1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi chiamo Claudia, ma mi faccio chiamare Sophie Stablein. È uno pseudonimo che uso per dividere il mondo interiore dal mondo esteriore. Vengo da Bari, capoluogo pugliese e ho deciso di diventare scrittrice, più che in maniera conscia, quasi come necessità; avevo bisogno di trovare un mezzo per capirmi e farmi capire e la scrittura per me è stato questo.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Solitamente il momento che dedico alla scrittura è alle 3 di mattina.
Il mio cervello ha questa simpatica abitudine di non mi lasciarmi dormire a meno, che io non butti giù rime, parole, pensieri.
Ci sono però rare occasioni in cui qualcosa mi ispira e allora scrivo anche sull'autobus, in treno, mentre guardo un tramonto o mentre osservo un volto. Non c'è davvero un'ora, un momento della giornata, la scrittura chiede che gli si dedichi la vita.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Umberto Eco.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata dal bisogno estremamente umano di esprimersi, di sputare su carta le emozioni per metabolizzarle. Nella fase successiva, ho capito perché volessi scrivere questo libro e perché non bastasse tenerlo per me.
So che là fuori c'è un uomo o donna, smarrito e sprovveduto, che ha bisogno di sapere di non essere solo. Il mio libro è per loro.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Dire che non abbia influito sarebbe o falso o ingenuo; ogni cosa con cui interagiamo e, a volte, anche quelle con cui non interagiamo e di cui ne percepiamo l'assenza, influisce su di noi.
Io vivo in un paesino di provincia nel Sud Italia, in me vivono e vivranno sempre quei colori, quei suoni e quei paesaggi, così come la morsa della sua tradizione e lo sbarramento delle vedute di chi lo abita.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe le cose. Leopardi voleva fuggire dalla realtà nell'immaginazione, eppure lo faceva parlando di natura, un elemento molto reale direi.
Si può fuggire dalla realtà continuando a parlarne, perché raccontandola diventano palesi le cose che vorremmo cambiare.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Completamente. Ci sono io quando ero adolescente, quando mi sono iscritta a Lettere. Ci sono i miei viaggi in treno, le serate con gli amici, le innumerevoli notti insonni. Ci sono io nella mia tristezza e nella mia volontà di guardare la bellezza del mondo in ogni sua piccola sfaccettatura. Semplicemente ci sono.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
In questo momento Booksprint e il team tutto mi stanno dando un grande supporto. So di non essere una persona facile, come qualsiasi artista e spesso irreperibile, eppure loro c'erano e c'era la loro disponibilità e la loro grinta e incommensurabile gentilezza e le loro numerose telefonate, che mi sono state uno sprone per portare a termine il tutto.
A loro volevo dire un sincero Grazie, perché dietro un libro c'è un lavoro di tante tante persone.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Alla mia docente di italiano delle scuole superiori. È stata la prima a supportarmi ler davvero in questo cammino.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Si, ma non credo sia il punto di arrivo. Sono contenta che la tecnologia possa permettere di evitare il consumo eccessivo di carta, tuttavia la sensazione nel leggere un libro cartaceo sia tutt'altra cosa.
Sono certa che il futuro ci reservi ancora tante sorprese.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia una formula davvero inclusiva, non solo per chi non ha la possibilità fisica di leggere, ma anche per chi ha poco tempo o spazio da dedicare alla lettura, per chi magari fatica a concentrarsi o ha bisogno di riposare gli occhi e semplicemente lasciarsi cullare dall'immaginazione.
Se potessi registrerei io stessa un audiolibro.