1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Non credo ci sia stato un momento specifico nel quale ho deciso di scrivere. È successo e, in un certo senso, per quanto possa sembrare una frase fatta e banale, le parole hanno trovato me: avevo 11 anni ed ero seduta sul terrazzo di casa davanti al tramonto. Ho provato una grande malinconia e ho sentito il bisogno di tirarla fuori, esorcizzarla in qualche modo e renderla gestibile. La poesie ha sempre avuto un effetto catartico e per questo scrivo: non per essere scrittrice, ma per riuscire a tirare fuori le cose, oggettivarle, capirle meglio, non lasciarmi sopraffare dalle emozioni.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento preciso in realtà, di solito capita di notte, ma può capitare in qualunque momento. Una mattina di aprile ero in macchina vicino al Colosseo e dei glicini che calavano su alcuni capitelli di colonne romane hanno catturato la mia attenzione. Mi sono dovuta accostare per annotare il pensiero che mi era balenato in testa prima che sfuggisse.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Credo che, per quanto riguarda la poesia, sia Alda Merini, per la sua autenticità, per il fatto che nelle sue poesie si mette a nudo e, senza nessuna riserva, mostra il tragico, il patetico dell'umano e il sublime, e il loro stridente connubio, e Nazim Hikmet, per la sua immediatezza, perché riesce a trattare di sentimenti profondi con semplicità.
Per la prosa mi piacciono molto Elena Ferrante, per lo spessore psicologico che riesce a conferire ai personaggi, e Isabella Allende.
4. Perché è nata la sua opera?
E' nata per una scommessa: una mia amica, Caterina, ha letto le mie poesie e mi ha convinto a mettermi in gioco, a uscire dal mio guscio di insicurezze e mi ha sfidato a proporre le poesie ad alcune case editrici di Roma. Senza di lei e senza il suo continuo supporto e aiuto, non sarebbe accaduto niente di tutto questo.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Credo sia stato e sia determinante: credo che l'università, la scuola, la città, il quartiere, la famiglia, le esperienze, le gioie, i dolori, facciano di noi chi siamo e cosa scriviamo, soprattutto nel caso della poesia; sono, senza dubbio, la linfa vitale che rende ciascuno di noi unico e irripetibile e plausibile autore di qualcosa di prezioso.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un modo per comprendere la realtà e anche guardarsi dentro, prendere ciò che c'è di oscuro e terrificante ed esorcizzarlo, trasformarlo in qualche cosa che sia anche esteticamente bello.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Una volta una persona ha definito il quadernino in cui scrivo come un terzo rene, o un altro polmone, e credo avesse ragione. Possono sembrare solo parole, ma c'è una vita vissuta dentro, un terreno sacro perfino per me, che raramente riesco a rileggere quello che scrivo. E' come quando un amico ti confida qualcosa di personale e importante e ti senti investito di chissà quale responsabilità, perché in effetti lo sei e quell'amico è un tesoro prezioso e il confidarsi con te è permetterti di entrare in un luogo sacro.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sicuramente Caterina, senza di lei non ci sarebbe nessuna "opera", ma solo ripensamenti a non finire. Poi mia sorella Miriam, che ha sempre letto quello che scrivevo e dato il suo sincero parere.
Poi nonna, senza alcun dubbio, per la sua forza e la sua allegria mai superficiale.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Mi dispiace sembrare ripetitiva, ma è sempre Caterina che ha letto per prima quello che ho scritto e che ha creduto tanto, e sicuramente più di me, che fosse qualcosa di bello, che valesse la pena farlo uscire dal mio cassetto.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Non so rispondere a questa domanda. Io poi sono ancora legata ai libri cartacei: mi piace sedermi su una panchina, vicino alla scuola dove ora lavoro, aprire il libro, leggere e sentire l'odore delle pagine. Secondo me il libro è un'esperienza, va vissuta, va toccata con mano la carta, va riposto nella libreria e ogni tanto ripreso e sfogliato. Non ho nulla contro chi la pensa altrimenti, ma io mi trovo più a mio agio con i libri cartacei.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non mi sono fatta un'idea precisa al riguardo, ma dato che sono una persona che si distrae subito e segue con difficoltà gli altri parlare preferisco leggere.