1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere è stato a lungo il metodo più naturale per comunicare, soprattutto le mie emozioni e tutto quello che mi risultava difficile da dire a voce in quanto, da ragazzino, ero molto timido e trovavo imbarazzante esprimere qualsiasi emozione, in particolare con il sesso opposto.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Moltissimo. A partire dagli episodi vissuti dal protagonista, passando per lo stile di vita, fino ad arrivare alle sue paure più profonde, tutto è preso dal mio primo quarto di secolo su questa Terra: si può tranquillamente affermare che Michele sia il mio alter-ego, la reincarnazione su pagina di un mio io che ora non c'è più.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
È stato un viaggio dentro di me, una catarsi, una scoperta ed un'accettazione della mia ombra, dei miei lati più oscuri.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo è arrivato naturalmente, è stato ciò da cui è cominciato tutto... non so perché, ma sapevo già da quando ho iniziato a scrivere che Psychodramma si sarebbe dovuto chiamare così, d'altronde la storia è un enorme psicodramma psicotico.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Bè un libro solo su di un'isola deserta mi sembra una tortura...
Invece se potessi portarmi uno scrittore porterei Stephen King, perché amo come scrive e perché è molto prolifico e sicuramente non mi annoierei con lui.
6. Ebook o cartaceo?
I romanzi in cartaceo, perché è come tenere la storia tra le mani, toccarla, annusarla ed entrarci pienamente in contatto, mentre i libri "tecnici" o di studio sicuramente in ebook in quanto più veloci da consultare.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà non l'ho mai deciso. È da quando sono piccolo che scrivere è una cosa naturale per me… è un talento innato ed anzi, probabilmente dandolo per scontato non l'ho mai coltivato più di tanto.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Questo libro nasce ascoltando la canzone di Kaos intitolata "Prison Break", quella citata all'inizio, che dice "le mie prigioni sono un incubo mentale".
Da lì la mia immaginazione ha costruito questa prigione mentale in cui ci ho messo ciò che è stata per me ed ho cercato di riflettere sulle paure più grandi di ognuno di noi, perché alla fine ciò che ci tiene veramente imprigionati è la paura.
Un aneddoto particolare non ce l'ho, ma ricordo che per riuscire a finirlo ho dovuto andare via da Milano, staccare dalla mia prigione mentale ed andarmene in montagna dove, ogni giorno, andavo in giro per i boschi con i miei cani e quando tornavo a casa accendevo il PC e scrivevo almeno un'ora, un'ora e mezza di fila.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Bè è sicuramente una bella sensazione. Qualsiasi creativo ama creare e più la creazione diventa realtà più c'è soddisfazione.
A dirla tutta, mentre lo scrivevo, immaginavo anche un adattamento cinematografico, anche perché nella mia testa scorreva come un film e, chissà, magari vedrò anche questo.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Non dico il suo nome per rispetto della sua privacy, ma era una ragazza che stava per strada con i cani e chiedeva l'elemosina... Quando scoprii che amava leggere le regalai qualche libro e le chiesi anche di dare un'occhiata al mio manoscritto per sapere ciò che ne pensava. Il suo giudizio positivo è stato importante per far sì che anch'io credessi in ciò che avevo fatto.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sinceramente non mi fa impazzire, anche se può essere molto comodo in situazioni tipo quando sei in macchina o vuoi allenarti con qualcosa di diverso nelle orecchie, ma sarà che leggo molto velocemente, così avere una storia al rallentatore nelle orecchie non mi piace troppo.