1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Posso affermare che sono un totale caos, sarà forse per questo che solitamente aspetto la sera per scrivere, sarà che la tranquillità mi aiuta maggiormente ad ascoltarmi dentro. La scrittura è sempre stata un'ancora di salvezza: mi ci sono sempre aggrappata nei momenti più difficili e lei mi ha incessantemente salvata. Scrivere, per me, è completezza. A volte mi sazia, altre mi svuota completamente.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto direi, ma preferirei rispondere alla domanda: quante vite sono presenti in questo libro? Direi troppe. E vorrei che questo libro desse la forza necessaria a tutte quelle persone che scappano da una vita e dir loro che è arrivato il momento di fermarsi e non avere più paura. Non si può avere paura di raccontarsi, di dire chi siamo o siamo stati.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo libro è stato per me terapia e rinascita. Direi una vera e propria rivincita.
La cosa che più è importante per me è esser riuscita a mandare un chiaro messaggio ai lettori, ho espresso in poche pagine un disagio di una vita intera, motivo per quale tante vite si spengono e vorrei non accadesse più. Vorrei ci fossero più urla e meno pianti trattenuti e quest’opera per me è stata proprio così un urlo di liberazione.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Non ho avuto dubbi o esitazioni sul titolo.
Quando ho iniziato a scrivere le prime pagine di quest’opera non sapevo sarebbe diventato un libro, ma non appena ho sentito l’esigenza di non smettere e farlo diventare qualcosa di più di un semplice sfogo messo su carta, non ho avuto dubbi. Ho capito fin da subito quale titolo dare, ancor prima di decidere il finale.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Non ho uno scrittore preferito, mi piace leggere tutto quello che ha un’anima, una storia da raccontare. Dovessi però mettere in valigia un libro, ad oggi, metterei “L’uomo che non voleva amare” di Federico Moccia.
6. Ebook o cartaceo?
Rimango assolutamente fedele al cartaceo. È sicuramente una grande innovazione l’ebook, un modo più pratico e veloce per leggere un libro, ma io sono più tradizionalista e mi piace ancora sfogliare con mano le pagine di un libro.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà non c’è stato un vero e proprio momento in cui ho deciso. Ho sempre scritto, fin da quando ne ho memoria. Più che scelta direi che è stata una vera e propria esigenza, avevo ed ho troppe cose da dire, troppi pensieri che invece di fluttuarmi per la testa era giusto mettere su carta.
Quando hai un totale caos dentro, penso sia doveroso ristabilire un minimo di ordine, anche per fare chiarezza e scrivere mi ha sempre aiutata a far questo. Chiarirmi.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Un giorno un’amica mi consigliò di prendere le distanze dalle cose che potevano ferirmi, così quel pomeriggio presi carta e penna e cominciai a scrivere di me, come mi vedevo, quali fossero i miei pensieri o paure, cosa mi piaceva fare nella vita, quali erano le mie emozioni… Così presi distanze da me, ed invece di scrivere “io sono” cominciai con “lei è”. Alla fine di quel pomeriggio rilessi quella bozza e mi fece stare bene leggere che ci potevano essere altre infinite persone potenzialmente simili a me e, che non ero la sola a sorridere o piangere per qualcosa e così piano piano è nato lui: Io sono quel sogno, ed ho lasciato che emergessi solo lì, nel titolo.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Vedere realizzato questo libro è un’emozione indescrivibile. Non si spiega!
Ci ho creduto davvero tanto e per questo sapevo di potercela fare, ma allo stesso tempo non nego di esser stata anche tanto spaventata.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona che ha letto il mio libro è stato il mio compagno, ricordo ancora che all’ultima parola, lo guardai ed aveva un filo di lucido negli occhi. Non mi disse niente, mi abbracciò soltanto e quell’abbraccio ebbe il valore di mille ed altre infinite parole. Poi lasciai che lo leggesse la mia migliore amica, che mi ha aiutata anche nella modifica di alcune parti, ma soprattutto mi ha sopportata per nove lunghissimi anni nella realizzazione di questo libro. Ci ha creduto insieme a me, e passo dopo passo mi ha spinta a fidarmi di questa opportunità e non la ringrazierò mai abbastanza per questo. Così il mio ragazzo che ha cercato in tutti i modi di sostenermi e farmi capire che a volte la paura va lasciata da parte.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ho sempre pensato a quanto sarebbe stato bello ascoltare il proprio libro, lasciare che qualcuno lo leggesse a me. Sono a favore di questa nuova innovazione, e lo sono a maggior ragione per tutte quelle persone che non hanno la possibilità di poterlo fare con gli occhi, così possono continuare a farlo ascoltando.