1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
È difficile descrivere le sensazioni che provo quando scrivo: nella mia testa si affollano idee, dialoghi, avvenimenti che fanno parte della vita quotidiana, ma che io desidero rendere speciali; grazie alla fantasia posso rendere tutto possibile, non ci sono barriere, sono libera di realizzare qualsiasi cosa. Sono una persona con i piedi ben piantati per terra, consapevole delle difficoltà più o meno grandi che ognuno di noi deve affrontare quotidianamente, ma questo non mi impedisce di sognare: lo scrivere mi dà la possibilità di evadere dalla realtà, di poter avere sempre il lieto fine, nonostante tutto. Quando poi chiudo il libro o il file a cui sto lavorando, torno alla realtà con tutto ciò che comporta.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
I due protagonisti svolgono lavori diversi dai miei, ma sicuramente mi riconosco nella passione e nell’impegno con cui entrambi svolgono le rispettive professioni. L’ambiente ospedaliero che viene inizialmente descritto, comunque, mi è effettivamente familiare: l’anno scorso ho subito un intervento e ho trascorso alcuni giorni in ospedale. Posso affermare che la mia esperienza è stata molto simile a quella descritta nel libro; ho trovato infermiere e dottori estremamente disponibili e professionali, che hanno dimostrato passione e dedizione in quello che facevano, rendendo il mio “soggiorno” meno pesante.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Libertà, felicità, orgoglio. Credo queste tre parole possano riassumere quello che ha significato per me scrivere quest’opera: la fantasia rende liberi, niente è insuperabile, e riuscire a mettere per iscritto le cose che mi passavano per la testa mi ha dato grande soddisfazione, sono orgogliosa di me stessa. Affermo questo con il massimo dell’umiltà, perché sono niente rispetto agli scrittori affermati del presente e del passato, ma non di meno è ciò che sento. In alcuni passi del libro, particolarmente intensi, ho sentito le stesse emozioni dei protagonisti, è stato incredibile: quando ho finito di scrivere ho provato una sensazione di benessere, ero felice per quello che avevo realizzato, non credendo neanche di poterlo fare.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo è stata molto semplice, perché l’idea è arrivata già alle prime pagine della stesura: è stata proprio la parola “riscatto” il filo conduttore delle esperienze dei protagonisti, quella che mi ha ispirato e che mi è sembrata più rappresentativa.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Sceglierei il libro “Il fiore e la fiamma” di Kathleen E. Woodiwiss. È un romanzo per me bellissimo dove la passione e l’amore la fanno da padrone, ma in cui vengono esaltati anche i valori quali l’amicizia, l’affetto ed il sostegno della famiglia, la dedizione per il proprio lavoro, il rispetto per il proprio nome e la propria terra.
Lottare contro le ingiustizie, dare la possibilità alle persone di lavorare con dignità e nel rispetto dell’individuo.
Consiglio vivamente di leggerlo, è appassionante fino all’ultima pagina.
6. Ebook o cartaceo?
Anche se personalmente trovo l’ebook molto comodo per un discorso di spazio (ne entrano tantissimi in un libro pocket) e che utilizzo grandemente, penso che il libro cartaceo sia la vera essenza della lettura: sfogliare le pagine, sentire l’odore della stampa dà la sensazione di una cosa viva.
L’ebook resta, a mio avviso, una cosa più statica; tuttavia, qualsiasi sia il mezzo, l’importante è leggere.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà io mi considero un’aspirante scrittrice.
Mi è sempre piaciuto scrivere: ricordo che ai tempi delle scuole superiori mi divertivo a narrare storie d’amore, che erano piccolissimi racconti, e che con il passare degli anni, le esperienze di vita ed il supporto della lettura, sono diventate opere più consistenti, fino ad arrivare a questo libro, il primo degno di essere chiamato tale, scritto con la voglia di raccontare qualcosa di ordinario, ma speciale allo tempo stesso.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea di questo libro nasce da un sogno: circa due anni fa ho sognato di un ragazzo che aveva subito un incidente stradale e veniva soccorso da una ragazza sbandata, la quale rimase subito colpita dai suoi occhi. Lo accompagnò in ospedale con l’ambulanza e poi più niente. Mi sono svegliata con questa immagine nella testa, ed ho pensato che non poteva finire così: a distanza di un anno e mezzo, ho voluto concretizzare quel sogno, ma volevo fare in modo che ci fosse un finale diverso. In circa due mesi è stata realizzata quest’opera, poi ho apportato delle correzioni grazie ai preziosi consigli di Nadia che mi hanno dato la possibilità di rendere il libro più interessante; per lo meno, spero di esserci riuscita!
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È una sensazione bellissima: nella testa hai delle idee, e pian piano scrivi le parole che ci passano in mezzo. Quando hai un dialogo intero da mettere per iscritto, vorresti veramente che le dita volassero sulla tastiera per riuscire ad imprimerlo sulla carta, ma il cervello è molto più veloce, così bisogna andare per gradi e sperare che quello che avevi pensato sei riuscito a descriverlo.
C’è stato un passaggio di questo libro in cui ho avuto la tachicardia: provavo le emozioni dei protagonisti, l’incredulità, la gioia, la passione, ed è stato un momento molto intenso che penso mi rimarrà impresso per sempre.
Quando ho iniziato, non avrei mai creduto che potesse uscire fuori un testo così lungo, né di poter condividere ciò che la mia fantasia aveva elaborato con altre persone (esclusi mamma e marito), ma alla fine è quello che è successo, e se ci penso, ancora non me ne capacito.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia madre: è la fan più accanita a cui ho fatto leggere anche le mie storie brevi scritte in passato, ed ogni volta mi dice: "Ma come fai a scrivere queste cose".
Saperla orgogliosa di me mi rende felice.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia un’ottima soluzione per alcune tipologie di persone, tipo i non vedenti o chi ha problemi ad utilizzare le mani, è anche un modo per conoscere ascoltando una voce. Non è propriamente lettura quella che si fa con l’audiolibro, però sicuramente è utile, è un modo diverso di percepire, ma credo altrettanto efficace; soprattutto comodo se non hai la possibilità di fermarti a leggere e hai le mani occupate.