Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Sestri Levante perché mio padre Giuseppe, Capitano della Marina Mercantile aveva a Genova la base operativa. Quando non avevo ancora compiuto i due anni tornammo al paese d’origine, Capoterra, il luogo in cui sono cresciuto e tuttora vivo.
Nel 1987 mi è stato asportato l’orecchio medio sinistro, e sostituito con una protesi in teflon, che comunque non ha dato i risultati sperati. Certo, riacquistai parte dell’udito, ma solo momentaneamente, perché anche il destro iniziava a “perdere colpi”. In quegli anni fondai con alcuni amici un gruppo rock chiamato "The Bridge"; per due anni ci siamo divertiti, poi sempre a causa dell'udito (che non c'era) ho dovuto abbandonare. Da allora ho fatto mille mestieri senza mai fermarmi, sono stato a Parigi, Caen, Gibilterra, Barcellona, Corfù, Tangeri e altri luoghi, mentre il mio udito peggiorava e il mio isolamento aumentava. Ho lavorato per quattro anni in un laboratorio scenografico, ad allestire scenografie per teatro, danza, stand fieristici, studi televisivi… inutile dire che tutte queste esperienze mi hanno plasmato, fatto crescere, e fanno parte della mia vita, dei miei ricordi.
Il nuovo secolo ha portato grandi cambiamenti: mi sono sposato ed ho avuto due figli Giuseppe e Francesco. A causa della sordità (vedi impossibilità di comunicazione verbale), ho iniziato a scrivere romanzi (per dire la mia, immagino) e nel 2010 ho pubblicato il primo: Andalas. Mi sono separato; ho ritrovato un’amica, che oggi condivide la sua vita con la mia. Nel 2022 esce il mio secondo romanzo Destini. Ed eccoci a oggi!
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Indubbiamente la sera e la notte, per la tranquillità.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Ce ne sono diversi, ma i più letti sono sicuramente: Stephen King e Wilbur Smith (purtroppo deceduto l’anno scorso), e poi come non citare il nostro Valerio Massimo Manfredi, o il fantastico Marco Buticchi… e poi Michael Crichton, Ken Follett.
Perché è nata la sua opera?
Per irrefrenabile desiderio di raccontare il mio paese con una storia di fantasia ma legata a fatti realmente accaduti.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Tantissimo, il primo invito alla lettura me lo fece mio padre, e il primo libro che abbia mai letto era suo: “Martin Eden” di Jack London, e da allora ho acquisito il “virus” della lettura. Già da allora se non leggevo qualche pagina ogni giorno non era un giorno finito.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è evasione, ma anche un modo per affermare i tuoi principi e le tue conoscenze della realtà.
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tanto, ma nessun personaggio mi rappresenta totalmente ognuno ha qualche peculiarità che mi appartiene. Quando Nico parla di se stesso, dei suoi fallimenti nel rapporto col padre, parlo di me. Così Jack quando parla del tumore che l’ha colpito e del conseguente rapporto con la vita, parlo di me, per aver avuto la stessa esperienza, gli stessi dubbi, le stesse paure. I miei principi sono gli stessi dei personaggi, e ciò che sono stato è parte di tutti loro.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
I miei genitori e i ricordi di una vita.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ai miei familiari
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Devo dire, purtroppo, si. Perché è il futuro e le nuove generazioni si muovono più facilmente nell’etere. Io invece che sono più “rustico”, preferisco sentire le pagine che scorrono sotto le dita, sentirne l’odore, non so, forse sono troppo romantico, ma preferisco di gran lunga il libro stampato.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È ottimo per chi può sentire…