1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
La mia famiglia è originaria delle Puglie, Cerignola (FG), nei primi anni ‘60 ci trasferimmo a Venaria Reale ove fummo ospitati dai miei nonni materni in una casa a pochi centinaia di metri da un castello che all'epoca era un rudere, attualmente dopo una serie di restauri la Reggia è divenuta una meta di turismo internazionale.
Il parentado di mia madre erano per la maggior parte commercianti, sia nel paese d'origine che a Venaria, mio padre all'interno della famiglia larga era quello che possedeva una maggior istruzione, suo padre era un ingegnere meccanico, un suo zio, Nicola, fu un docente di letteratura romanza in varie università e giocò un ruolo nella lingua italiana, mentre un suo cugino qui a Torino fu un giornalista di punta nel quotidiano "la Stampa."
Per quanto mi ricordo iniziai a scrivere nell'ultimo anno dei tre trascorsi in collegio a Fubine Monferrato (AL), in un castello che in una sua stanzetta ospitava una incredibile biblioteca, tornato in famiglia, nelle medie presi l'abitudine di scrivere più ampiamente, solitamente per le festività natalizie mi accingevo a scrivere una narrazione.
purtroppo la maggior parte di esse andarono perdute, in quanto in una situazione di non lavoro ebbi uno sfratto per morosità incolpevole.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Amo scrivere sul pomeriggio, a volte alla sera inoltrata, sono i momenti della giornata che più amo.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
È una bella domanda che mi manda in difficoltà, non ho avuto modo di inoltrarmi nella letteratura contemporanea, con una rocambolesca inversione della domanda, amo i scrittori del passato molti dei quali non sono italiani, parlo di Franz Kafka, George Orwell, Ernst Junger, Joseph Roth, Giulio Verne e Pasolini, tra questi nel suo impareggiabile "Hotel Savoy" in me primeggia Joseph Roth.
4. Perché è nata la sua opera?
Mi sono sempre interessato di antropologia urbana, anche se ancora non conoscevo il termine, ho lavorato da giovane nei mercati rionali di Venaria e di Torino, prima dando una mano ai miei genitori poi per conto mio sia nei mercati popolari che in quelli frequentati da gente benestante, balzandomi agli occhi i diversi atteggiamenti, ciò mi aiutò ad acquisire nozioni di psicologia spicciola, alcune situazioni le avevo già notate girando per la città, sui volti di molte persone nottavo una certa stanchezza che in alcuni giungeva la tristezza e l'insoddisfazione, certo a volte ciò fa parte dell'essere umano ma non deve divenire una veste da portare.
Così ha iniziato a maturare in me il desiderio di scrivere narrazioni che aiutino con l'esposizione di una saggistica a essere più consapevoli, innestando nozioni di antropologia e saggistica spirituale, in senso largo, in racconti che possono sembrare fantastici con episodi biografici.
Ciò a portato a scrivere "Nuovi incontri tra vestigia da non dimenticare" e in seguito, spero al più presto sfornare il già pronto "2057 viaggio a Puducherry", della stessa saga.
Inoltre in questi giorni sto aggiornando uno dei miei primi racconti "Girando per Torino a piedi e in bicicletta", ove affronto tematiche similari.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ha influito notevolmente il contesto famigliare, mio nonno materno, invalido di guerra causa uno scontro a fuoco con i tedeschi ed internato nei campi, spesso mi diceva "da grande devi aiutare la povera gente", in ciò era spalleggiato da mia nonna, maestra di cucito, il nostro paese d'origine era stato all'avanguardia nelle lotte sindacali dei contadini ed aveva dato alla luce Giuseppe di Vittorio.
Sono cresciuto in un caseggiato di case popolari dove insieme a tranquilli nuclei famigliari vi erano altri che non si erano del tutto integrati nel nuovo tessuto sociale, vi era gente che usciva ed entrava nei carceri, traffici di droga e purtroppo due casi delittuosi, tant'è che non era infrequente che i carabinieri un giorno si e uno no facessero visita nel caseggiato.
Senz'altro ciò che a influito a una maggior consapevolezza sono stati i mesi trascorsi nei dormitori di Torino, come accennato, causa morosità non colpevole, finché non ebbi un alloggio di edilizia popolare ove abito attualmente, queste tematiche ed esperienze sono spesso fonte di episodi nelle mie narrazioni.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Mi piace raccontare il quotidiano, a volte arricchendo in una atmosfera che a tratti può sembrare fiabesco, penso che ciò non sia una evasione dalla realtà ma un modo per rivedere e riverdeggiare episodi della vita portando, a mio avviso, a una maggior autocoscienza.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
I miei racconti, come accennato, hanno una base biografica sia pur traslati in altri luoghi geografici e in altri tempi, in alcuni racconti a volte vi è un gioco psicologico e l'io narrante si manifesta non solo in un unico protagonista.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Penso a mio padre, da cui ho acquisito il prestarmi nel volontariato e la passione per la letteratura, mia madre per il senso dell'ospitalità e i miei avi materni per quanto riguarda le problematiche sociali.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Che io sappia la narrazione lo presentata per primo a mio padre, ciò non toglie che qualche episodio di contrabbando, tra amici e famigliari, diciamo sia sfuggito.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Amo il cartaceo e il profumo che emana, il poter sottolineare oppure scrivere sotto pagina, tenerlo in mano e sfogliare.
Ebook? penso ai giovani dove sta prendendo sempre più piede, mi auguro che il cartaceo anche se ridimensionato possa continuare a tenere nella sua bellezza.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che in certe situazioni e il modo saltuario possa essere piacevole ascoltare una narrazione, inoltre può avvicinare maggiormente alla letteratura persone non avvezze a leggere.
Ciò non toglie che la sensazione di volteggiare tra le pagine emana tutte altre sensazioni.