1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Colleferro (RM), ma vivo ad Alatri (FR) dal 1991. Scrivere è sempre stata una mia passione, fin da piccolo: ricordo che quando la maestra di italiano ci dava da scrivere un tema o un racconto, io ero sempre felicissimo e scrivevo pagine su pagine, con grande disappunto della maestra stessa, che poi era costretta a leggerle!
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Considerando che il mio lavoro di insegnante mi tiene occupato durante la mattina, di solito mi dedico alla scrittura nei pomeriggi in cui ho un po' di tempo libero, anche perché il pomeriggio è il momento della giornata che preferisco.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Stephen King, senza ombra di dubbio.
4. Perché è nata la sua opera?
Durante gli anni di Università mi trovai a dover dare un esame di Storia contemporanea molto particolare: si trattava di un modulo basato su quelle che sono le principali problematiche che affliggono il nostro mondo, dalla povertà all'eccessivo sfruttamento nel lavoro, dalla fame all'inquinamento atmosferico. Alcuni argomenti di quell'esame mi piacquero così tanto che decisi di utilizzarli per scrivere un romanzo per ragazzi, in cui avrei affrontato quelle stesse problematiche in chiave più "infantile", magari viste dal punto di vista di un bambino: ecco com'è nato "La donna che raccontava storie".
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Devo dire la verità: ben poco. L'unica cosa che mi sento di affermare è che mia madre, docente di Lettere ormai in pensione, ha contribuito a far nascere in me l'amore per le materie umanistiche, cosa che mi ha spinto fin da piccolo a voler seguire le sue orme.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Di solito, scrivo per evadere dalla realtà: altre mie storie sono fantasy o horror, quindi mi trasportano in un universo totalmente diverso da quello reale. Con "La donna che raccontava storie", però, ho voluto cimentarmi con un genere totalmente diverso, cercando di raccontare una realtà a noi molto vicina, ma che in tanti credono lontana, ponendosi con indifferenza verso di essa.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
La storia è ambientata in un paesino in provincia di Roma in cui mio nonno materno possedeva una vigna, dove, durante la primavera e l'estate, trascorrevamo lunghe e spensierate domeniche. È dunque un luogo a me molto caro, dal grande valore affettivo. Il piccolo protagonista, poi, vive un'avventura che sarebbe piaciuto vivere anche a me, durante la mia infanzia.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno in particolare.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Se non ricordo male, la prima è stata mia madre. Lei non ama il genere fantasy o horror, quindi le mie prime storie non l'avevano particolarmente entusiasmata. "La donna che raccontava storie", invece, ha riscosso più successo!
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Spero proprio di no! Non c'è paragone tra un libro elettronico e un libro vero, cioè un libro che puoi sfogliare con le dita, che ha quella copertina a cui tanto ti affezioni e anche quell'odore particolare che solo un lettore può riconoscere!
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Può essere utile per certi versi, ad esempio può aiutare chi ha problemi di lettura o chi, disgraziatamente, non possiede la vista, ma resto sempre della mia idea: il classico libro cartaceo è insostituibile!