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06 Dic
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Intervista all'autore - Ckicki Kannibal -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è dare vita a un'ipotetica situazione. Rifletto e penso: "Se fosse successo a me, come mi sarei comportata? Cosa avrei fatto?". La mia fervida immaginazione mi spinge a creare contesti surreali in ambientazioni verosimili. Mi immedesimo molto nei miei racconti - ne ho scritti altri - e questo mi fa provare empatia verso i personaggi, mi ci affeziono. Sento come se scrivere, anche solo una bozza, mi faccia evadere momentaneamente dalla routine.

 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
È una domanda complicata. Diversi aspetti della mia vita sono presenti nella storia. Come già citato, voglio bene ai miei personaggi e ognuno ha il proprio carattere. Spesso mi chiedo: "Cosa farebbe quella protagonista nella mia situazione?". Nel caso di Gwen, ho dovuto fare delle modifiche affinché più persone riuscissero a immedesimarsi in lei, non mi rappresenta appieno. L'ambientazione invece l'ho sempre amata, sin da bambina il mio obiettivo era di andare a vivere a Berlino e, in un certo senso, ce l'ho fatta, con la fantasia. Il contesto è già un altro discorso.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest'opera per me ha significato mettermi alla prova. È la prima volta che mi impegno in un progetto letterario così grande, dal momento che questo sarà il primo libro di una Trilogia. Sono alle prese con la seconda parte al momento e per me è una vera sfida. Voglio assolutamente far appassionare il lettore con un qualcosa di innovativo, frainteso e romanzato.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo è stata abbastanza immediata, non ho avuto problemi a riguardo. Come cita la dedica nella pagina prima del frontespizio, è un riferimento al film Disney-Pixar Frozen, dove l'entità da liberare non è un potere innato, ma uno stato di coscienza illusorio.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Scelgo Fulvio Rendhell, perché avremmo tanto di cui parlare.
 
Ebook o cartaceo?
Cartaceo.
Il piacere di entrare in una libreria (o l'acquisto online), essere sommersa dai colori dei volumi. Prendere in mano un libro e sfogliarlo, sentire l'odore delle pagine, il rumore che fanno quando si voltano, la consistenza della cellulosa, la delicatezza della carta al tatto. Magico.
E, ovviamente, la presenza scenica di una libreria ben assortita.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Mi è sempre piaciuto scrivere, più che parlare. Sin da piccola ero solita inventarmi storielle per far passare il tempo e nei temi di scuola ero quella che usufruiva di più pagine di fogli protocollo. È uno dei miei tanti modi di esprimermi e, se questa strada avesse potuto portarmi profitto e realizzazione personale, allora sicuramente sarebbe stata da intraprendere.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Si è trattato tutto di un sogno. Lo stesso sogno ricorrente durato per più di un anno. Mi vedevo protagonista di diverse scene, anche cruente, riportate all'interno del libro. Avevo bisogno di trascrivere i dettagli, appena sveglia, per evitare di dimenticare qualche particolare. E così si è creata una vera e propria storia. L'ispirazione per il resto è venuta da sé, riportando le mie "celebrity crushes" come personaggi principali.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Sono grata per quanto raggiunto finora. Ringrazio la redazione per essersi presa cura del mio romanzo e di averlo lanciato sul mercato. Non potrei essere più soddisfatta, vedere una mia opera in commercio è un gran risultato.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona ad aver letto la prima bozza del libro, progettata nel 2014 e strutturata la metà di adesso, è stata la mia professoressa di italiano. Lei aveva già intuito il mio potenziale, che ancora non mi ero resa conto di possedere, perché mi vergognavo. Dopo un anno di richieste le avevo acconsentito la lettura. Mi spronò a continuare e a renderlo pubblico, così dopo un periodo di riflessione, nel 2016 decisi di scrivere l'opera daccapo. Solo nel 2018/2019 la revisionai e così la spedii alla Casa Editrice.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sono molto retrò, come prediligo il cartaceo così penalizzo l'audiolibro. Capisco che la tecnologia sia in continuo sviluppo ed è giusto così, ma quando si legge un libro ci si crea un film nella mente e, personalmente, non riesco a visualizzare i personaggi interagire con la stessa voce narrante. Ognuno di loro ne possiede una, con toni e timbri differenti che io cerco di trasmettere, vanno a mancare quando ci si concentra solo sulla fotografia mentale.
È possibile sia questo il motivo per cui da piccola preferivo leggermi da sola le storie della buonanotte, con la mia vocina interiore.

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