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17 Giu
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Intervista all'autore - Vincenza Bosso -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittrice?
Sono una signora di 71 anni e vivo a Roma ormai da 48.
Le mie origini sono campane, sono nata in provincia di Caserta mentre la mia adolescenza l’ho trascorsa a Napoli, città nativa del mio papà. Sono una scrittrice “per caso” e non per volere, non ho mai avuto la presunzione di scrivere un libro ma la mia disabilità mi ha portata ad avere più tempo a disposizione del necessario facendomi scoprire la narrativa.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ogni momento è buono per scrivere, può essere di giorno come di notte, nel caso in cui il sonno tarda ad arrivare. E allora capita che ti metti a pensare e fantasticare, ed ecco che ti viene l’ispirazione giusta da cogliere a volo e sono subito pronta ad annotare ciò che la fantasia mi suggerisce.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Il mio autore preferito è Elena Ferrante. Ho imparato a conoscerla attraverso la fiction “L’amica geniale” tratta da un suo racconto, che a me è piaciuta molto. La considero una vera icona della letteratura, molto apprezzata anche all’estero, e ammetto dal momento che sia una mia compaesana ha influito in maniera positiva il mio giudizio nei suoi confronti.
 
Perché è nata la sua opera?
È nata per farmi compagnia. Trascorrere intere giornate sul divano senza avere la forza fisica di fare ciò che si vorrebbe è abbastanza noioso, ma per fortuna la mente può operare anche restando fermi, e così ho iniziato a lavorare con lei, finché è uscito fuori questo inaspettato libro.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Non ha influito molto, anzi nulla. Come ho già detto, sono diventata scrittrice per circostanze inaspettate, indipendenti dal contesto in cui vivo.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere per me è un modo per scappare dalla realtà, per sfuggire dai problemi e dalle preoccupazioni di tutti i giorni. Tuffarmi in un mondo irreale da me raccontato mi fa star bene.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Di me c’è tanto, non avrei potuto scrivere un romanzo senza immedesimarmi nel ruolo. Ma c’è anche tanta fantasia.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sono stata invogliata da un’amica e da uno dei miei cognati. Ogni volta che leggevo loro un piccolo tratto di racconto, rimanevano piacevolmente sorpresi e mi incitavano ad andare avanti, infondendomi sempre più sicurezza in ciò che facevo.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ad un’amica, la stessa che mi ha incoraggiato più di altri ad andare avanti. E poi a mia nuora, che leggendolo si è commossa, pur sapendo che era tutta fantasia. Quando ho visto quella lacrima scendere sul suo viso, sono rimasta colpita… forse davvero avevo trasmesso un’emozione.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Senza dubbio l’ebook è il futuro. Ma il libro cartaceo ha sempre il suo fascino. A me piace sfogliare le pagine, accarezzare la carta, sentire l’odore dei fogli stampati… sono tante le emozioni che provo nell’avere un libro tra le mani.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L’audiolibro è l’esempio tangibile della tecnologia utilizzata per aiutare le persone con disabilità nella vita di tutti i giorni, ed io nella mia condizione non posso fare altro che apprezzare e sostenere questo strumento. Con il mio libro ho sperimentato una cosa simile: ogni paragrafo che scrivevo, lo registravo e mandavo l’audio a mia sorella per avere il suo parere (lei è un po’ pigra a leggere!) e a le piaceva molto questo metodo di comunicazione, perché era come se qualcuno leggesse per lei, tanto che ascoltava volentieri queste registrazioni ogni volta che voleva rilassarsi.

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