stesso con l’eloquio.
La forma scritta è quindi un modo che mi permette di mettere a nudo la mia anima, di estraniarmi dal mondo e restare solo con me stesso.
Sorprendente, infine, è il fatto che non mi importa molto se quello che scrivo venga poi letto da qualcuno, come spesso è accaduto; quel che è importante e che sia io a sentirmene gratificato.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Semplicemente tutto; i riferimenti personali sono tutti autentici. Le storie narrate sono volutamente personalizzate e intervallate da fatti, sensazioni, accadimenti del mio personale vissuto. Gli stessi personaggi ho cercato di presentarli al lettore come visti dal mio animo romantico.
Solo la prima storia, ad una attenta analisi, non può ovviamente avere un riscontro temporale con la mia età, ma che importa. I racconti e i ricordi sono sempre i miei, anche se spostati, per esigenze di copione, a un periodo antecedente. È la bellezza della scrittura che possiede la magia di poterti far viaggiare nel tempo. L’ordine cronologico da esso scandito dice che non potevo essere a bordo della Roma, … ma io c’ero.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Un tuffo nei miei ricordi, un’indagine sui miei sentimenti provati verso i personaggi di cui ho scritto, un modo per rimediare al mio rimpianto per averli conosciuti con grave ritardo, la speranza di stuzzicare chi legge a sua volta ricordarli e magari provare la mia stessa piacevole, appagante sensazione per averli conosciuti.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Visto gli argomenti trattati, e non trovandoci di fronte ad un romanzo, la scelta non ha comportato problematiche di scelta; doveva essere quello, non credo ci potessero essere molte alternative.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
E qui torna prepotente il mio romanticismo.
Vivere su un’isola deserta sarà bello solo se visto in un film, che porta a credere che, nonostante le difficoltà, tutto sommato lì si vive bene; anzi, paragonando quel vivere sereni in simbiosi con la Natura, a quello frenetico dei nostri tempi e delle nostre città ci apparirebbe anche migliore. È un po' come nei film di guerra, quando parteggiamo per una parte o per l’altra e godiamo quando i nostri uccidono e sbaragliano gli avversari e non ci accorgiamo che la finzione non ci porta a ben considerare le atrocità, il dolore provato dagli altri, il sangue versato.
La realtà è ben diversa; il Robinson Crusoe, che conosciamo, avventuroso e invincibile, non esiste. Il Robinson che noi potremmo essere, chissà quante difficoltà, quanti malanni, quanti scoramenti potrebbe avere.
Ecco quindi che, quando si è soli, stremati dalle difficoltà e vinti dallo svilimento, solo il rivolgere gli occhi al Cielo potrebbe essere un’ancora di salvezza.
In quei casi, nessun libro scritto dalla mano dell’uomo potrebbe esserci di valido aiuto; per vincere le nostre paure e cercare conforto ce ne vorrebbe uno scritto con la mano di Dio.
Per questo, nel caso di una tale sciagurata eventualità, sceglierei di portare con me la Bibbia; solo lì troverei parole di vita eterna.
 
Ebook o cartaceo?
Per tutti noi di una certa età, come per tutte le generazioni che ci hanno preceduto, il libro stampato ha rappresentato un compagno di vita; altre forme ci erano sconosciute, ed ora che sono alla ribalta non riusciamo ad abituarci ad esse, ne potremmo mai farlo; sarebbe come tradire un amico.
Il fascino della carta stampata, l’odore stesso del libro, il fruscio delle pagine rappresenta per noi il mistero del tempo che fu, che è e che sarà.
Mi rendo conto, però, che il formato ebook avrà il suo sviluppo, perché i giovani sono molto più portati verso le nuove tecnologie, e questa forma di lettura consente loro di poterlo fare come credono e dovunque vogliano e possano farlo. Anzi se per acculturarsi, utilizzeranno questa nuova forma di lettura, ben venga anche essa, ma questo non mi potrà impedire di pensare: non sanno cosa si perdono.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non mi considero uno scrittore; avere piacere a scrivere non significa necessariamente esserlo.
Uno scrittore è colui che riesce a costruire una storia che appassioni il lettore, che ne presenti il protagonista in tutta la sua poliedrica personalità, che descriva ambienti e circostanze in tutta la loro complessità, specie se solamente frutto della sua fantasia.
Io non so scrivere una storia; io so scrivere storie.
Per poter scrivere, cioè, ho bisogno di una traccia di un tema, di cui conosco già la trama che, proprio perché conosciuta, riesco a sceneggiare poi secondo il mio modo di pensare, secondo le mie passioni e i mei sentimenti.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
È un po' lungo da spiegare, ma ci provo. Vi avverto, è davvero un po' curioso.
Alla mia età, roba da non crederci, sono stato stregato da un gioco on line: World of Warships. Il mio amore per la Storia e mio figlio me lo hanno fatto apprezzare.
Questo pluripremiato gioco, è come un grande libro di storia aperto sul mondo delle navi da guerra impiegate durante i due conflitti mondiali. Unitamente al gioco, però, ci sono approfondimenti sulle navi, sui grandi personaggi dell'epoca e sulle battaglie navali più importanti, che non si trovano sui normali libri di Storia. È attraverso questo gioco che, ad esempio, ho conosciuto le storie di Unsinkable Sam e di Nobuo Fujita.
Ebbene, attraverso la chat con cui si può comunicare in tempo reale con altri giocatori di tutto il mondo, tra gli altri ho conosciuto uno scrittore italiano che vive a Londra e che ha pubblicato un gran bel libro, edito anche in Italia, col titolo: “David. La stella del destino”. Davvero una storia coinvolgente.
Ho avuto la fortuna che abbia apprezzato già dalla chat il mio modo di scrivere e, per farla breve, mi ha invitato a preparare un piccolo pezzo su un personaggio del suo libro e ve lo ha inserito. Ora, come dice lui, siamo in giro per il mondo; bontà sua.
Apprezzando il mio modo classico di scrivere, un po' demodé, mi propose, altresì, di fargli un po' da correttore di bozze, cosa che in effetti feci, ed anche di scrivere una storia a quattro mani sulla corazzata Roma; lui avrebbe curato la parte romanzata, mentre io mi sarei inserito con riferimenti più di carattere squisitamente storici, trattati a modo mio.
Questo spiega la prima storia del mio libro, quella riguardante la Roma appunto, che doveva rappresentare il prologo del romanzo.
Poi non se né è fatto più nulla ed allora inviai il pezzo alla Vostra Casa Editrice, che mi invitò ad integrarlo, perché di lunghezza insufficiente.
Nel giro di un paio di mesi lo feci, ed ora eccoci qui a parlarne.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Onestamente debbo riconoscere che è una bella sensazione. Non è la stessa cosa leggere quello che si è scritto solo sullo schermo di un computer; tenere il libro tra le mani trasmette sensazioni diverse e più profonde.
Osservarne la copertina e notare, poi, che il nome dell’autore è il proprio, porta a una sensazione di piacevole incredulità; quasi non sembra possibile. Si sa che si è prodotto qualcosa, ci si aspetta di vederlo impaginato e scritto, ma il nome dell’autore è qualcosa a cui non si è preparati, credetemi.
Quando si rilegge il tutto, non senza una qualche emozione, viene da chiedersi: ma davvero ho scritto queste cose, ho fatto tutto questo? Avrei potuto fare meglio e di più? Piacerà mai a qualcuno?
Poi ci si rilassa e ci si ritiene soddisfatti. Che importa se non piacerà agli altri; piace a me e questo mi basta. É una mia creatura, quel libro sono io.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Se rispondessi il correttore di bozze, non sarebbe molto distante dalla realtà. Al momento, infatti, è mia figlia la prima e sola che lo sta leggendo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non ho esperienza in questo, per cui mi è impossibile esprimere un giudizio; qualcosa, però, mi va di dirlo lo stesso.
Ho sempre ritenuto il doppiaggio dei film americani da parte dei nostri doppiatori, un vero capolavoro italiano; le voci originali al loro confronto impallidiscono.
Da Emilio Cigoli a Luca Ward, i nostri attori-doppiatori si sono dimostrati di una bravura eccezionale, capace al contempo di valorizzare il film stesso.
Pertanto se, sulla base di questa premessa, l’audiolibro è letto con la stessa enfasi, lo stesso colore di voce, la stessa passionalità, con la stessa bravura dei nostri doppiatori, allora ben vengano anche gli audiolibri.
Se al contrario, dovessi ascoltare una voce fredda e meccanica, da brividi, come qualche volta mi è capitato di ascoltare, per una traduzione, dall'audio del traduttore di Google, allora Dio ce ne scampi!

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