1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato nella città di Pescara e ho vissuto la mia infanzia in un piccolo borgo dell’entroterra abruzzese dove, all'età di 14 anni, ho deciso di partire e trasferirmi nelle Marche, per trascorrere gli anni del liceo nella provincia di Macerata.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Di sicuro tante potrebbero essere le opere da consigliare ad un adolescente, ma di certo metterei al rimo posto i romanzi di Harry Potter: iniziando dalla lettura del primo libro all'età di 11 anni e proseguendo l'intera saga, leggendo un libro all'anno e approfondendone i diversi aspetti. Con questo percorso si arriverebbe alla soglia della maggiore età con la consapevolezza di aver vissuto un vero e proprio percorso di crescita, accompagnati da una delle opere letterarie più significative dell'età contemporanea.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Non è una domanda facile cui rispondere, poiché c'è sicuramente una fetta di autori letterari affettivamente legata all'esperienza sensoriale del libro cartaceo. Come dare loro torto? Chiunque abbia il talento della scrittura e la fortuna di vedere riconosciute le proprie opere dall'Editoria, necessariamente sente più preponderante la realizzazione fisica del proprio libro. Ma mi permetto di spezzare una lancia a favore dell'eBook, poiché la modernità ci ha catapultato in una società che corre ad una certa velocità e molte delle persone che desiderano leggere trovano in questa soluzione virtuale una modalità più vicina all'organizzazione del proprio tempo. Mi piace pensare che uno degli scopi della scrittura e del realizzare un libro è anche quello della comunicazione agli altri di un messaggio; dunque, ben vengano più strumenti che possano portare a più persone questa nostra esperienza.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Non ho mai abbracciato nella mia esistenza la filosofia del colpo di fulmine; l'ho sempre avvertita come qualcosa di passeggera, immatura e soprattutto "di pancia". Ritengo piuttosto che la scrittura sia un vero e proprio talento, una abilità innata nel comunicare agli altri il nostro mondo interno. Nello stesso momento, però, in cui decidiamo di portare questo talento oltre il nostro privato, ci incontriamo/scontriamo con gli innumerevoli compromessi ad esso legato. Ed è qui che forse subentra l'elemento della ponderatezza, di sicuro fondamentale per riuscire a districarsi tra gli ostacoli e i pericoli legati al dover esporre il frutto della propria creatività al mondo esterno.
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Ho iniziato a scrivere “Milo Ley e la storia di un ometto coraggioso” spinto dal desiderio di raccontare fatti realmente accaduti, raccolti nei lunghi anni delle mie esperienze. Un'idea che martellava nella testa da tanto tempo, alla quale non riuscivo mai a dare una forma e, soprattutto, uno spazio.
Poi, l’insorgenza dell’emergenza sanitaria da Coronavirus e l'esperienza del limite e dell'isolamento sociale mi hanno fatto ulteriormente riflettere sull’opportunità di concedere maggiore spazio e importanza alla stesura del mio racconto, fino a portarlo a compimento.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
In realtà sono due i messaggi che vorrei arrivassero al lettore:
il primo è che ogni essere umano vive in un modo particolare l'esperienza del limite e del dolore, ma occorre investire in energie e strategie per far sì che che la loro portata non ostacoli pericolosamente la nostra crescita ma, al contrario, la rafforzi.
Il secondo messaggio è che i sogni sono una cosa davvero importante nella vita di ciascuno e che, che prima di approdare ad un atteggiamento di remissione e di rinuncia, bisogna mettere in campo tutti i tentativi possibili ed immaginabili per ottenere ciò che si desidera e non accontentarsi semplicemente di quello che già si ha.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Ho iniziato a scrivere come un fiume in piena all'età di 6 anni, poiché avevo il desiderio di comunicare, di far conoscere agli altri ogni idea e ogni particolare che attraversava la mia mente; fortunatamente, fui sostenuto dalla mia insegnante di scuola elementare, la quale riconobbe in questa espressione un talento e mi incoraggiò a dare il massimo, rimanendo al mio fianco.
Poi, la mia voglia di scrivere è incappata in un brusco arresto coinciso con il mio ingresso nella Scuola Media: un periodo sicuramente buio e difficile in cui il confronto con una didattica più ampia e spersonalizzata e un ambiente sfavorevole ha inibito mia creatività.
Diciamo che solo in età adulta ho pian piano riscoperto la bellezza della lettura e della scrittura, apprezzandone aspetti più maturi e slegati dall'emotività di una età più fragile.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
In realtà nel periodo di Natale del 2019 decisi di mettere nero su bianco il racconto dell'esperienza di un grave lutto che, alla fine degli anni '80, colpì delle persone a me care. Poi, misi letteralmente nel cassetto questo racconto di poche pagine, non volendo dargli in quel momento una finalità: diciamo che lo avevo considerato come un momento di catarsi, nel quale trovai la forza ed il coraggio di ripercorrere un episodio doloroso per me molto importante.
Fu solo un paio di mesi dopo che durante una cena ascoltai una coppia di persone mature parlare del loro figlio che organizzava eventi per promuovere scrittori emergenti e le loro opere ancora sconosciute. Di lì ne scaturì una piacevole chiacchierata, una condivisione di esperienze e punti di vista sincera e illuminante. Da quel momento riconsiderai la mia visione del mondo dell'Editoria, nel quale ero convinto non vi fosse spazio se non per grandi nomi e mi convinsi a riprendere in mano il mio racconto per dargli una forma ed un nome.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Molte volte, a dire il vero, ho pensato che portare a termine il libro sarebbe stato difficile se non addirittura impossibile. Certamente, non per motivi legati alla scrittura, ma per ostacoli che riscontravo nell'organizzazione del mio tempo libero. Scrivere non è da considerarsi un semplice hobby ed è davvero complicato impostare la propria creatività se si decide di dargli solo un ritaglio di tempo. Scrivere implica concentrazione e disciplina, ricerca di silenzi e momenti di solitudine e, purtroppo, nel mondo contemporaneo non tutti hanno la fortuna di potervisi dedicare a tempo pieno.
10. Il suo autore del passato preferito?
Il mio autore del passato è senza alcun dubbio il poeta Omero. Chi di noi non ha letto la sua famosa "Odissea" e seguito con trepidazione il leggendario Ulisse nelle imprese che lo ricondussero nella sua amata Itaca?
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Che dire? In questi anni sono state condotte ricerche scientifiche a riguardo e sembra che le informazioni semantiche vengono elaborate in modo simile alla lettura. Ma vi sono pareri discordanti: una parte dei fruitori del cartaceo è convinta invece che la lettura sia culturalmente superiore all’ascolto. Opinioni fondate oppure no? Stando ad alcuni esperti, nonostante non si possa parlare di “superiorità culturale”, equiparare lettura e ascolto non è corretto.
Personalmente sono convinto che un buon audiolibro, fatto da professionisti di livello e supervisionato nella realizzazione dall'autore (che ne indirizza l'elaborazione secondo la sua interpretazione dell'opera), può rivelarsi uno strumento davvero utile per molte persone con alcuni deficit, le quali, grazie all'ascolto di una lettura espressiva, riescono a cogliere la bellezza e l'emozione che diversamente non potrebbero avere.